La Dissoluzione della Jugoslavia (superiori)

Da Wikiversità, l'apprendimento libero.
lezione
lezione
La Dissoluzione della Jugoslavia (superiori)
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Storia per le superiori 3
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 50%

Per Dissoluzione della Jugoslavia si intende l'insieme di vari fenomeni di guerre civili e secessioni che hanno coinvolto la Jugoslavia dal 1980 al 2003 e che hanno comportato la sua scomparsa dal piano internazionale.

La morte di Tito[modifica]

Josip Broz Tito

La lenta e cruenta dissoluzione della Jugoslavia inizia il 4 maggio 1980 con la morte del Maresciallo Josip Broz Tito, il principale arteficie dell'unità della Jugoslavia, dopo la sconfitta del nazifascimo, e tenuta unita grazie al suo carisma e ad una forta tenuta governativa di stampo comunista. In politica estera, Tito, aveva mantenuto la Jugoslavia in una posizione di equidistanza sia dal blocco sovietico sia dal blocco del patto atlantico. In politica interna, la Jugoslavia, denominata Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, era composta da sei stati federati (Slovenia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro, Serbia e Macedonia) e le due province autonome di Kosovo e Vojvodina. In realtà già a metà degli anni 70' ci furono avvisaglie di tensioni etniche prima in Croazia e poi in Kosovo ma Tito, con una forte repressione militare, riuscì a pacificarle. Dopo la morte di Tito la Repubblica fu governata con una presidenza collegiala presieduta a turno dai presidenti dei singoli stati federati.

L'ascesa di Milošević e le tensioni etniche[modifica]

Slobodan Milosevic

A metà degli anni 80' iniziano a riaccendersi le tensioni etniche già viste negli anni 70' ma, mancando un forte governo, non si riusciva a pacificarle come con Tito. Fu proprio in questa fase che emerse la figura di Slobodan Milošević in Serbia.

L'ascesa di Milosevic fu rapida. Nel 1987 conquista la presidenza della repubblica serba. Nel 1989, come atto di repressione contro le rivolte etniche, tolse l'autonomia alle province del Kosovo e della Vojvodina. la rimozione dell'autonomia alle due province non fu un idea originale di Milosevic. Nel 1986, cioè l'anno prima della sua presidenza, venne pubblicato dall'accademia delle scienze di Belgrado un memorandum che, tra le altre affermazioni in difesa della sovranità della Serbia, vista anche come baluardo della cristianità contro l'islam, criticava Tito e la sua scelta di un assetto politico che voleva una Serbia indebolita contro una Jugoslavia forte. E ad giustificare questa idea si poneva luce proprio sulla mancanza di unità anche interna del suolo Serbo a causa delle due province autonome. Milosevic, pur non appoggiando questo memorandum, non lo criticò ma si limitò ad stigmatizzarlo come d'altronde fece la lega dei comunisti serbi.

Nel frattempo in Croazia, nel 1989, viene fondato il primo partito anticomunista, Unione Democratica Croata (HDZ) guidato da Franjo Tuđman che però aveva una tendenza marcatamente nazionalista e filo-ustascia (cioè il movimento fascista croato che durante la seconda guerra mondiale fu autore dello sterminio di ebrei e serbi in Jugoslavia).

In Slovenia scoppiò il caso di quattro giornalisti (tra i quali il più noto era Janez Janša), accusati di aver tentato di pubblicare segreti militari nella popolare rivista d'opposizione Mladina. I quattro giornalisti scoprirono dei documenti su un ipotetico intervento militare federale in Slovenia, da attuare in caso di un'evoluzione democratica e sovranista del paese. Questo fece scoppiare molte proteste tra gli sloveni.

L'indipendenza della Slovenia[modifica]

La prima vera e propria guerra civile scoppiò proprio in Slovenia. Il 30 dicembre 1990, ci fu un referendum per l'indipedenza dove circa l'88% degli elettori fu a favore dell'indipendenza. Ad influire su questo risultato fu molto anche il governo del paese di partiti anti-comunisti. Il referendum però non sarebbe mai stato approvato, pacificamente, dal Governo Centrale Jugoslavo. Il Governo sloveno decise quindi, per osteggiare il governo centrale anche militarmente di avocare a se il comando delle milizie popolari slovene, Teritorijalna odbrana (TO), che Tito aveva creato in difesa di una ipotetica invasione sovietica, e che proprio in quegli anni il Governo Centrale Jugoslavo voleva eliminare.

La Bandiera della Slovenia Indipendente

Il 25 giugno 1991, anticipando di un giorno che era prevista per il 26 così da spiazzare il Governo Centrale Jugoslavo, la Slovenia dichiarò formalmente l'indipendenza.

La mattina del 26 giugno, alcune unità del corpo dell'Armata Popolare Jugoslava (JNA) lasciarono le proprie caserme a Fiume, in Croazia, per dirigersi verso il confine sloveno con l'Italia mentre gli sloveni prendevano il controllo dell'aeroporto di Brnik. Il 27 giugno però alcune truppe JNA ripresero il controllo proprio di quell'aeroporto. Lo stesoso giorno nella capitale slovena gli aerei JNA lanciarono dei volantini intimidatori dove invitavano tutti a non resistere o sarebbero stati schiacciati. Nel pomeriggio dello stesso giorno la TO abbatte due elicotteri jugoslavi. Stesso la sera la TO riprese il controllo dell'aeroporto di Brnik mentre una colonna di carri venne bloccata al confine con la Croazia e non poté supportare le truppe JNA nell'aeroporto. Il 28 giugno gli sloveni fecero le barricate per difendere le dogane al confine con l'Austria e nonostante i raid aerei della JNA resistettero. La TO lo stesso giorno a Nova Gorica, vicino al confine italiano, prese prigionieri 100 uomini della JNA. Il 29 giugno le forze speciali della JNA tentarono uno sbarco a Crevatini, ma caddero in un'imboscata e vennero respinte dagli sloveni. Il 30 giugno si arresero a Nova Gorica e sul confine austriaco numerore truppe della JNA consegnando agli sloveni le armi. Il 1° luglio le "manovra di contenimento" della JNA fallirono. Il 2 luglio la TO attaccò una colonna di carri armati. Il 3 luglio venne firmato un cessate il fuoco e la JNA si ritirò nelle proprie caserme. Tra il 4 e 6 luglio gli sloveni presero rapidamente il controllo del Paese e delle dogane grazie al cessate il fuoco.

Il 7 luglio venne firmato l'Accordo di Brioni (nell'isola croata di Brioni) dove si riconosceva l'indipendenza della Slovenia e il ritorno della JAN nei territori della Jugoslavia a patto che non portasse con se l'armamento pesante che rimaneva alla Slovenia. Si concludeva cosi la prima guerra civile jugoslava e iniziava cosi quella fase più cruenta della storia Jugoslava che porterà poi alla sua dissoluzione.

L'indipendenza della Croazia[modifica]

L'indebolimento del Governo Centrale Jugoslavia favorì i nazionalismi croati.

Nel 1989 in Croazia venne concessa la possibilità di fondare anche partiti non comunisti così da permettere prime elezioni libere in Croazia.

FranjoTudman

Nel gennaio del 1990 ebbe luogo l'ultimo congresso della lega dei comunisti iugoslavi e ci fu una rottura tra i comunisti serbi e quelli sloveni e croati che abbandonarono il congresso. Nello stesso anno, a Knin viene formato il partito democratico serbo dove si riunirono tutti i serbi di Croazia. Il 6 maggio si svolgono in Croazia le elezioni politiche. HDZ con Franjo Tuđman vinse le elezioni e formò il governo e la situazione divenne sempre piu tesa. Il 13 maggio ci fu la partita di calcio Stella Rossa Belgrado contro Dinamo Zagabria a Zagabria con uno scontro in campo e sulle tribune (di rilievo l'episodio di un calciatore croato, Boban, che diede una pedata ad un poliziotto serbo). Il 25 luglio, venne costituita un'Assemblea Serba a Knin e il 21 dicembre venne proclamata la regione autonoma di Krajina. Nell'agosto, si tenne un referendum, non riconosciuto internazionalmente, dove si rese la Krajina indipendente. I croati reagirono inviando la polizia e Milosevic, che assunse il controllo della JNA, reagì abbattendo alcuni elicotteri della polizia croata.

Vukovar dopo la battaglia

Il 19 maggio 1991 le autorità croate indirono un referendum per l'indipendenza. Le elezioni furono boicottate dai serbi croati. Un mese dopo la dichiarazione d'indipendenza iniziarono gli scontri e l'intervento della JNA. Ragusa, Gospic, Sebenico, Zara, Karlovac, Sisak, Slavonski Brod, Osijek, Vinkovci e Vukovar finirono sotto attacco della forze jugoslave. La strategia iugoslava era di bombardare le città senza tenere conto dei civili. Le Nazioni Unite allora ordinarono un embargo delle armi che però sfavorì la Croazia che non poteva comprare armi mentre la JNA aveva un arsenale in quanto esercito regolare. Nell'agosto, la città di confine di Vukovar finì sotto attacco e iniziò la Battaglia di Vukovar.

Tra il 16 e 17 ottobre a Gospic i croati deportarono 150 civili serbi, a Sisak altri 100. A Zagabria vennero fucilati 280 civili serbi. Nel dicembre, dopo una serie di "cessate il fuoco" non rispettati, l'ONU dispiegò una forza di mantenimento della pace in alcune parti della Croazia detenute da serbi al fine di controllare il territorio ed imporre una tregua in attesa di una soluzione diplomatica. Nel gennaio 1992 la JNA abbatté un elicottero dell'Unione Europea e ruppe il ventunesimo cessate il fuoco. La Comunità europea intanto riconobbe la Croazia il 15 gennaio 1992 determinando la ritirata dello JNA dallo Stato Croato, con la promessa però, fatta ai serbi di Krajina di intervenire militarmente in caso di loro pericolo.

In seguito la guerra continuò proprio in Krajina dove i croati proseguirono solo piccole azioni militari e la Repubblica di Krajina mantenne le proprie posizioni.