L'Ottocento

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L'Ottocento
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Storia contemporanea
  • Napoleone viene sconfitto definitivamente a Waterloo nel 1815. Al Congresso di Vienna l'assetto dell'Europa viene ridefinito e inizia il processo di consolidazione degli stati nazionali, che sarebbero diventati in breve i protagonisti della politica europea.
  • Karl Marx pubblica il Manifesto del Partito Comunista nel 1848, iniziando idealmente l'era della diffusione di massa delle ideologie politiche: socialismo, anarchismo, primo nazionalismo.
  • Negli Stati Uniti si conclude la guerra di secessione americana, primissimo esempio di guerra moderna e in larga scala (1865). I morti furono 600.000, un numero pari agli effettivi dell'esercito più grande fino allora dispiegato (quello di Napoleone in Russia)
  • Nel 1870 si svolge la guerra franco-prussiana: La Francia viene sonoramente sconfitta dalla Prussia e diviene l'unica grande potenza repubblicana in Europa. La Prussia diventa Impero di Germania e, in seguito al venir meno della protezione francese sul Vaticano, l'Italia annette Roma.
  • Il Congresso di Berlino (1878) dà simbolicamente il via alla spartizione dell'Africa e del colonialismo europeo attivo.
  • Nel 1896 gli Italiani sono sconfitti ad Adua dalle truppe etiopi: è la prima sconfitta di uno stato europeo da parte di un popolo "selvaggio".

Progresso scientifico e tecnico[modifica]

Il progresso scientifico, che si realizzò nei vari campi del sapere durante la prima metà dell'Ottocento, trasformò rapidamente le condizioni di vita ed il volto stesso della civiltà europea.

Infatti nel trentennio 1820-1850 la vita dell'umanità mutò più di quanto non fosse mutata nei tre secoli precedenti.

L'Ottocento prosegue e sviluppa le conquiste scientifiche e tecniche del Settecento. Nel 1769 l'inglese Giacomo Watt aveva brevettato la sua macchina a vapore, l'invenzione più importante del secolo. Questa macchina sfruttava il calore per produrre movimento: cioè trasformava l'energia termica in energia meccanica.

Così il vapore applicato al funzionamento di macchine sostituiva la forza muscolare dell'uomo e degli animali, la forza del vento e dell'acqua.

La macchina a vapore divenne ben presto l'anima dell'industria moderna.

Prima si applicò alle industrie tessili, poi si estese a tutte le altre attività industriali. Al posto delle modeste botteghe artigiane di un tempo sorsero le grandi fabbriche con immensi macchinari, con le loro ciminiere fumanti e centinaia di operai. Era una vera rivoluzione industriale. Le materie prime indispensabili erano il ferro per creare nuove macchine ed il carbone per produrre vapore.

L'Inghilterra aveva nel sottosuolo grande abbondanza sia di ferro che di carbone, non ebbe pertanto difficoltà a conquistare e mantenere per tutto l'Ottocento il predominio industriale. Le fabbriche producevano sempre di più, sempre meglio e a prezzi sempre più bassi. Il benessere generale aumentava e con il benessere cresceva la popolazione, che cominciava a concentrarsi nelle città (urbanesimo).

Intanto nasceva una nuova applicazione del vapore, la ferrovia, che doveva in breve tempo rivoluzionare i trasporti terrestri. La locomotiva a vapore rendeva veloci e poco costosi i trasporti di merci e di persone, allargava i mercati, rompeva secolari barriere tra regioni e regioni, diffondeva la cultura e le informazioni attraverso i libri ed i giornali trasportati rapidamente.

Il perfezionamento della locomotiva si deve al geniale Giorgio Stephenson, che nel 1825 diede un saggio convincente dei servizi che poteva rendere la sua invenzione.

Ma all'inizio l'invenzione trovò degli ostacoli, a molti non piaceva il treno, si amavano ancora le vecchie solide e lente diligenze. Per impedire la diffusione delle ferrovie si montò sui giornali una campagna, che a noi oggi appare piuttosto grottesca.

Sui giornali si andava dicendo che il fumo dei fumaioli avrebbe ucciso tutti gli uccelli, che le scintille avrebbero incendiato le case, che le caldaie sarebbero scoppiate provocando la morte dei passeggeri, che le vacche spaventate dai treni non avrebbero dato più latte. Ma nonostante ciò la diffusione dei treni fu rapida e clamorosa. Nel 1830 esisteva in Europa solo 195 Km di ferrovie: ebbene dieci anni dopo se ne potevano già contare 38000 Km. Il Regno Unito, la Francia, il Belgio rapidamente costruirono una buona rete ferroviaria: in Italia le cose si svolsero con maggiore lentezza. Nel 1839 fu inaugurato il primo tronco ferroviario Napoli-Portici. Esso era più uno svago per il sovrano che uno strumento del progresso.

Al rapido sviluppo delle ferrovie si accompagnò lo sviluppo della navigazione a vapore. Già nel 1807 l'americano Robert Fulton aveva costruito un battello a vapore, il Clermont, che svolse un servizio tra New York ed Albany.

Nel 1819 un altro battello attraversò l'Atlantico: si chiamava Savannah.

Nel 1838 una grande nave, la Great Eastern fece la traversata dell'Atlantico in soli 15 giorni. La Great Eastern fu la più grande nave fino ad allora costruita. E da quel momento si progredì sempre, per ridurre il tempo del viaggio e accrescere comodità e sicurezza.

Collegata con il diffondersi delle ferrovie è l'invenzione del telegrafo elettrico (1844), tra l'altro rese più sicuri i convogli ferroviari.

Si deve ancora ad un inglese, Rowland Hill la preziosa scoperta del francobollo adesivo (1839): prima il servizio postale era costosissimo e potevano permetterselo solo gli abbienti. Rowland Hill propose che l'Amministrazione postale adottasse una tassa unica di un penny per ogni lettera diretta a qualsiasi paese e a qualsiasi distanza entro i confini dello Stato. Prima, invece, le tariffe variavano in rapporto alla distanza, al peso, alle dimensioni, al numero di fogli al plico.

Rowland Hill propose che la tariffa fosse pagata dal mittente con un talloncino adesivo: il francobollo postale.

La novità introdotta accrebbe il numero delle lettere spedite: nel 1839 erano 78 milioni e nell'anno successivo salirono a 170 milioni.

Il primo francobollo del mondo aveva una effigie della Regina Vittoria.

Sviluppo industriale e condizioni sociali[modifica]

Una delle caratteristiche della popolazione europea della prima metà dell'Ottocento è la sua notevole crescita: nel 1800 gli Europei erano 187 milioni, mentre nel 1850 diventavano 266 milioni con un aumento del 43% in cinquanta anni.

Quest'incremento demografico deriva da varie cause: migliori condizioni di vita, migliore igiene, sviluppo della medicina e della lotta contro le malattie infettive, situazione di pace. La società europea cambiò molto. Alla base della piramide della società c'è la grande massa dei contadini, che in genere forma la maggioranza della popolazione, la classe rurale ha un po' migliorato le sue condizioni di vita, ma in certe parti d'Europa (ad esempio la Russia) è ancora sottoposta alla servitù della gleba.

La classe dominante è la borghesia arricchitasi con le industrie e con i commerci. La nobiltà, la cui ricchezza è formata da proprietà terriere, ha perduta buona parte della sua importanza, tuttavia cerca di riservare per sé i posti più importanti nell'esercito e nella diplomazia. Una delle conseguenze più gravi dello sviluppo industriale è il sorgere di una nuova classe popolare, la classe degli operai.

Le loro condizioni di vita erano inizialmente assai tristi e certamente peggiori di quelle in cui vivevano gli artigiani che lavoravano a domicilio.

Questi proletari avevano lunghi e faticosi orari di lavoro nelle fabbriche: si arrivava anche a 80 ore settimanali, cioè 13 ore giornaliere circa. La paga, che ricevevano, era assai bassa e permetteva appena di non morire di fame. Spinte dalla necessità anche le donne entravano nelle fabbriche con salari più bassi ancora di quelli degli uomini, venivano ammessi a lavorare bambini di sette-otto anni e sottoposti a lavori massacranti per un compenso irrisorio.

Le case in cui il proletariato industriale viveva, erano squallide e miserabili.

Gli operai erano lasciati senza istruzione, senza assistenza medica, né avevano assicurazione contro gli infortuni. Lo Stato ignorava ancora che uno dei suoi più importanti compiti è il miglioramento delle condizioni di vita della classe lavoratrice, spina dorsale dell'economia di ogni paese.

La concentrazione di masse operaie nelle città rese più facile la diffusione delle idee democratiche ed accrebbe l'aspirazione ad una maggiore giustizia sociale. La classe operaia si rese a poco a poco che per difendere i suoi interessi e la sua stessa esistenza doveva organizzarsi in compatte associazioni, sfruttando la forza del numero. Tra lavoratori e capitalisti ebbe così inizio la lotta di classe per una migliore e più giusta distribuzione dei profitti del lavoro.

Nel 1833 nacque in Inghilterra la grande organizzazione delle Trade Unions, cioè unioni di mestiere.

La questione sociale divenne uno dei problemi più importanti del secolo: si dedicarono alla sua soluzione molti uomini generosi.

Nacque così il socialismo. Nel 1848 Carlo Marx lanciò da Bruxelles il Manifesto Comunista, che fu la bandiera e la Magna Charta del socialismo nel Mondo.

Marx invitava nel suo Manifesto tutti i proletari del mondo ad unirsi nella lotta contro la classe borghese per abbatterla e creare una società senza classi, senza sfruttati e senza sfruttatori.

Il Colonialismo[modifica]

Con l'indipendenza degli Stati Uniti, delle colonie ispanoamericane e del Brasile, l'America si sottrae definitivamente all'espansione europea.

Ma nel secolo XIX l'Europa vive un momento di enorme potenza economica. I nuovi proprietari industriali, attivi e intraprendenti, trasformano la vita del vecchio continente. Maggior industrializzazione economica significa maggior necessità di materie prime e maggior numero di mercati per i nuovi prodotti. Davanti agli occhi delle nazioni europee si apre tutto un mondo (l'Africa, l'Asia, e l'Oceania) inesauribile produttore di materie prime, consumatore di manufatti, e capace di assorbire l'eccesso di popolazione europea, che in questo secolo aumenta in modo impressionante.

In vista di tutto questo, l'Inghilterra estende il dominio coloniale in Asia (con la conquista totale dell'India, della Birmania e della Malesia) e in Africa (con la colonizzazione della Nigeria, del Ghana, della Somalia Britannica, dell'Uganda, del Kenia, dell'Unione Sudafricana, e il protettorato su Egitto e Sudan).

Dal canale di Suez sventola orgogliosamente la bandiera britannica.

La Francia ha perduto il Canada e la maggior parte dei possedimenti in India, ma recupera un nuovo impero coloniale in Africa, con la conquista dell'Algeria, del Senegal, del Niger, del Dahomey, del Gabon, del Madagascar, del territorio del Ciad; inoltre esercita il protettorato su Tunisi e su parte del Marocco. In Asia, i francesi colonizzano gran parte della penisola d'Indocina, e stabiliscono un protettorato sul regno di Cambogia.

La Russia, ostacolata nell'accesso al mediterraneo dall'Inghilterra e dalla Turchia, intraprende la conquista e la colonizzazione degli immensi territori dell'Asia centrale e della Siberia. Perfino il piccolo Belgio, che ha raggiunto da poco l'indipendenza, riesce a conquistare un territorio immenso in Africa, il Congo, proprietà personale del re Leopoldo. Il Portogallo conserva il vecchio impero coloniale in Africa con la Guinea, l'Angola e il Mozambico, e in Asia con i possedimenti di Goa, Damao e Diu in India, e Macao alle porte della Cina. L'Olanda mantiene solidamente le sue posizioni nelle Antille e nella Guaiana in America, e a Sumatra, Giava e Borneo nel sud-est asiatico.

Dal canto loro, gli Stati Uniti fanno udire la terribile voce dei cannoni nel porto di Tokio, per obbligare l'antico impero giapponese ad aprire i porti al commercio con l'occidente. Alla fine del secolo, col pretesto di liberare Cuba dal dominio spagnolo, gli statunitensi dichiarano guerra alla Spagna. Essa è obbligata, dopo una breve lotta, a concedere l'indipendenza a Cuba e a cedere Portorico e le Filippine agli Stati Uniti.

La Germania e l'Italia conquistano l'unità nazionale quando il mondo è già stato diviso tra le grandi potenze e devono accontentarsi dei resti. Tuttavia, la Germania ottiene estesi territori in Africa: il Togo, il Camerun, l'Africa sud-occidentale e il Tanganica, incuneandosi tra i possedimenti inglesi.

L'Italia riesce a conquistare le colonie dell'Eritrea e della Somalia, ma fallisce nell'intento di conquistare l'Abissinia. Nel 1911, però, riesce a strappare la Libia all'impero turco. La Spagna, perduto l'antico impero americano, arriva tardi alla nuova spartizione coloniale, e deve accontentarsi del protettorato della fascia settentrionale del Marocco. Ottiene anche diritti sul Rio de Oro nel Sahara Occidentale, sul Rio Muni e su alcune piccole isole del golfo di Guinea. Fuori dal gioco delle potenze occidentali restava solo l'immensa e ricca Cina, ma l'Inghilterra e la Francia costrinsero gli imperatori a concedere l'uso dei principali porti cinesi. Un altro immenso mercato si apriva alle potenze industriali.

Napoleone[modifica]

Napoleone Bonaparte nasce nell'isola di Corsica il 15 agosto 1769, e studia presso la scuola militare di Brienne.

Si sposa con Giuseppina Tascher de la Pagerie, vedova Beauharnais, una creola appartenente ad una famiglia di alto rango. Pochi giorni dopo Napoleone marcia verso l'Italia con il titolo di comandante in capo dell'esercito francese in Italia. Approfittando di alcuni errori del nemico, ottiene le prime grandi vittorie: è senza dubbio un ottimo comandante.

Ma Napoleone non è un uomo da attenersi con disciplina agli ordini ricevuti dal Direttorio: vuole condurre la guerra a modo suo. Per ottenere il favore del governo di Parigi, impone pesanti tributi alle città che conquista, raccoglie e spedisce nella capitale francese tutte le opere d'arte che trova al suo passaggio nella penisola italiana; istituisce repubbliche a suo capriccio, e impone loro costituzioni forgiate sulla costituzione francese.

Dopo la vittoriosa campagna italiana, Napoleone si dirige verso Vienna. L'Austria chiede una tregua, e Napoleone impone le sue condizioni di pace, senza tener conto del parere del Direttorio. Ritorna a Parigi carico di gloria e di onori, e ottiene dal Direttorio l'autorizzazione a partire alla conquista dell'Egitto. Pensa così di tagliare agli inglesi la strada per l'India. Conquista Alessandria, ma la sua flotta è distrutta da Nelson. Allora abbandona le truppe, che sono sull'orlo della disfatta, e ritorna in Francia.

La Francia si trova sull'orlo del caos, e Napoleone sa che non vi può essere momento più opportuno per un colpo di stato. Quando mancano due mesi alla fine del secolo, si fa nominare Primo Console, e conquista praticamente tutto il potere. Con il secolo si spengono anche gli ultimi resti della Repubblica nata dalla Rivoluzione. L'ascesa di Bonaparte è folgorante; sembra che nessuno possa frenarla. Alle vittorie militari si aggiungono la riorganizzazione interna del paese e i trattati di pace conformi ai suoi desideri.

Da primo Console passa a Console a vita, e il consolato a vita diventa una nuova monarchia ereditaria. Gli rimane solo da farsi proclamare imperatore, e ciò avviene nel 1804, nella cattedrale di Notre Dame di Parigi.

Inghilterra, Russia e Austria si uniscono contro Bonaparte. E sebbene Nelson ritorni a sconfiggerlo a Trafalgar, egli vince ad Austerlitz. L'anno seguente, le truppe francesi entrano in Berlino. Gran parte dell'Europa è caduta sotto il potere di Napoleone. Egli ha un impero simile a quelli dell'antichità, e una corte che ostenta un lusso e uno splendore degni di qualsiasi monarca del passato. Dei sogni repubblicani non rimane più nulla: il calendario repubblicano è abolito, e nel 1808 la parola repubblica scompare dalle monete. Viene concessa nuovamente l'autorizzazione ad usare titoli nobiliari.

Napoleone risana l'economia francese, sviluppa il commercio, l'industria e l'agricoltura. Provvede alle opere pubbliche, apre canali e strade, protegge l'insegnamento. In campo artistico, è fautore di una pittura accademica e di un'architettura pomposa e monumentale: è il neoclassicismo che ancor oggi dà a Parigi molto del suo stile.

Ma le guerre dovevano smantellare tutta l'impalcatura economica sulla quale poggiava l'impero. L'avventura spagnola dell'imperatore è la prima avvisaglia. Cerca di porre sul trono di Spagna il fratello Giuseppe. Ma gli spagnoli organizzano guerriglie e fanno subire alle truppe napoleoniche le prime serie perdite. L'Inghilterra appoggia la Spagna, e l'Europa comincia e rendersi conto che forse Napoleone non è invincibile.

I popoli dominati cominciano a ribellarsi, i governanti si uniscono di nuovo contro l'imperatore. Nel frattempo, divorzia da Giuseppina, dalla quale non ha avuto nessun figlio, e sposa, nel 1810, Maria Luisa d'Austria, per assicurarsi un'alleanza potentissima e una discendenza regale. L'impero rivela già la sua fragilità. Napoleone intraprende la campagna di Russia, che si trasforma in un disastro: il freddo e le malattie demoliscono la "Grande Armée", mentre a Parigi si insedia un Governo Provvisorio. Ma l'imperatore riesce a fuggire dalla Russia su una slitta, arriva a Parigi e recupera il potere.

Ormai, tuttavia, l'Europa intera è unita contro di lui. Nel 1814, le truppe alleate entrano in Parigi, e a Napoleone non resta che rinunciare al trono. Conserva il titolo di imperatore, ma è confinato nell'isola d'Elba, mentre il fratello di Luigi XVI, il re ghigliottinato, si insedia sul trono di Francia, col nome di Luigi XVIII.

L' imperatore è già, a questo punto, un uomo ammalato, ma ha in serbo ancora un'ultima cartuccia. Il 26 febbraio 1815 si imbarca per la Francia, e il 20 marzo entra trionfalmente a Parigi. Ha conquistato il favore di tutte le truppe che avevano ricevuto l'ordine di combatterlo. Inizia allora il periodo dei "Cento Giorni".

Napoleone vuole presentarsi davanti alla nazione come il difensore della Rivoluzione contro la vecchia monarchia che ha riacquistato il potere. Ma si tratta solo di un ultimo fremito, che prussiani e inglesi stroncano strepitosamente con le armi a Waterloo.

Napoleone chiese asilo politico agli inglesi, ed è esiliato nell'isola di Sant'Elena, dove muore nel 1821.

La rivoluzione dei creoli[modifica]

Durante i tre secoli della dominazione spagnola in Sud-America, si formò a poco a poco una classe sociale dedita al commercio, e composta dai discendenti di spagnoli nati nelle colonie: i creoli. La politica economica spagnola verso le colonie era basata sulla proibizione assoluta di commerciare con qualsiasi paese, che non fosse la Spagna stessa. Le colonie americane producevano materie prime, e al tempo stesso erano un grande mercato per i manufatti spagnoli, che erano più costosi e di qualità inferiore rispetto a quelli degli altri paesi europei, soprattutto a quelli inglesi.

Inoltre, tutto il commercio con le colonie era controllato dal porto di Cadice, dal quale partivano e dove arrivavano tutte le mercanzie. Le proteste dei creoli avevano ottenuto da Carlo III la soppressione del monopolio del porto di Cadice, e l'apertura di tutti i porti della Spagna al commercio con l'America. Ma questo provvedimento, saggio e prudente, arrivava tardi, e inoltre non soddisfaceva completamente i desideri dei creoli, che aspiravano a commerciare liberamente con tutti i paesi del mondo.

I creoli commercianti erano la classe sociale più ricca e più colta delle colonie, e alcuni di loro avevano preso parte alla Rivoluzione francese, come per esempio il venezuelano Miranda, che era giunto a diventare generale dell'esercito rivoluzionario francese. I creoli avevano davanti agli occhi l'esempio recente dell'indipendenza degli Stati Uniti, vincitori sull'Inghilterra, e il modello della Rivoluzione Francese. Leggevano con interesse i filosofi e gli enciclopedisti francesi.

Le colonie erano governate da viceré, da capitani generali e da tutta una classe di funzionari, formata da spagnoli venuti dalla penisola iberica, e nominati direttamente dal re. I creoli ispano-americani, come la borghesia francese prima della Rivoluzione, formavano la classe più colta e più potente dal punto di vista economico, ma erano esclusi dal potere politico.

L'occasione per i primi moti d'indipendenza era offerta dall'invasione della Spagna da parte delle truppe di Napoleone, e dalla detronizzazione della casa reale spagnola.

Imitando l'esempio della Spagna, in tutte le principali città americane sorgono Comitati di Difesa, formati soprattutto da creoli; essi proclamarono le sovranità di Fernando VII. Il primo moto dei creoli fu, dunque, di fedeltà alla Spagna e alla monarchia legittima. Ma questi Comitati di Difesa dimostrarono ai coloni americani quanto fosse grande il loro potere. E ciò che in un primo momento era stato un movimento contro l'invasione francese, finì col trasformarsi in ribellione e in lotta per l'indipendenza. I principali capi, influenti e ammirati in tutto il continente, furono Bolivar, San Martin, O'Higgins, Belgrano, Sucre e Iturbide: tutti creoli. I viceré ottennero l'appoggio dei grandi possidenti terrieri (latifondisti) di origine spagnola, e riuscirono a soffocare la rivoluzione in quasi tutto il continente, eccetto che nel viceregno della Plata.

La guerra divampa ancora, e le truppe del generale spagnolo Morillo devono far fronte ad attacchi improvvisi condotti dai ribelli.

Una grande impresa è compiuta da San Martin, che valica le Ande e arriva in Cile. Le vittorie di Chacabuco e di Maipu danno l'indipendenza a questo paese. D'altra parte Bolivar ottiene le vittorie a Boyaca e di Carabobo, che rendono indipendenti la Colombia e il Venezuela.

La sovranità spagnola resisteva soltanto nel viceregno del Perù. Ma l'ammutinamento dell'esercito spagnolo a Cabezas de San Juan, nel 1820, strema le forze spagnole che non hanno la possibilità di ricevere rinforzi. Nel 1824, Bolivar sconfiggeva i realisti a Junin, e l'anno dopo il suo luogotenente Sucre fa ammainare le ultime bandiere spagnole ad Ayacucho. Nel 1826 la Spagna si ritirava dalle colonie del continente americano. Di tutto l'immenso impero non rimanevano altro che Cuba, Portorico, le Filippine, Guam e le isole Caroline.

La Santa Alleanza[modifica]

Nel giugno del 1814, i rappresentanti delle nazioni che hanno sconfitto Napoleone si riuniscono a Vienna. Il Congresso dura un anno. L'imperatore Francesco I d'Austria, lo zar Alessandro I di Russia, il re Federico Guglielmo di Prussia e gli ambasciatori dei diversi paesi europei si impegnano a distruggere l'opera della Rivoluzione Francese e della politica di Bonaparte. Ma la Rivoluzione Francese e gli eserciti di Napoleone non sono passati invano sull'Europa. L'imperatore aveva mutato e sconvolto la geografia politica del continente. Aveva spodestato vecchie dinastie reali, aveva creato nuovi stati sui territori dominati dalle antiche monarchie assolute, e aveva permesso che, per la prima volta, la borghesia di tutta l'Europa partecipasse al governo delle nazioni. Allo stesso tempo, le lunghe guerre contro Napoleone avevano risvegliato in molti popoli sottomessi all'Austria, alla Germania e alla Russia sentimenti nazionali molto profondi. Questi popoli desideravano ardentemente di diventare stati indipendenti. In realtà, l'Impero Austriaco, per esempio, era un mosaico di popoli, di razze, religioni e culture diverse. L'aquila a due teste dello scudo imperiale copriva con le ali un impero formato da tedeschi, cechi, ungheresi, polacchi, sloveni, croati e italiani.

Al contrario, c'erano popoli che, sebbene in realtà facessero parte di una sola nazione, erano frazionati in vari stati. L'Italia era suddivisa in sette stati diversi, ma le aspirazioni di unità nazionale degli italiani non furono considerate dal Congresso di Vienna. Dall'altra parte delle Alpi, i borghesi, gli intellettuali e i giovani ufficiali tedeschi, che avevano combattuto contro Napoleone con la speranza di unificare la patria germanica, vedevano ancora il paese diviso in trentanove stati.

Le idee liberali e i sentimenti nazionali dei popoli furono ignorati dai sovrani e dagli ambasciatori riuniti a Vienna. Questi si preoccuparono solo di restaurare in Europa il potere assoluto dei re e gli antichi privilegi della nobiltà.

A tal scopo, l'imperatore Alessandro I di Russia presentò un progetto: la "Santa Alleanza" tra i sovrani d'Europa. Tutti uniti, i sovrani si impegnavano a difendere la monarchia assoluta nell'intero continente, e potevano intervenire con gli eserciti in qualsiasi paese in cui i movimenti liberali e i sentimenti nazionali dei popoli oppressi minacciassero la tranquillità e la sicurezza dei monarchi.

Formarono la Santa Alleanza: la Russia, l'Austria, la Prussia e la Francia, mentre l'Inghilterra non vi aderì.

La rivoluzione liberale spagnola del 1820, che obbligò il re Ferdinando VII ad accettare la costituzione, si diffuse come una miccia accesa in Italia. I liberali obbligarono il re di Napoli ad adottare la costituzione spagnola. L'esercito austriaco, su richiesta del re di Napoli, abolì la costituzione e restituì al re il potere assoluto.

Da parte sua, la Francia, in nome della Santa Alleanza, invase la Spagna con un esercito, i Centomila Figli di San Luigi, che restaurò il vecchio assolutismo. Ma l'indipendenza della Grecia, nel 1822, appoggiata dallo zar di Russia, dimostrò che la Santa Alleanza non era onnipotente.

Scoppiò una nuova rivoluzione in Francia nel 1830, e si estese all'Italia, alla Polonia e al Belgio. Gli austriaci tornarono a intervenire in Italia, e i russi affogarono nel sangue la rivoluzione polacca. Ma, in compenso, nessuno poté impedire che il Belgio, appoggiato dalla Francia, si separasse dall'Olanda e proclamasse l'indipendenza.

Le rivoluzioni liberali e nazionaliste che tornano a esplodere in tutta Europa nel 1848, hanno ripercussioni ancora più profonde.

Con esse finisce l'influsso di Metternich sul continente. L'imperatore d'Austria e il re di Prussia sono obbligati a concedere prudenti costituzioni liberali ai loro sudditi. La rivolta è stata soffocata negli stati italiani, e tutti i patrioti volgono lo sguardo al regno di Piemonte, l'unico regno liberale in un'Italia governata da sovrani assoluti. E così, benché sconfitti, i patrioti italiani, appoggiati dal Piemonte, trovano nella rivoluzione del 1848 la forza morale che li sostiene nella lotta per l'unità nazionale, conclusa solo nel 1870, quando l'esercito italiano entra a Roma mettendo fine al millenario dello Stato della Chiesa.

Con la vittoria della Prussia sulla Francia, anch'essa nel 1870, e la proclamazione di Guglielmo I di Prussia a imperatore di Germania, i territori tedeschi ottenevano l'unità nazionale insieme all'Italia.

Del progetto di restaurazione sancito dal Congresso di Vienna non rimaneva più nulla.

La rivoluzione parigina del 1830[modifica]

La Francia nel 1789 diede all'Europa il segnale di un'epoca nuova: nel 1830 riprese ancora la sua funzione di guida sulla via della libertà. Alla morte di Luigi XVIII, moderato ed amante della pace, era salito sul trono il fratello Carlo X, principe quanto mai reazionario, un uomo del passato che voleva ostinatamente ricostruire il vecchio regime. Egli intendeva appoggiarsi al clero e alla nobiltà, come avevano fatto i sovrani assoluti, vissuti nei tempi prima della Rivoluzione Francese. Aveva voluto risarcire i nobili dei beni perduti con una enorme indennità (un miliardo di franchi) gravando di nuove tasse la popolazione francese. Il 26 luglio del 1830 Carlo X pubblicò nel Moniteur, la Gazzetta Ufficiale francese, la famose Ordinanze, con le quali:

  1. scioglieva la Camera;
  2. aboliva la libertà di stampa;
  3. riformava le leggi elettorali a danno della borghesia, cioè riduceva il numero degli elettori e il numero dei deputati.

Il re credeva che bastasse pubblicare le Ordinanze perché fossero obbedite. Invece il giorno dopo la rivoluzione scoppiò nella capitale: borghesi ed operai innalzarono barricate nelle strette e tortuose vie della vecchia Parigi. Popolo e soldati combatterono affratellati sulle barricate per rivendicare le libertà costituzionali. In breve tutta la città fu nelle mani degli insorti. Il Re abdicò e fu costretto a fuggire: prese il suo posto il duca di Orleans, Luigi Filippo, che aveva combattuto nella storica battaglia di Valmy in difesa della Francia Rivoluzionaria. Egli prese il titolo di Re dei Francesi, volendo render chiaro che egli regnava per volontà dei Francesi e non per grazia di Dio, secondo la teoria dei sovrani assoluti: inoltre come bandiera nazionale abbandonò il bianco vessillo dei Borboni e adottò il tricolore (blu, bianco e rosso). Così alla monarchia reazionaria di Carlo X successe la monarchia liberale di Luigi Filippo. Infine contro la Santa Alleanza proclamò il principio del non intervento: cioè il governo francese non avrebbe permesso l'intervento di uno Stato negli affari interni di un altro. Era un colpo formidabile al sistema di Metternich, fondato sul principio d'intervento, che teneva l'Europa sotto il tallone dei reazionari.

La rivoluzione in Belgio e in Polonia[modifica]

La rivoluzione di luglio ebbe ripercussioni anche in Belgio e in Polonia. Nel Congresso di Vienna il Belgio era stato unito all'Olanda, benché i due paesi avessero differenze notevoli sia di razza che di lingua, di religione e di economia. Il piccolo paese insorse contro gli Olandesi e con la protezione della vicina Francia ottenne l'indipendenza. Esito infelice ebbe invece la rivoluzione polacca, che dopo un primo successo fu domata severamente dall'esercito dello zar. A migliaia i profughi polacchi fuggirono dalla loro patria, recando in cuore la loro passione nazionale.

Rivoluzioni del 1848[modifica]

Luigi Filippo d'Orléans, salito al trono con il favore della borghesia, divenne a poco a poco sempre più conservatore, favorendo gli interessi di banchieri, industriali e commercianti. Come aveva deluso le speranze dei patrioti dei paesi europei oppressi dall'assolutismo, così deluse le speranze del popolo francese, specialmente della classe dei lavoratori. Repubblicani e socialisti organizzarono una decisa opposizione al governo. Questo, nel febbraio 1848, vietò a Parigi un grandioso banchetto politico, con 100000 coperti, organizzato dall'opposizione. Il divieto fece scoppiare la rivoluzione: dopo due giorni di lotta Luigi Filippo fu costretto alla fuga. Si proclamò la Repubblica: nacquero forti contrasti tra i vari partiti e la classe operaia rimase perdente. Così alla fine la nuova repubblica, cioè la Seconda Repubblica francese, non ebbe carattere popolare, ma ancora borghese. Presidente fu eletto un nipote di Napoleone I, figlio di quel Luigi Bonaparte, ex re d'Olanda. Luigi Napoleone con un colpo di stato, nel 1851, si fece eleggere presidente per 10 anni e poi imperatore con il titolo di Napoleone III. Intanto le notizie della rivoluzione di Parigi ebbero un contraccolpo in Austria e in Prussia. A Vienna i liberali chiesero ed ottennero la Costituzione: una rivoluzione scoppiava intanto in Ungheria sotto la guida del patriota Luigi Kossuth ed un'altra a Praga. Anche la Germania fu turbata da rivoluzioni: a Berlino il re di Prussia fu costretto a concedere una Costituzione. Si radunò a Francoforte un'Assemblea di deputati dei vari Stati tedeschi per creare un nuovo Stato federale tedesco. Nella primavera del 1848 l'Europa era in fiamme: dal grande focolaio parigino la scintilla della rivoluzione si era diffusa con una incredibile rapidità.