Ovidio (superiori)
Publio Ovidio Nasone nacque a Sulmona il 20 marzo del 43 a.C.. Da giovane si trasferì con il fratello a Roma a studiare grammatica e retorica dato che la sua famiglia, di origine equestre, lo voleva indirizzare ad una professione lucrosa. Terminato lo studio di retorica dei retori Arellio Fusco e Procio Latrone compì un viaggio ad istruzione ad Atene. Di ritorno a Roma, esercitò alcune magistrature minori e contrasse tre matrimoni. Ebbe forse anche una figlia dalla seconda o terza moglie. Entrò a far parte del circolo di Messalla e in questa fase, forse, insieme alle prime elegie, scrisse una tragedia, Medea, ora perduta tranne alcuni versi citati da Quintiliano. Ma ben presto abbandonò la mitologia per dedicarsi agli argomenti d'amore. Scrisse così un canzoniere in distici pubblicato sotto il nome Amores. Da qui si diede inizio alla sua grande produzione erotica in distici elegici. Nel 14 a.C. pubblico un edizione integrale delle sue opere in cinque libri ma pochi anni dopo la riadatto in tre libri, e questa è la versione che ci è pervenuta oggi. In Ovidio vediamo il tema topico dell'amore per una donna, più o meno reale, chiamata Corinna, come la poetessa maestra di Pindaro. Il tutto si svolge nella cornice giocosa e brillante di Roma. Tutte le vicende amorose, e non, raccontate da Ovidio non sembrano essere davvero vissute da lui ma sono frutto di una inventiva sicuramente incentivata dai cenacoli romani. A questo fecero seguito due opere. La prima è una raccolta di Epistulae chiamata Heroides che prevedeva ventuno epistole in distici di cui diciotto scritte da donne e tre da uomini (Paride ad Elena, Leandro ad Ero, Aconzio a Cidippe) tutte replicate dalla donne. In questa opera Ovidio fa una sintesi di varie esperienze poetiche quali virgiliana, catulliana, leviana e catulliana e persino rifacimento in latino degli ellenisti. In quest'opera, a differenza degli Amores, ritornerà a parlare di temi epici come abbiamo visto da alcuni titoli. Ma proprio in questa opera, dove ha compiuto un passo indietro, si vede però l'Ovidio più moderno con una capacità di mostrare i sentimenti con una sensibilità quasi femminili degni di nota. La seconda opera invece è successiva ed è l' Ars Amatoria, che era un manualetto che serviva a conquistare la propria donna o uomo. Fu l'opera sua più famosa. Nel 1 d.C. scrisse i suoi primi due libri dedicati agli uomini. Dopo i Remedia Amoris, poemetto in 407 distici, che si incentrava sul porre in guardia gli uomini dalle reti amorose delle donne, pubblico il terzo libro assai fiacco, dedicato alle donne. Chiude il primo ciclo delle opere di Ovidio i Medicamen Faciei carme in distici sui cosmetici di cui ci rimane un frammento di cento versi. Intorno al 3 d.C. Ovidio, entrando nei circoli vicini ad Augusto, si dedico a temi più impegnativi: Le Metamorfosi e i Fasti. Le Metamorfosi sono un poema in quindici libri in cui Ovidio abbandonò distico elegiaco per esametro. Il poema raccoglieva in se i miti di trasformazione già raccontati in precedenti opere. Questo comportò una sostanziale monotonia di temi il cui unico punto di novità era data dall'amore che spesso questi miti avevano come tema di base e che Ovidio sviluppo secondo il suo stile. L'opera però non ebbe il successo sperato. Uguale flop furono i Fasti raccontanti in sei libri i giorni di festa del calendario Romano nel solco di Callimaco. Anche questo non gli riuscì non essendo questo, argomento erudito, il suo naturale. Ovidio era un poeta che trovava la sua massima espressione artistica nella poesia amorosa e di analisi dei sentimenti propria del primo Ovidio.
La situazione peggiorò quando nel 8 d.C., mentre completava le Metamorfosi e continuava a scrivere i Fasti, cadde in disgrazia con Augusto il quale ordinò il suo esilio a Tomi sul Mar Nero (l'odierna Costanza) senza moglie e ordinò il bando dalle biblioteche pubbliche dell' Ars Amatoria. Non si saprà mai quali furono i veri motivi di tale disgrazia. Ovidio stesso ipotizza nel secondo libro dei Tristia due ragioni di cui il secondo è che abbia appreso notizie nelle proprie cerchie di amicizie e che abbia compiuto tradimento ad Augusto a non avergliele rivelate (forse si tratta di una delle due Giulie che avrebbero rivelato le loro dissolutezze a Ovidio ed ecco anche il bando dell' Ars Amatoria che forse era stata vista da Augusto come il luogo di vanterie del galeotto Ovidio. Alla notizia dell'Esilio Ovidio bruciò le Metamorfosi ma sapeva che già erano in circolazione delle copie. In viaggio vero Tomi scrisse un poemetto in 322 distici titolato Ibis contro un detrattore che lacerava la sua fama approfittando del suo esilio. Compose sempre durante il viaggio i due primi libri dei Tristia che aprono di fatto la terza ed ultima fase delle opere di Ovidio incentrato nei lamenti e le suppliche per avere il perdono e il ritorno a Roma. Giunto a Tomi continuò a scrivere i Tristia pubblicato i primi tre libri nel 12 d.C.. Nel medesimo anno terminò tre libri delle Epistulae ex Ponto. Sia Tristia che Epistulae sono scritti in distici male secondo contengono il nome del destinatario. Il quarto libro delle Epistulae ex Ponto fu pubblicato dopo la morte di Ovidio. Nel 14 d.C. era morto Augusto e Ovidio sperò di fare ritorno grazie alla grazia di Tiberio ma Tiberio era colui che era stato più leso dalla dissolutezza di Giulia ed anche sotto di lui Ovidio non poté far ritorno a Roma. Passò il resto della sua vita ad imparare a pescare e scrisse come sua ultima opera Halieutica proprio su questo argomento. Morì a Tomi nel 17 o 18 d.C. Le opere ci sono pervenute perché Ovidio ebbe la possibilità di inviarle subito a Roma, eccetto un poemetto in lingua getica celebrante Augusto, Livia e Tiberio, quando le pubblicava sperando che fosse uno stimolo per il suo ritorno. Neppure da morto la sua salma fece ritorno a Roma ma fu seppellito a Tomi. Ovidio acquisto fortuna però negli autori dell'età successive affiancando Virgilio. Fu da ispirazione per Seneca tragico, Stazio, Petronio, Apuleio. Nel Medioevo fu maestro per la sua eduzione mitologica e fu citato anche da Dante nell'Inferno nel Limbo dopo Omero e Orazio. Influenzò la poesia Francese del secolo XII e XIII (la cosiddetta Aetas Ovidiana). In Italia ispirò il Boccaccio. Nel Rinascimento fu da ispirazione per Shakespeare in Sogno d'una Notte di Mezza Estate e anche nel finale di Romeo e Giulietta. Anche il cavalier Marino nel XVII, l'età baracca, che lo fece fiorire nel mondo cristiano, e Lope de Vega si isipirano ad esso. In ultimo fu da ispirazione a D'Annunzio in varie opere e soprattutto ne L'Oleandro sviluppo dell'episodio di Apollo e Dafne delle Metamorfosi.