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Terenzio (superiori)

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Terenzio (superiori)
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Letteratura latina per le superiori 1
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%
Publio Terenzio Afro: ritratto ricavato dal Codex Vaticanus Latinus 3868 della Biblioteca Vaticana.

La biografia di P. Terenzio Afro è molto intricata e irta di problemi. Non si può stabilire la data certa della nascita, né la nazionalità, né la data e il luogo della morte e sono discussi anche alcuni avvenimenti della sua vita. Nacque a Cartagine e fu schiavo del senatore Terenzio Lucano che lo affrancò ob ingenium et formam e quindi gli diede il suo nomen. Il cognome Afer era l'antico nome di servitù (spesso gli schiavi erano indicati con il nome della loro terra d'origine e quindi sembra indicare una origine libica non tanto punica). La data di nascita si ritiene cada tra il 185-184 a.C. anche se alcune considerazioni dovrebbero farla spostare a una decina di anni più indietro. All'età forse di trentacinque anni partì da Roma per recarsi in Grecia per dimostrare ai malevoli, che lo accusavano di essere un prestanome, che le sue commedie erano composte proprio da lui, e per documentarsi meglio sui costumi grechi. Morì verso il 159 a.C. a Stinfalo d'Arcadia o a Leucadia per il dolore d'aver perduto in un naufragio le commedie composte in Grecia. Dalla accusa di essere un prestanome degli homines nobilis da parte dei malevoli si difese nel prologo dell'Adelphoe dicendo che lui era apprezzato, con suo grande onore, da chi et in bello, et in otio, et in negotio erano stati utili al popolo romano (forse si riferisce a Publio Scipione Emiliano e Lelio minore con cui era legato da intima familiarità, ma forse più verosimilmente Santra, C. Sulpicio Gallo, Q. Fabio Labeone e M. Popillio Lenate). Terenzio ci ha lasciato sei commedie che seguendo le didascalie si succedono in questo ordine: Andria, Heautontimorúmenos (Il punitor di se stesso), Eunchus, Phormio, Adelphoe (I fratelli) e Hecyra (La suocera). Come Plauto prende ispirazione dalla commedia attica nuova ma, a differenza di lui, segue esclusivamente Menandro accrescendo le tendenze intimistiche e servendosi della contaminatio. Il tono intimo e moralista di questo teatro non fu accolto con piacere dal pubblico che preferisca la festività plautina. L' Hecyra conobbe due volte l'insuccesso. Fu accusato di aver contaminato, cioè rovinato l'originale prescelto, e di non essere l'autore delle sue commedie. Egli si difese nei prologhi delle sue commedie dalla prima accusa appellandosi all'esempio di autori cari al gusto popolare, Nevio e Plauto, alla seconda con un certo imbarazzo, senza accettarla né negarla, per non urtare gli aristocratici che lo proteggevano e che si sentivano solleticati dalla diceria. Terenzio, sicuramente sofferente per il poco apprezzamento del pubblico, cerco sempre il suo favore. Poiché sia l' Andria sia l' Hecyra, prima, furono criticate per la contaminatio realizzò un opera ricavata da un unico solo originale l' Heautontimorúmenos ma anche questa ebbe poco successo dato che il pubblico non gli perdonava di aver piegato la comicità plautina alla palliata che si avvicinava di più ai temi grigi e delicati della commedia attica nuova. La profonda malinconia del vecchio Menedemo che punisce se stesso per aver ridotto alla disperazione il figlio Clina con la sua severità. Terenzio lo capì e scrisse l' Eunuchus e il Phormio, commedie vicine allo stile plautino ma lontane al suo vero stile al punto che alla fine ritornò allo stesso con gli Adelphoe e rifacendo l' Hecyra prima di morire prematuramente. L'ispirazione ai modelli greci non esclude una sua originalità di tono e di stile.

Frontespizio del Codex Vaticanus Latinus 3868 (Biblioteca Vaticana) con il ritratto di Terenzio.

Si riprendono gli schemi della commedia nuova, come fece Plauto, ma questa volta le fanciulle restano trepidanti e affettuose ma i giovani sono riflessivi e responsabili, i padri comprensivi e buoni, i servi e i parassiti sono lontani dalla malizia e malignità plautina ma hanno loro riflessioni filosofiche sulla vita non prive di amarezza, le cortigiane soprattutto sono fiori di poesia con la loro disincantata e dolorosa esperienza di vita. Ritorna a sorridere la grazia di Atena ma sottolineata maggiormente dal senso romano dell'humanitas rigogliosa ormai in questo periodo. La commedia terenziana hanno una struttura complessa e ciò deriva dal bisogno di Terenzio di contrapporre un tipo all'altro della stessa categoria ma di carattere opposto in modo che il loro confronto serve a scavare di più nell'animo di ciascuno (la commedia di carattere "statariae" prevale sulla commedia d'intreccio "motoriae"). Al carattere impulsivo della fantasia terenziana rappresentativa di un'umanità dolce e che esprime con delicatezza i suoi sentimenti si accompagna una temperie stilistica perfettamente adeguata. La metrica terenziana non sfoggia la varietà di ritmi di quella plautina e restringe i cantica al minimo. La lingua è quella degli ambienti aristocratici con espressione composta, il gusto della parola castigata e della temperie linguistica uguale, fluida, riposante. Se in Plauto anche le persone perbene parlano come gli schiavi in Terenzio anche gli schiavi parlano come persone dabbene. Terenzio è il primo fra gli scrittori romani a mostrare come spesso l'anima emerge nelle sue pieghe più profonde parlando sottovoce e con le parole più semplici. L' Hecyra, più di ogni altra commedia, mostra le caratteristiche del teatro terenziano. Essa è una contaminazione tra l' Hekyrá di Apollodoro e gli Epitrépontes di Menando, ma porta i segni dell'originalità di Terenzio. Si è detto che la commedia di Menandro non fa ridere al più fa sorridere, i suoi personaggi non hanno vizi e il suo mondo è caratterizzato da affettuosa fraternità. Ebbene l' Hecyra non fa sorridere essa è un dramma d' anime dove ognuno si confessa con espressione grigie e modeste e con umile voce del cuore. Quel pubblico che aveva fatto soffrire Terenzio in vita lo portò alle stelle dopo morto. Per celebrare il trionfo di L. Mummio sulla lega achea non si trovò di meglio che recitare una commedia di Terenzio. Afranio, Volcacio Sedigito, Varrone Reatino lo celebrarono concordemente. Cicerone lo lodò per la purezza dello stile e per la capacità di rendere Menandro in latino smorzando il pathos e con delicatezza l'ethos. Cesare affermò che lui era corrispondente a Menandro solo per metà infatti gli mancava l'energia dell'espressione. Nell'età successiva lo apprezzarono tutti gli scrittori di gusto classico (Orazio e Quintiliano iniziarono le recensiones e i commenti di cui ci sono rimasti quelli di Donato e Eugrafio). L' Homo sum ebbe un grandissimo effetto su S. Agostino al punto che fu tra i suoi autori preferiti. Nel medioevo fu quindi molto apprezzato proprio seguendo S. Agostino. La monacella Hrotsvitha, pur volendolo rimpiazzare con un teatro cristiano con trama le leggende dei santi, prese spunto dallo stesso. Ebbe eguale fortuna in età rinascimentale arrivando ad essere apprezzato più di Plauto da Boccaccio e Montaigne. Insieme proprio a Plauto influenzo la nascita della commedia regolare moderna. Il siécle d'or francesa lo apprezza. Molière lo imita insieme a Plauto. Compare anche con un'eco smorzata nelle commedie di Goldoni. Alfieri lo tradusse in versi e l'Abate Cesari in prosa. Di recente Thornton Wilder ha tratto spunto dall' Andria per una delle sue opere più raffinatamente simboliche, La fanciulla d'Andro.

Testi disponibili su Wikisource in lingua latina

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