Messa tridentina

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Messa tridentina
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Storia della liturgia
Altare maggiore per Messa officiata secondo il Messale del 1962, Dublino, University Church

La Messa tridentina è stata dal 1570 fino al 1969 la forma ordinaria con cui la Celebrazione Eucaristica veniva effettuata nel rito romano. A partire da allora, la forma "ordinaria" o "normale"[1] è quella data alla messa da papa Paolo VI. Nel 2007 papa Benedetto XVI, con il motu proprio "Summorum Pontificum", ha dichiarato che la Messa tridentina, nella forma datale nel Messale Romano del 1962, può essere celebrata legittamente come forma straordinaria dell'unico rito romano. Ha dichiarato che le due stesure del Messale Romano non rappresentano "due Riti" distinti e che si tratta, piuttosto, di un uso duplice dell'unico e medesimo Rito.[2] Inoltre, superando gli indulti concessi in precedenza, ha dato norme concrete per favorire e regolare la celebrazione della Messa tridentina.

Storia[modifica]

Dal 1570 al 1969[modifica]

Il termine tridentina significa "relativa al Concilio di Trento", perché il Messale Romano fu promulgato nel 1570 da papa Pio V dopo quel Concilio. In effetti, il termine tridentino è usato per riferirsi genericamente ai Messali promulgati dal 1570 al 1962. L'editio typica di papa Pio V è stata superata dopo 34 anni, nel 1604, da quella di papa Clemente VIII, che a sua volta è stata superata dopo altri 30 anni, nel 1634, da quella di papa Urbano VIII. Il testo delle bolle di promulgazione di queste tre edizioni viene riprodotto in tutte le edizioni successive fino a quella del 1962, e la menzione del Concilio di Trento nella bolla Quo primum del 13 luglio 1570 di papa Pio V giustifica l'uso dell'aggettivo "tridentino" per tutti i Messali di questa serie.

Il 4 dicembre 1964, il Concilio Vaticano II ha decretato, nel capitolo II della Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium:[3]

L'ordinamento rituale della messa sia riveduto in modo che apparisca più chiaramente la natura specifica delle singole parti e la loro mutua connessione, e sia resa più facile la partecipazione pia e attiva dei fedeli. Per questo i riti, conservata fedelmente la loro sostanza, siano semplificati; si sopprimano quegli elementi che, col passare dei secoli, furono duplicati o aggiunti senza grande utilità; alcuni elementi invece, che col tempo andarono perduti, siano ristabiliti, secondo la tradizione dei Padri, nella misura che sembrerà opportuna o necessaria. Affinché la mensa della parola di Dio sia preparata ai fedeli con maggiore abbondanza, vengano aperti più largamente i tesori della Bibbia in modo che, in un determinato numero di anni, si legga al popolo la maggior parte della sacra Scrittura. ... Nelle messe celebrate con partecipazione di popolo si possa concedere una congrua parte alla lingua nazionale, specialmente nelle letture e nella « orazione comune » e, secondo le condizioni dei vari luoghi, anche nelle parti spettanti al popolo, a norma dell'art. 36 di questa costituzione. Si abbia cura però che i fedeli sappiano recitare e cantare insieme, anche in lingua latina, le parti dell'ordinario della messa che spettano ad essi... la comunione sotto le due specie si può concedere sia ai chierici e religiosi sia ai laici, in casi da determinarsi dalla sede apostolica e secondo il giudizio del vescovo. ...

Tuttavia, altre indicazioni della "Sacrosanctum Concilium" sembrano, a giudizio di alcuni, almeno parzialmente disattese dal 'Novus Ordo':

L'uso della lingua latina, salvo diritti particolari,[4] sia conservato nei riti latini. Dato però che, sia nella messa che nell'amministrazione dei sacramenti, sia in altre parti della liturgia, non di rado l'uso della lingua nazionale può riuscire di grande utilità per il popolo, si conceda alla lingua nazionale una parte più ampia, specialmente nelle letture e nelle ammonizioni, in alcune preghiere e canti, secondo le norme fissate per i singoli casi nei capitoli seguenti. In base a queste norme, spetta alla competente autorità ecclesiastica territoriale, di cui all'art. 22- 2 (consultati anche, se è il caso, i vescovi delle regioni limitrofe della stessa lingua) decidere circa l'ammissione e l'estensione della lingua nazionale. Tali decisioni devono essere approvate ossia confermate dalla Sede apostolica.[5]

L'anno liturgico sia riveduto in modo che, conservati o restaurati gli usi e gli ordinamenti tradizionali dei tempi sacri secondo le condizioni di oggi, venga mantenuto il loro carattere originale per alimentare debitamente la pietà dei fedeli nella celebrazione dei misteri della redenzione cristiana, ma soprattutto nella celebrazione del mistero pasquale... L'animo dei fedeli sia indirizzato prima di tutto verso le feste del Signore, nelle quali durante il corso dell'anno si celebrano i misteri della salvezza. Perciò il proprio del tempo abbia il suo giusto posto sopra le feste dei santi, in modo che sia convenientemente celebrato l'intero ciclo dei misteri della salvezza.[6]

Con la Costituzione Apostolica Missale Romanum del 3 aprile 1969,[7] papa Paolo VI ha promulgato una nuova editio typica del Messale Romano, che si riferiva non più al Concilio Tridentino ma al Concilio Vaticano II.

Dal 1970 al 2007[modifica]

Era concesso agli anziani sacerdoti, quali Padre Pio da Pietrelcina e san Josemaría Escrivá de Balaguer, fondatore dell'Opus Dei, di continuare a usare la forma precedente del rito romano, sebbene papa Paolo VI avesse indicato chiaramente l'intenzione che, in generale, il Messale rivisto sostituisse quello precedente.

Fin dal pontificato di Paolo VI, ha preso piede un orientamento tradizionalista, di cui la figura più famosa e controversa è stato l'arcivescovo francese Marcel Lefebvre, fondatore della "Fraternità Sacerdotale San Pio X".

Per rispondere ai fedeli di orientamento tradizionalista, la Congregazione per il Culto Divino, con lettera circolare Quattuor abhinc annos del 3 ottobre 1984,[8] ha autorizzato i Vescovi a permettere la celebrazione della messa secondo il messale del 1962 per i gruppi che lo chiedessero a condizione, fra l'altro, che i fedeli non fossero fra quelli che contestavano la legittimità e l'esattezza dottrinale del messale promulgato da papa Paolo VI.

Nel motu proprio Ecclesia Dei del 2 luglio 1988,[9] con il quale il papa Giovanni Paolo II ha dichiarato monsignor Lefebvre scomunicato per l'atto scismatico di conferire l'ordinazione episcopale a quattro membri della sua Fraternità Sacerdotale, il Pontefice ha anche fatto appello per "un'ampia e generosa applicazione" delle direttive del documento Quattuor abhinc annos.

Anche dopo tale appello, alcuni si lagnavano delle difficoltà incontrate nell'ottenere dai Vescovi l'autorizzazione di cui in questo documento. In altri casi però, lo stesso Vescovo diocesano ha celebrato la messa almeno una volta per tali gruppi nella forma tridentina. È nota la celebrazione del cardinale Darío Castrillón Hoyos nella basilica di Santa Maria Maggiore a Roma il 24 maggio 2003.

Il 25 dicembre 2001 papa Giovanni Paolo II riaccolse nella piena comunione il vescovo monsignor Licínio Rangel (consacrato nel 1991 da tre dei Vescovi lefebvriani scomunicati nel 1988), insieme agli altri membri della Fraternità Sacerdotale di San Giovanni Maria Vianney, fino a quel momento stretti alleati della Fraternità di San Pio X. Un mese dopo creò per loro, con territorio corrispondente esattamente a quello della diocesi di Campos in Brasile, l'Amministrazione apostolica personale San Giovanni Maria Vianney, con diritto di usare esclusivamente il messale del 1962.

L'8 settembre 2006, il cardinale Darío Castrillón Hoyos, come presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, emanò un decreto con il quale si erigeva l'Istituto del Buon Pastore, Società di vita apostolica con sede a Bordeaux e in quanto di diritto pontificio, dipendente direttamente dalla Santa Sede. Come "rito proprio in tutti i suoi atti liturgici", l'Istituto ha il messale del 1962. I primi membri appartenevano alla Fraternità San Pio X, in seno alla quale avevano sostenuto che era ora di riconciliarsi con la Santa Sede. Ognuno dichiarò personalmente di rispettare l'autentico magistero della Sede romana, con fedeltà integrale al magistero infallibile della Chiesa (Statuti II §2). Da un punto di vista dottrinale, si sono poi impegnati, in conformità con il discorso del papa Benedetto XVI alla Curia Romana il 22 dicembre 2005, in una "critica seria e costruttiva" del Concilio Vaticano II, "per permettere alla Sede Apostolica di darne un'interpretazione autentica".[10]

Benedetto XVI e il motu proprio "Summorum Pontificum"[modifica]

Il 7 luglio 2007 papa Benedetto XVI ha promulgato la lettera apostolica in forma di motu proprio Summorum Pontificum circa l'utilizzo della liturgia tridentina come forma straordinaria del rito romano.

Con questo documento egli ha dichiarato che il Messale Romano di papa Giovanni XXIII, pubblicato nel 1962, "non fu mai giuridicamente abrogato e, di conseguenza, in linea di principio, restò sempre permesso"[11] Per l'uso di questo Messale nella prassi, il Papa ha emanato alcune norme.[12] Il Messale del 1962, che fino al 1970 era la forma ordinaria della messa del rito romano è riconosciuto come legittima forma straordinaria dell'unico rito romano. Non sono state riconosciute come forme lecite quelle precedenti l'anno 1962, come il Messale Romano di papa Benedetto XV del 1920, nel quale manca dal Canone romano della Messa la menzione di San Giuseppe e che aggiunge nella liturgia del Venerdì Santo l'aggettivo "perfidis" riferito ai Giudei. Tutti i sacerdoti di rito latino hanno il diritto di scegliere il Messale di Giovanni XXIII per la celebrazione senza popolo della Messa (art. 2 del Motu Proprio). Possono anche usare l'edizione 1962 del Breviario Romano (art. 9 §3). Si raccomanda al parroco o al rettore di una chiesa di permettere le celebrazioni pubbliche dell'Eucaristia secondo il Messale del 1962 a favore di gruppi stabili di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica (art. 5 §1) e anche in circostanze particolari come matrimoni, esequie o celebrazioni occasionali, ad esempio pellegrinaggi (art. 5 §3). Non è obbligato a celebrare egli stesso nella forma anteriore, ma può dare il necessario permesso a un sacerdote idoneo e non giuridicamente impedito (per esempio perché sospeso a divinis) che sia disposto a usare tale forma (art. 5 §4). Può anche, se lo consiglia il bene delle anime, concedere la licenza di usare il rituale più antico nell'amministrazione dei sacramenti del Battesimo, del Matrimonio, della Penitenza e dell'Unzione degli infermi (art. 9 §1).

Liturgia della Messa Tridentina[modifica]

La lingua[modifica]

In quasi tutti i Paesi[13] la Messa tridentina è celebrata interamente in latino, ad eccezione di alcune parole e frasi in greco antico[14] ed ebraico. Essa prevede lunghi periodi di silenzio, per consentire ai fedeli di poter adeguatamente meditare circa la grandezza del mistero eucaristico al quale sono chiamati ad assistere. L'omelia, nel Messale tridentino prevista (con il nome di "sermone") solo nella messa solenne,[15] mentre nella messa bassa si prevede la recita del "Credo" immediatamente dopo la lettura del Vangelo in lingua latina,[16] è pronunziata nella lingua del popolo. La lingua locale può essere impiegata anche per le preghiere la cui recitazione alla conclusione della Messa è stata prescritta dal papa Leone XIII e resa successivamente facoltativa. I fedeli possono seguire la liturgia leggendo un messalino o un foglietto bilingue, che riportano, a fianco del testo latino, la traduzione nella lingua nazionale.

Riguardo al testo latino della Messa si nota che vengono impiegate due diverse versioni della Bibbia, la Vulgata e l'Itala. Infatti l'Itala si ritrova nelle parti cantate dal coro (introito, graduale, offertorio e communio) delle Messe più antiche, che sono precedenti all'adozione della Vulgata.

Il motu proprio "Summorum Pontificum" prevede che le letture possano essere recitate nella lingua locale, invece del latino. Si usa già, oltre alla recita in latino al momento previsto nel Messale, leggerne una traduzione prima del sermone del sacerdote.

Orientamento del sacerdote[modifica]

Il sacrificio eucaristico viene sempre celebrato dal sacerdote rivolto "ad Deum", qualunque sia il suo orientamento fisico. L'orientamento dell'altare può anche essere o "versus apsidem" o "versus populum". Questa seconda scelta è il caso degli altari papali in San Pietro e in San Giovanni in Laterano. Era infatti l'orientamento che si dava a tutte le chiese di Roma, quando con la pace di Costantino la loro costruzione si è resa possibile,[17] e si incontra ancora in parecchie delle chiese più antiche della città.[18] Il Messale tridentino prevedeva anche questo possibile orientamento dell'altare, benché fosse poco diffuso nel periodo 1570-1970.[19]

Se non celebra la messa versus populum, si gira verso il popolo otto volte durante la messa:

  • per salutare il popolo, dicendo "Dominus vobiscum", prima della colletta;[20]
  • per salutare il popolo, dicendo "Dominus vobiscum", prima dell'offertorio;[21]
  • per invitare a pregare, dicendo "Orate, fratres...";[22]
  • due volte prima di distribuire la comunione: una volta mentre recita le due preghiere che seguono il Confiteor, e di nuovo mentre mostra una ostia consacrata e dice "Ecce Agnus Dei...";[23]
  • per salutare il popolo dicendo "Dominus vobiscum" prima della postcomunione;[24]
  • per dire "Ite, missa est";[24]
  • per dare la benedizione finale.[25]

Però, quando si gira verso il popolo, deve farlo con gli occhi abbassati a terra.[26]

Il Vangelo viene letto sul lato sinistro dell'altare («in cornu evangelii»), e l'Epistola sul lato destro («in cornu epistulae»).

Eucaristia[modifica]

La Comunione viene generalmente ricevuta in ginocchio alla balaustra.

Secondo il Catechismo di san Pio X:

«Per fare una buona comunione sono necessarie tre cose: 1° essere in grazia di Dio; 2° sapere e pensare chi si va a ricevere; 3° essere digiuno dalla mezzanotte»

(San Pio X)

Calendario liturgico[modifica]

Per le messe celebrate secondo il Messale di papa Giovanni XXIII si usa un calendario liturgico differente da quello indicato nelle edizioni più recenti del Messale, dato che esso non è stato mai aggiornato dal 1962 e pertanto non registra nessuna delle modifiche successive. In particolare, esiste il tempo di Settuagesima,[27] precedente la Quaresima, che è stato soppresso nella forma più recente del rito romano, e si distinguono, nel tempo quaresimale, il tempo di Quaresima e il tempo di Passione,[28] distinzione non mantenuta nelle edizioni posteriori del Messale Romano. Inoltre, vi sono alcune differenze nelle feste: in alcuni casi le celebrazioni sono spostate di data (come la festa di Cristo Re) o hanno denominazioni differenti (come la celebrazione del 1º gennaio, denominata nel Messale del 1962 «In Octava Nativitatis Domini» - e in edizioni anteriori «In Circumcisione Domini et Octava Nativitatis» - è diventata «Sollemnitas Sanctae Dei Genetricis Mariae»), o sono state combinate (come al 29 settembre è stata assegnata la celebrazione congiunta dei tre Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, e come la festa del Preziosissimo Sangue di Gesù è celebrata nella Solennità del SS. Corpo e Sangue di Cristo) o, come le Quattro tempora, originariamente connesse con le quattro stagioni dell'anno conosciute nell'Europa occidentale, sono affidate alle decisioni delle diverse Conferenze Episcopali.[29]

Colori liturgici[modifica]

I colori liturgici previsti nella Messa tridentina includono il bianco, il rosso, il verde, il violaceo, il nero.

Il violaceo può essere sostituito dal rosaceo nella domenica Gaudete e nella domenica Laetare.

Il nero è riservato alla Messa per i Defunti. Prima della riforma di papa Pio XII era usato anche nella funzione liturgica del Venerdì Santo, nella quale allora solo il sacerdote riceveva la Comunione con un'ostia grande consacrata il giorno precedente e bevendo vino non consacrato nel quale metteva una piccola parte della stessa ostia.

L'oro può sostituire, specialmente nelle Messe solennissime, tutti i colori, tranne il violaceo e il nero.

Paramenti liturgici[modifica]

Piviale conservato nella chiesa di Santa Geltrude di Maarheeze, Olanda
Retro di un piviale cinquecentesco
Stola rossa indossata da Benedetto XVI

La liturgia tridentina prevede un uso di paramenti generalmente più ricco di quello della liturgia post-conciliare, sia perché include alcuni articoli non previsti dal successivo Messale, sia perché si distingue per una maggiore ricercatezza dell'ornato.[30]

I sacerdoti usano generalmente la pianeta (nei vari colori liturgici) e, nelle processioni, il piviale. I suddiaconi usano la tunicella, i diaconi la dalmatica e la stola posta trasversalmente.

I vescovi oltre alle vesti dei sacerdoti possono usare scarpe e guanti, mitria e pastorale.

I chierichetti usano la talare e la cotta oppure il paramento comune a tutti i ministri, che è l'alba con l'amitto.

Diacono e suddiacono[modifica]

Il Messale del 1962 non prevede la concelebrazione, ma affida ad un unico sacerdote la celebrazione eucaristica. Prevede invece, ma solo nella messa solenne, la presenza di un Diacono e di un Suddiacono o, in assenza di questi, di presbiteri che, essendo stati ordinati precedentemente al suddiaconato e al diaconato, fanno nella messa le funzioni indicate per quelli che non fossero ancora ordinati al presbiterato.

Ancora più solenne è l'assistenza pontificale, che prevede la celebrazione della Messa da parte di un sacerdote con la presenza di un Vescovo (evidentemente non celebrante, dato che la concelebrazione non si prevede nella messa tridentina).

Infine, massima solennità ha la Messa pontificale, celebrata da un Vescovo.

Queste ultime due cerimonie non sono regolate solo dal "Missale Romanum", ma anche dal "Caeremoniale Episcoporum".

Parti della Messa differenti dal Messale del 1970[modifica]

L'introito[modifica]

L'introito è una parte variabile della Messa, che può essere cantata in canto gregoriano. Si articola in un versetto preso dal Salmo, preceduto e seguito da un'antifona, che generalmente richiama il tema della Messa. Il versetto dell'introito è ciò che rimane del salmo processionale di ingresso che si usava nell'antichità.

È seguito dalla recita del Salmo 42 con l'antifona (fuori del tempo di Pasqua l'antifona è "Et introibo ad altare Dei"). Generalmente il Salmo viene recitato a parti alterne tra il sacerdote e il ministro.

Il Confiteor[modifica]

Il Confiteor viene recitato prima dal sacerdote cui il ministro (chierichetto) risponde con l'orazione "Misereatur tui" e quindi dal ministro cui il sacerdote risponde con l'orazione "Misereatur vestri". Segue l'assoluzione "Indulgentiam" dai peccati veniali, che permette ai fedeli di partecipare alla Santa Messa liberi anche da quei peccati che non escludono dalla Comunione. Nella "messa dialogata" anche il popolo recita le preghiere indicate per il ministro

Nel Confiteor tradizionale si richiede esplicitamente l'intercessione di alcuni Santi: Maria Vergine, san Michele Arcangelo, san Giovanni Battista, i santi Apostoli Pietro e Paolo.

L'epistola[modifica]

La Messa tridentina prevede come unica lettura (oltre al Vangelo) l'"Epistola", recitata dal sacerdote all'altare e in latino. Il Motu Proprio concede che le letture si possano proclamare nella lingua nazionale, ma non specifica alcuna modalità.

Il graduale e il tratto[modifica]

Il graduale e il tratto sono parti variabili della Messa, che possono essere cantate in canto gregoriano e precedono il Vangelo. Il graduale è sostituito dal tratto nei tempi di penitenza.

La preghiera dei fedeli[modifica]

Non c'è nessuna preghiera dei fedeli nella Messa tridentina, ma il sacerdote dice "Oremus", come se dovesse seguire una preghiera.

Il Canone romano[modifica]

L'unica preghiera eucaristica prevista è il Canone romano, nel quale si fa memoria di due diversi gruppi di Santi. Nel primo si ricordano la Madonna e San Giuseppe, tutti i Dodici Apostoli e altri dodici Santi fra cui i primi Papi successori degli Apostoli e alcuni Martiri; nel secondo si ricordano otto santi fra confessori e martiri e sette sante martiri.

Lo scambio del segno di pace[modifica]

Il segno di pace viene scambiato esclusivamente tra il celebrante, il diacono, il suddiacono e gli altri assistenti presenti nel presbiterio, e solo durante le messe solenni o celebrate da un vescovo (pontificali). I fedeli non si scambiano alcun segno di pace.

Domine, non sum dignus[modifica]

Prima della Comunione, tutti i fedeli in ginocchio recitano per tre volte l'orazione "Domine non sum dignus". Iniziando quest'orazione ogni volta si battono il petto.

L'ultimo Vangelo[modifica]

Dopo la benedizione ha luogo la recita dell'ultimo Vangelo, che nella messa celebrata secondo il Messale di Giovanni XXIII è sempre l'inizio del Vangelo di Giovanni, eccetto nei giorni in cui si omette. Prima del 1962, si usava in alcuni pochi giorni un altro Vangelo.

Preghiere dopo la Santa Messa[modifica]

Papa Leone XIII ordinò di recitare, dopo la celebrazione della santa Messa, tre Ave Maria, la Salve Regina e l'orazione a san Michele Arcangelo. Papa Pio X aggiunse una triplice invocazione al Sacro Cuore di Gesù.

Video della S. Messa tridentina[modifica]

Ci sono diversi video della S. Messa tradizionale celebrati da sacerdoti della Fraternità Sacerdotale San Pio X:

Su YouTube è possibile vedere il video della cerimonia, nella forma tridentina del rito romano, della consacrazione di quattro vescovi, a causa della quale avvenne nel 1988 lo scisma tra la Chiesa cattolica e i dirigenti della Fraternità Sacerdotale San Pio X.

Bibliografia[modifica]

  1. Ambedue gli aggettivi sono adoperati nella lettera con cui papa Benedetto XVI ha accompagnato la pubblicazione del motu proprio "Summorum Pontificum".
  2. Lettera con cui il papa Benedetto XVI ha accompagnato il motu proprio Summorum Pontificum.
  3. Sacrosanctum Concilium
  4. Riferimento alle decisioni della "competente autorità ecclesiastica territoriale", cioè la conferenza episcopale, di cui al n. 22 e passim
  5. Sacrosanctum Concilium, 36
  6. Sacrosanctum Concilium, 107-108
  7. Missale Romanum
  8. Quattuor abhinc annos
  9. Ecclesia Dei
  10. Présentation de l'Institut du Bon Pasteur
  11. Lettera che accompagnava il motu proprio
  12. Versione italiana del motu proprio
  13. Il diritto di impiegare lo slavo ecclesiastico nella Messa di rito romano è prevalso per molti secoli in tutti i Paesi dei Balcani sud-occidentali, ed è stato approvato da lunga pratica e da molti Papi. Questo diritto è stato esteso al Montenegro nel 1886, alla Serbia nel 1914, alla Cecoslovacchia nel 1920, e il concordato del 1935 con la Jugoslavia estendeva il diritto a tutto quel regno. (The Croatian Glagolitic Heritage).
  14. Si usa la pronuncia moderna, per cui la lettera η (per esempio, nella parola ἐλέησον) ha il valore di i, non di e.
  15. Ritus servandus in celebratione Missae, VI, 6
  16. Ritus servandus, VI, 3
  17. The Eschatological Dimension of Church Architecture
  18. Per esempio in Santa Maria in Trastevere, come si vede in questa immagine
  19. "Si Altare sit ad Orientem, versus populum, Celebrans versa facie ad populum, non vertit humeros ad Altare, cum dicturus est Dóminus vobíscum, Oráte, fratres, Ite, Missa est, vel daturus benedictionem; sed, osculato Altari in medio, ibi expansis et junctis manibus, ut supra, salutat populum, et dat benedictionem." (Ritus servandus in celebratione Missae, V, 3).
  20. Ritus servandus in celebratione Missae, V, 1
  21. Ritus servandus in celebratione Missae, VII, 1
  22. Ritus servandus, VII, 7
  23. Ritus servandus, X, 6
  24. 24,0 24,1 Ritus servandus, XI, 1
  25. Ritus servandus, XII, 1
  26. Ritus servandus, V, 1; VII, 7; XII, 1
  27. "Tempus Septuagesimae decurrit a I Vesperis dominicae in Septuagesima usque post Completorium feriae III hebdomadae Quinquagesimae" (Rubricae generales del 1960, 73, p. XVI del Messale Romano del 1962)
  28. "Tempus quadragesimale decurrit a Matutino feriae IV cinerum usque ad Missam Vigiliae paschalis exclusive. Huiusmodi autem temporis spatium comprehendit: a) tempus Quadragesimae... b) tempus Passionis..." (Rubricae generales del 1960, 74).
  29. "Affinché le Rogazioni e le Quattro Tempora possano venire adattate alle diverse situazioni locali e alle necessità dei fedeli, saranno d'ora in poi regolate dalle Conferenze Episcopali, sia quanto al tempo che al modo di celebrarle. L'autorità competente perciò, tenendo presente la situazione locale, stabilirà le norme relative alla durata di tali celebrazioni, che potranno protrarsi per uno o più giorni, e riguardo alla loro eventuale ripetizione durante l'anno" (Norme generali per l'ordinamento dell'anno liturgico e del calendario, 46).
  30. "La bellezza e la nobiltà delle vesti si devono cercare e porre in risalto più nella forma e nella materia usate, che nella ricchezza dell'ornato" (Principi e norme per l'uso del Messale Romano, n. 344 dell'edizione 2002, n. 306 delle edizioni anteriori).

Collegamenti esterni[modifica]