Alceo
Biografia
[modifica]Alceo nacque a Mitilene, nell'isola di Lesbo, intorno al 630 a.C. Di famiglia aristocratica, partecipò alle lotte politiche che dilaniarono la sua città per la conquista del potere. Per queste ragioni pare fosse stato esiliato per due volte. Le notizie biografiche su Alceo sono comunque molto scarse, anche se alcuni frammenti dei papiri di Ossirinco hanno aggiunto qualche elemento ulteriore. Gran parte della sua produzione poetica è andata perduta o ci è giunta mutila. La poesia di Alceo si incentra grosso modo su tre grandi temi: l'esaltazione del vino, apportatore di oblio; l'invettiva a volte feroce contro gli avversari politici e, infine, la vena agreste e naturalistica.
Alcune sue liriche furono tradotte in italiano a partire dalla metà del ‘600. F. Federici, autore di "Degli scrittori greci". Padova, 1828, informa che due liriche di Alceo furono parafrasate da Francesco Antonio Cappone nel 1670 e pubblicate a Venezia; altre poesie furono tradotte da anonimi e pubblicate a Torino nel 1817. Traduzioni moderne si devono a noti studiosi, quali Manara Valgimigli, Gennaro Perrotta e Salvatore Quasimodo.
Opere
[modifica]Si propone in questa sede un frammento purtroppo molto lacunoso, ma al tempo stesso giustamente famoso di Alceo, nel quale risalta la profondità di pensiero del poeta: pur giovane, lo tormenta il senso dell'estrema fragilità dell'esistere. Alceo, vero interprete del pensiero greco sull'oltretomba, priva di luce, luogo da cui nessuno è mai tornato, neppure Sisifo, annega nel vino dell'oblio, insieme con Melanippo, l'angoscia esistenziale. Si dà il frammento secondo l'edizione critica curata da C. Gallavotti, "Saffo e Alceo", "Testimonianze e frammenti". I-II, Napoli, 1957. La numerazione del frammento è quella adottata dallo stesso editore (38).
Si fa notare che il frammento, mutilo, fu oggetto di varie traduzioni, tutte però quasi paludate, preoccupate più di rendere il tono solenne della lirica che il suo moto interno, che è quello, in fondo, di un soldato rude, abituato alle battaglie, e probabilmente a un linguaggio crudo, diretto, "da caserma", oserei dire. La traduzione seguente, che a molti, forse giustamente, potrebbe sembrare molto eslege, rende invece abbastanza bene quel "moto interno" cui accennavo poc'anzi.
- «πῶ[ί]νε […] Μελάνιππ' ἄμ' ἔμοι. τι [γάρ]
- ότ'άμε[ιΨε διννάεντ' Ἀχέροντα, μέγ[ˉ - ˇ]
- ζάβαι[ς, ἀ]ελίω κόθαρον φάος [ήλθέ τις
- ὄψεσθ'; ἀλλ' ἄγι μὴ μεγάλων ἐπ[ιβάλλεο.
- καὶ γὰρ Σίσυφος Αἰολίδαις βασίλευς […]
- ἄνδρων πλεῖστα νοησάμενος
- ἀλλὰ καὶ πολύιδρις ἔων ὐπὰ κᾶρι
- διννάεντ' Ἀχέροντ' ἐπέραισε˙ μ[έγας
- [α]ὐτῷ μόχθον ἔχην Κρονίδαις βα[ρυν
- μελαίνας χθόνος. ἀλλ' ἄγι μὴ τὰ [κάτω φρόνη,
- [ἔσ]τ' ἀβάσομεν, αἴ ποτα κἄλλοτα […]»
Traduzione
[modifica]Vieni qui, Melanippo, vecchio compare di bagordi, e affoga con me i dispiaceri nel vino. Non fare lo stronzo! Te lo devo dire io, brutto minchione? Conosci qualche fottuto individuo che, dopo aver passato l'Acheronte, sia poi tornato indietro a rivedere il sole? Ti ricordi di Sisifo, quel figlio… di Eolo? Era così furbo da farci sembrare tutti un'accozzaglia di mezzi ebeti. Eppure, anche quella vecchia volpe è stata messa nel sacco dalla morte, più astuta di noi tutti messi insieme. E così anche a Sisifo, il furbocoglione, toccò di passare il nero Acheronte; e per di più quel vecchio cornuto di Giove, incazzato come una iena per la presa per il culo, lo fece anche lavorare come un negro. Ma adesso, basta con ‘ste lagne! Dai, Melanippo, trangugiamo vino fino a scoppiare. Viva la gioventù!
Note
[modifica]Si fa notare per inciso che Sisifo, nel mondo antico, passava davvero per un furbo di tre cotte. Infatti, secondo la leggenda, egli ottenne da Persefone di tornare vivo sulla terra per punire la perfida moglie che non gli aveva dato sepoltura. Poi Giove scoprì che era stato lo stesso Sisifo, prima di morire, a ordinare alla moglie di non dargli sepoltura, per poi avere la scusa di tornare sulla terra e riprendere a vivere. Giove lo punì per l'inganno, obbligandolo a spingere per l'eternità un pesante masso.
Per l'edizione critica cfr. C. Gallavotti, "Saffo e Alceo", "Testimonianze e frammenti". I-II, Napoli, 1957. Per le traduzioni antiche, cfr. il cit. F. Federici, "Degli Scrittori greci", Padova, 1828. Per le traduzioni moderne e altre notizie biografiche, V. la sezione antologica in Albini-Bornmann, "Letteratura greca", Firenze, Le Monnier, 1975, vol. I, pp. 168–174. Alle pp. 173–174 gli autori, per il frammento in questione, hanno scelto la traduzione di Gennaro Perrotta, che, per la gioia di tutti i benpensanti, suona poeticamente così:
- «Bevi, bevi ed ubbriacati [sic],
- Melanippo con me. Credi tu forse
- quando avrai varcato Acheronte, il gran fiume vorticoso,
- credi tu che vedrai
- la luce pura splendere del sole
- un'altra volta? Amico,
- non vagheggiare cose grandi mai.
- Sisifo, il figlio d'Eolo,
- il re che tra i mortali era il più saggio,
- credette pure, un giorno,
- che sfuggito sarebbe egli alla morte.
- Ma, pur saggio come era,
- due volte, per volere della sorte,
- il fiume vorticoso,
- l'Acheronte, varcò; dolori immensi
- il re figlio di Crono
- laggiù gli diede da soffrire, sotto
- la nera terra. Ma i pensieri tristi
- scacciamo, finché giovani siamo.»
Testi
[modifica]- ὔει μὲν ὀ Ζεῦς
- ἀσυννέτημμι
- ὠς λόγος κάκων
- χαῖρε, Κυλλάνας ὀ μέδεις
- ἀγνοις βιότοις
- ράα τόδε Λέσβιοι
- Ζεῦ πάτερ
- μαρμαίρει δὲ μέγας δόμος χάλκωι
- οὐ χρῆ κάκοισι
- τέγγε πλεύμονας οἴνωι