Poesia giambica
La poesia giambica era un tipo di poesia simposiale della Grecia arcaica nata intorno al VII secolo a.C. caratterizzata da turpiloquio, invettiva, osceno e ridicolo.
Prende il suo nome dal metro che la caratterizza, il giambo appunto, caratterizzato da ritmo ascendente e rapido. L'inventore di questo genere di poesia è ritenuto unanimemente Archiloco di Paro, e i suoi maggiori esponenti sono Ipponatte di Efeso e Semonide di Amorgo.
Comunemente i giambi erano caratterizzati da argomenti e toni realistici e come detto il tratto specifico era l'attacco personale, l'irrisione, la derisione, l'invettiva. Essa tuttavia non è da vedere come un genere di poesia negativa, in quanto criticando certe cose, esorta a fare l'opposto.
La poesia giambica si recitava in parakataloghè, la voce narrante era cioè accompagnata da uno strumento a corda o a fiato, senza arrivare al canto spiegato vero e proprio.
La parola ha due possibili derivazioni etimologiche: - Iambo, figlio di Ares, che, secondo Omero, aveva un'andatura claudicante (riconducibile alla sequenza delle sillabe breve-lunga) e un tono di voce terrificante e possente (nel giambo ritroviamo, specie nell'invettiva, parole molto dure) - Iambe, serva di Demetra, si narra che fosse stata l'unica a far sorridere la padrona rattristata per il rapimento della figlia Proserpina (allusione alla derisione tipica del giambo).
La poesia giambica veniva eseguita con l'accompagnamento di uno strumento a corde oppure del flauto.
Comunemente i giambi sono caratterizzati da argomenti e toni realistici (=commedia). Il tratto specifico e caratterizzante dei giambi (=commedia) è l'attacco personale, l'irrisione e la derisione.
Le tematiche affrontate nei giambi sono di vario tipo, ma soprattutto temi politici e morali. Le caratteristiche sono l' invettiva, lo scherno, l'aggressività.