Il calcio

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Il calcio
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Calcio

Il calcio è un gioco sportivo nel quale si scontrano due squadre composte ciascuna da undici giocatori. Per praticarlo sono utilizzati un pallone sferico e un campo di gioco con due porte. Il gioco è regolamentato da una serie di norme codificate e il suo obiettivo è quello di segnare più punti (reti) dell'avversario facendo passare il pallone fra i pali della porta avversaria.

La semplicità delle sue regole, il fatto che non richieda attrezzature speciali, l'estrema adattabilità a ogni situazione lo ha reso uno sport popolarissimo, praticato in tutto il mondo.

È sport olimpico dalla II Olimpiade moderna.

Di origine arcaica, in uso presso gli antichi Romani con l'harpastum, nel quale due fazioni dovevano portare una palla oltre la linea di fondo avversaria e nel quale prevaleva l'aspetto antagonistico rispetto a quello agonistico, veniva probabilmente abbozzato, in seguito, per quello che conosciamo al giorno d'oggi durante il Medioevo in Italia (vedi Calcio fiorentino), ma la sua affermazione moderna e codificata si ebbe in Inghilterra, alla metà del XIX secolo e da allora si diffuse dapprima nel resto d'Europa e in Sud America e poi in tutto il mondo.

La competizione calcistica più importante è il Campionato mondiale di calcio, che si disputa ogni quattro anni sotto l'egida della FIFA, il massimo organismo calcistico mondiale. Si tratta dell'evento sportivo più seguito in assoluto[2]. --- Il calcio è uno sport giocato da due squadre di 11 giocatori ciascuno. - ogni squadra può avere un massimo di 5 giocatori in panchina - non devono essere commesi falli di nessun genere altrimenti l'arbitro ricorre a un'ammonizione e se lo ritiene necessario può estrarre anche un cartellino rosso - la palla può essere portata avanti solo con i piedi non con le mani...

Il calcio si gioca su un campo rettangolare di dimensioni variabili (mediamente intorno ai 105x65 metri, ma la prima regola del calcio, che individua le caratteristiche del terreno di gioco, impone che il campo sia lungo da 90 a 120 metri e largo da 45 a 90). Non è prescritto che il terreno sia ricoperto d'erba naturale: nelle gare afferenti alle massime categorie, comunque, è solitamente così. Una fase di gioco fra atleti dell'epoca pionieristica - Museo della Storia del Genoa, Genova

Non mancano le eccezioni in ambito nazionale: a Mosca il campo è in materiale sintetico, mentre negli USA tali materiali sono stati ampiamente sperimentati e poi abbandonati. Il terreno viene delimitato ai lati da righe bianche tracciate con pigmenti bianchi (solitamente in gesso o vernice), ed è caratterizzato da due portali rettangolari (comunemente porta da calcio) muniti di reti nella parte posteriore ed esterne al terreno di gioco. Si gioca attivamente sul campo con l'uso di una sfera (comunemente pallone da calcio). Lo scopo del gioco è di far entrare la sfera (originariamente una palla di cuoio) nella porta avversaria, delimitata da due pali verticali congiunti da una traversa superiore che li unisce.

La regola principale che caratterizza e differenzia questo sport rispetto al rugby e alla pallamano è che la palla non può essere toccata o colpita con braccia e mani; per lo più si usano i piedi ma ogni altra parte del corpo è ammessa. Il giocatore deputato al ruolo di portiere è l'unico che può toccare il pallone con le mani, ma solo all'interno della propria area di rigore (un rettangolo prospiciente la porta delimitato anch'esso da righe bianche); fino alla fine degli anni trenta vigeva la regola che il portiere poteva toccare la palla sino alla fine della propria metà campo.

Rilevante è anche la regola del cosiddetto fuorigioco (vd. fuorigioco nel calcio per un approfondimento). Sono 4 i principali ruoli del calcio: il portiere, il difensore, il centrocampista e l'attaccante, ancor più suddivisi in portiere, libero, stopper, terzino destro e sinistro, difensore centrale, mediano, centrocampista centrale, centrocampista di fascia destra e sinistra, trequartista, ala destra e sinistra, seconda punta e punta. Le partite della variante canonica principale del calcio durano 90 minuti e sono suddivise in due frazioni (comunemente tempi) di quarantacinque minuti ciascuna, intervallati da un periodo di riposo non superiore ai quindici minuti.

Prima della fine dei due tempi, il giudice di gioco (comunemente l'arbitro) decide se concedere un periodo di estensione del tempo di gioco (comunemente recupero) come parziale contropartita al tempo perso per sostituzioni, infortuni o quant'altro si verifichi durante il gioco e sia causa di arresto temporaneo della partita. Abitualmente sono concessi da uno a cinque minuti per tempo.

Il tempo di gioco effettivo è sempre inferiore ai 45 minuti, poiché il cronometro ufficiale non può essere mai fermato (come accade per esempio nel basket). La partita, al più, viene sospesa temporaneamente e ripresa, nel conteggio del tempo, dal momento della sospensione.

In caso di impossibilità a proseguire normalmente il gioco, essa può essere definitivamente sospesa con decisione autonoma dell'arbitro o dopo consultazione dello stesso arbitro con i capitani delle due squadre. L'arbitro è anche il cronometrista ufficiale della partita. In competizioni che prevedano l'eliminazione diretta ed esigono un vincitore della gara, attualmente si ricorre di solito a tempi supplementari (due tempi di quindici minuti ciascuno) e, in caso di ulteriore parità, si passa ai tiri di rigore per stabilire il vincitore. Precedentemente era in vigore un sistema casuale per determinare la squadra vincente basato sul lancio di una monetina. Alcune varianti nel meccanismo dei tempi supplementari, introdotte dalla seconda metà degli anni novanta prevedevano:

   * il golden gol: la prima squadra che segna nei supplementari si aggiudica l'incontro e la partita finisce immediatamente.
   * il silver gol: la squadra che riesce a terminare in vantaggio il primo tempo supplementare si aggiudica l'incontro senza bisogno di disputare il secondo tempo supplementare;

Queste modifiche regolamentari sono state abolite nel 2004.

Degne di nota sono anche le varianti che riguardano il numero dei giocatori schierati, in numero di 7 (calcio a sette) o di 8 (calciotto) in voga tra i giovani e dilettanti, ma soprattutto in numero di 5 (calcio a cinque, comunemente detto calcetto) nella forma che è attualmente tra le più popolari e seguite fra le varianti emergenti.

Da quando il calcio è nato a oggi sono state introdotte anche le seguenti novità:

   * l'introduzione della possibilità per l'allenatore di sostituire giocatori a partita in corso non più necessariamente in presenza di infortunii, ma anche per semplice scelta tattica o tecnica. Inizialmente a ogni squadra erano concesse al massimo due sostituzioni per incontro, a prescindere dal motivo (tre in coppa Italia). Il numero è stato esteso poi a tre negli anni novanta, per tutte le competizioni (nazionali, internazionali, per club e per nazioni);
   * l'aumento da due a tre punti del premio per la vittoria, introdotto nel campionato italiano a partire dalla stagione 1994-1995, sulla scia di quanto avveniva da sempre nel campionato inglese;
   * l'introduzione di regole finalizzate ad arginare le perdite di tempo, considerate poco sportive. La più conosciuta è quella che prevede l'obbligo del portiere di rinunciare all'uso delle mani nel momento in cui riceve un passaggio di piede da un suo compagno di squadra.

Il calcio si gioca a livello professionistico in tutto il mondo. Milioni di persone vanno regolarmente allo stadio per seguire la propria squadra del cuore, e molte altre guardano le partite in televisione. C'è anche un elevatissimo numero di persone che gioca al calcio a livello amatoriale. Non c'è dubbio che la popolarità di questo sport continui a crescere continuamente. In Africa, Asia e Stati Uniti l'interesse sta crescendo sempre più negli ultimi anni. Non a caso, nel 2010 il Sudafrica ha ospitato la manifestazione più importante del calcio: i Mondiali di calcio.

La patria del calcio moderno è l'Inghilterra, e in particolare, i college britannici, nei quali ci si ispirò al calcio fiorentino che veniva praticato a Firenze, nel periodo medievale. Nasce come sport d'élite: erano i giovani delle scuole più ricche e delle università a giocare al football. Le classi erano sempre composte da dieci alunni, e a questi si aggiungeva il maestro che giocava sempre insieme a loro. Ecco spiegato perché si gioca in undici. Il capitano di una squadra di calcio è una sorta di discendente del maestro della public school. Il portiere: ultimo baluardo a difesa della porta

Nel 1848, all'Università di Cambridge, H. de Winton e J.C. Thring, proposero, e ottennero, di fare una riunione con altri dodici rappresentanti di Eton, Harrow, Rugby, Winchester e Shrewsbury. L'incontro durò otto ore e produsse un importante risultato: vennero infatti stilate le prime basilari regole del calcio.

Queste regole posero fine al dubbio che riguardava la parte del corpo con la quale colpire la palla: con le mani, con i piedi o entrambi indifferentemente? Le cosiddette regole di Cambridge favorivano chiaramente il gioco con i piedi e permettevano il gioco con le mani solo nel momento in cui era necessario catturare un pallone chiaramente indirizzato in porta, come su un calcio di punizione diretto.

Queste regole furono adottate da tutti eccetto che dalla scuola di rugby, i cui rappresentanti erano chiaramente a favore di un gioco più fisico e che consentisse di toccare il pallone anche con le mani. Si produsse così lo scisma che portò alla nascita del rugby, sport che prende il nome dalla scuola che l'ha sviluppato.

Il 24 ottobre 1857 a Sheffield, Nathaniel Creswick fondò la prima squadra di calcio della storia: lo Sheffield FC. Ma il contributo di Creswick al gioco del calcio non si fermò qui, infatti insieme a William Prest scrisse le Sheffield Rules che si andavano ad aggiungere a quelle precedenti e introducevano regole importanti nel gioco come la durata della partita e la divisione di questa in due tempi.

La città di Sheffield può essere considerata a tutti gli effetti la madre del calcio moderno, infatti dopo la fondazione del primo club, nella cittadina inglese si giocò la prima competizione di calcio della storia: la Youdan Cup vinta dall'Hallam FC, il secondo club della storia.

Il 26 ottobre 1863 a Londra venne fondata la Football Association, prima federazione calcistica nazionale, nel 1886 le Federazioni britanniche diedero origine all'International Football Association Board, con il compito di sovraintendere al regolamento, e infine nel 1888 si tenne il primo campionato inglese, secondo la formula tuttora in vigore.

Il calcio intanto si espandeva a macchia d'olio: in Inghilterra ben presto divenne lo sport per eccellenza della classe lavoratrice e non solo delle élite. Questo nuovo gioco, divertente, semplice e stancante era l'ideale per sfogarsi dopo una settimana lavorativa.

Dall'Inghilterra il calcio venne esportato in tutta Europa per opera di emigrati di ritorno dall'Inghilterra stessa e che furono tra i primi a conoscere il football, o su iniziativa degli stessi inglesi che si trovavano all'estero.

In Sudamerica, i marinai inglesi preferivano giocare a calcio tra di loro lasciando da parte la gente del posto. Ma rimanere fuori a guardare si rivelò decisivo: ben presto, brasiliani e uruguaiani diventarono ben più abili dei maestri nel praticare il calcio.

Il fenomeno ormai era di dimensioni intercontinentali, ed era necessario adattare le istituzioni calcistiche e chiarire in maniera più dettagliata le regole. In questi anni infatti, erano svariate le interpretazioni del gioco.

Finalmente, anche a questo scopo, nel 1904 si costituì la Fédération Internationale de Football Association (FIFA), cui si affiliarono le varie Federazioni nazionali.

Le origini del calcio in Italia [modifica]

Per approfondire, vedi la voce Calcio in Italia (origini).

Nascita della FIFA e regole del calcio [modifica]

Per approfondire, vedi la voce Regole del calcio.

Il campo di gioco [modifica]

Per approfondire, vedi la voce Campo da calcio.

L'arbitro [modifica] Ampliare le prospettive!

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Per ogni gara ufficiale viene designato un arbitro dal competente organo tecnico dell'Associazione Italiana Arbitri (AIA). L'arbitro rappresenta la Federazione e a esso sono conferiti tutti i poteri per vigilare sul rispetto delle regole del gioco.

A seconda della gara, l'arbitro può godere della collaborazione di due assistenti che presidiano le linee laterali, e in alcune categorie viene designato anche un quarto ufficiale di gara, che, a seconda del regolamento della competizione, è titolato a sostituire uno degli altri ufficiali di gara qualora essi non siano in grado di svolgere le loro funzioni.

Nel nostro paese, l'arbitro, prima di accedere a tale qualifica, deve effettuare un lungo corso, gratuito, presso una sezione AIA, durante il quale egli acquisisce una perfetta conoscenza e padronanza delle regole del calcio, e al termine del corso deve sostenere un esame di qualificazione.

All'arbitro spettano tutte le decisioni tecniche e disciplinari legate allo svolgimento di una gara. Egli inizia a esercitare la sua autorità disciplinare dal momento in cui raggiunge l'impianto sportivo finché non lo abbandona al termine della gara, mentre invece la sua autorità tecnica vige per tutta la durata della gara.

L'arbitro vigila sul rispetto delle regole del gioco, e quando ravvisa una infrazione delle stesse, è suo dovere infliggere la sanzione tecnica prescritta e anche quella disciplinare, se prevista. Tutte le sue decisioni dovute a fatti di gioco sono inappellabili e spettano a lui e solo a lui, anche se egli ha facoltà di avvalersi del giudizio dei suoi assistenti ufficiali.

È nei poteri dell'arbitro comandare calci di punizione o di rigore, ammonire o espellere calciatori, allontanare dirigenti, interrompere o sospendere definitivamente la gara. Un calcio di punizione viene effettuato dopo che l'arbitro ha fischiato un'infrazione in una qualsiasi posizione all'interno del rettangolo di gioco tranne che nelle aree, da un qualsiasi giocatore della squadra che ha subito il fallo.

I calci di punizione sono regolamentati alla regola 13 del regolamento del gioco del calcio. Su calcio di punizione diretto può essere segnata una rete direttamente nella porta avversaria. La barriera (facoltativa chiesta dalla squadra battente) difensiva e tutti i calciatori avversari devono stare almeno a 9,15 metri dal pallone.

Nel calcio di punizione indiretto, a differenza di quello diretto, il pallone, prima di entrare in porta, deve essere toccato da un altro calciatore[1] e deve muoversi. In caso contrario il gol non è valido e il gioco riprende con un calcio di rinvio per l'altra squadra.

Ci sono vari modi di calciare una punizione: il più classico è colpire la palla con il collo interno del piede, direzionandola sopra la barriera; calciando in questo modo il pallone può assumere una particolare traiettoria, che nel gergo calcistico è definita "effetto a rientrare". Tipico dei giocatori dotati di grande forza è invece colpire la palla con le cosiddette "tre dita" più esterne del piede, in modo tale da dare alla palla contemporaneamente forza ed effetto. Un altro modo per calciare le punizioni, specialmente quelle indirette, è farsi toccare la palla e, dopo una lunga rincorsa, colpirla con il collo del piede, cosicché essa vada dritta raggiungendo una velocità notevole. Un calcio d'angolo si batte quando la palla, dopo essere stata toccata da un giocatore in difesa, oltrepassa la linea di porta (la linea di porta non è solo quella compresa tra i pali, bensì quella che congiunge le due bandierine del lato più piccolo del terreno di gioco) dalla parte della porta della squadra che difende. Nel calcio d'angolo può segnare anche colui che batte il calcio piazzato. Il calcio di rigore nel gioco del calcio è un tiro libero da undici metri di distanza dal centro della linea di porta. Viene assegnato contro la squadra che commette, nella propria area di rigore e con il pallone in gioco, uno dei falli punibili con un calcio di punizione diretto. Nel caso dei giocatori entrassero in area mentre il rigorista sta per tirare, il rigore deve essere ripetuto. Se l'infrazione riscontrata è punibile con un calcio di punizione indiretto, viene sanzionata con un normale calcio di punizione, cioè battuto dal punto esatto del fallo e con i giocatori liberamente in area. Un giocatore si dice in posizione di fuorigioco quando - al momento in cui un compagno gioca il pallone - egli si trova più vicino del pallone stesso alla linea di porta avversaria, eccezione fatta se tra lui e la linea di porta vi siano almeno due avversari. In termini pratici, tale eccezione alla regola si traduce nel fatto che, essendo il portiere avversario in genere il giocatore in campo più vicino alla linea di porta avversaria, l'essere in fuorigioco si traduce spesso nell'essere al di là dell'ultimo difensore. L'attaccante blu sulla sinistra è in posizione di fuorigioco, perché si trova al di là della palla e dell'ultimo difensore (indicato dalla linea tratteggiata). Se il destinatario della palla è lui, scatta anche l'infrazione di fuorigioco.

Lo stazionare in posizione di fuorigioco non costituisce in sé un'infrazione. La posizione di fuorigioco di un giocatore viene punita solo nel momento in cui un compagno di squadra esegue un passaggio (anche in maniera fortuita) verso l'uomo in fuorigioco e questo entra in contatto con il pallone, oppure, pur non essendo il destinatario, influenza un avversario o trae vantaggio dalla propria posizione. In passato il regolamento era meno permissivo e puniva il fuorigioco indipendentemente dall'uomo al quale fosse diretto il passaggio, salvo prevedere in alcuni casi il fuorigioco passivo o non punibile.

A parte la citata eccezione dei due avversari, altre eccezioni sono:

   * il giocatore che si trova nella propria metà del terreno di gioco non si trova in alcun caso in posizione di fuorigioco.
   * il giocatore che riceve direttamente il pallone su calcio di rinvio, su rimessa laterale o su calcio d'angolo non commette infrazione di fuorigioco.

La valutazione della esatta posizione degli uomini in campo e di quale parte del corpo debba essere presa in considerazione per determinarla è stato oggetto di diverse discussioni. Attualmente le disposizioni prevedono che una qualsiasi parte del corpo, con l'eccezione delle braccia e delle mani, che si trovi oltre la linea immaginaria costituita dal penultimo giocatore sia sufficiente a far considerare un giocatore in posizione di fuorigioco (non occorre più che passi la famosa "luce" fra i due corpi, come prevedeva la regola in uso nella stagione calcistica 2004/2005). È da osservare altresì la difficoltà per un essere umano nell'applicazione di queste ultime disposizioni, e come spesso esse trovino spazio di dibattito solamente di fronte a riprese televisive rallentate. Il fuorigioco fu codificato nel 1863 al momento della stesura del primo regolamento ufficiale della storia del calcio. Inizialmente si prevedeva che fra il giocatore che riceveva un passaggio e la porta avversaria vi fossero perlomeno 4 giocatori (cioè tre difensori e il portiere). L'origine della regola sta nel fatto che si voleva evitare che uno o più attaccanti attaccassero da tergo il difensore che giocava la palla. Nel 1866 il fuorigioco passò da 4 a 3 uomini e dal 1907 si iniziò a sanzionare questa infrazione solo se il giocatore si trovava nella metà campo avversaria. Ancor oggi un giocatore non può essere considerato in fuorigioco se è nella propria metà campo.

La modifica che più ha influenzato la storia del calcio è senz'altro quella del 1926, con la quale si passò dal fuorigioco a 3 a quello a 2 giocatori. Questa variazione, volta ad aumentare la spettacolarità del gioco, sortì gli effetti desiderati e il numero di reti aumentò decisamente. Questa rivoluzione regolamentare ne determinò un'altra dal punto di vista tattico: l'esigenza di rafforzare la difesa spinse Herbert Chapman, allenatore dell'Arsenal, a inventare un nuovo modulo di gioco che gli permise di guidare la squadra londinese a vincere due titoli nazionali. Il WM (o Chapman system), come venne battezzato, andò a sostituire la piramide (tattica sino ad allora universalmente diffusa) e ben presto sopravanzò anche il W, diffusi nello stesso periodo in Italia e Austria per opera degli allenatori Vittorio Pozzo e Hugo Meisl. La più geniale trovata del sistema sta nell'arretramento del centromediano, che perdeva i suoi compiti di rilancio dell'azione, a marcare il centravanti avversario, per controbilanciare lo svantaggio numerico in fase difensiva. Il termine gol, derivato dall'inglese goal (che significa "scopo, fine, meta, oggetto"), è utilizzato in ambito sportivo soprattutto nel calcio (dove è spesso sostituito dal termine rete), ma anche nell'hockey, nel rugby (dove si sente più sovente parlare di meta), nella pallamano, nel football americano (dove equivale al touch-down) e in altre discipline per indicare la segnatura di uno o più punti a proprio favore; ad esempio il drop goal nel rugby vale tre punti e il field goal nella pallacanestro vale due o tre punti a seconda della distanza da cui il tiro viene effettuato (cioè al di qua o al di là della linea da tre punti).

In linguaggio calcistico il gol (più raramente il punto) si verifica quando il pallone varca completamente la linea di porta passando tra i pali e sotto la traversa, come specificato nella regola numero 10 del regolamento del calcio. Il raggiungimento di questo obbiettivo personale crea una notevole soddisfazione nel giocatore, che sarà certamente più motivato nel prosieguo della partita.

Quando il giocatore di una squadra segna, per errore o caso, un gol nella propria porta, a favore della squadra avversaria, si dice che ha fatto autogol (o autorete).

La parola gol è in uso soprattutto nei paesi di lingua neolatina come l'Italia, la Spagna, il Portogallo e tutti i paesi dell'America Latina; da esso derivano alcuni termini tipici del linguaggio calcistico come goleador (giocatore che segna molti gol) e goleiro (portiere, in portoghese, che diventa goal-keeper nella lingua inglese).

La diffusione planetaria del gioco del calcio ha diffuso tuttavia questo termine in moltissime lingue. Da notare che nei paesi francofoni, si usa invece "but", con lo stesso significato di "scopo, fine" da cui è derivato il termine inglese. Il golden gol (ing. golden goal, gol d'oro) era la prima rete messa a segno durante i tempi supplementari di una partita di calcio, quella che, secondo la regola omonima, pone fine all'incontro e assegna la vittoria alla squadra che l'ha realizzata. La regola del golden gol, introdotta a livello internazionale nel 1996, è stata abolita da tutte le competizioni ufficiali nel 2004.

Il metodo del golden gol era utilizzato per decidere il risultato della partita negli incontri a eliminazione che terminavano in parità al termine dei 90 minuti di gioco regolamentari. L'idea venne resa pubblica per la prima volta in una lettera apparsa sul quotidiano londinese The Times il 16 aprile 1992. Al termine del tempo regolamentare, si giocano due tempi supplementari di 15 minuti ciascuno. Se una delle due squadre segna una rete durante i supplementari, quella squadra vince la partita, che termina all'istante. Il gol vincente è chiamato golden goal.

Se non ci sono segnature al termine dei supplementari, il risultato viene deciso ai tiri di rigore.

Inizialmente questo metodo era chiamato in modo informale anche sudden death o morte improvvisa, secondo la terminologia già in uso in altri sport come l'hockey su ghiaccio e il football americano, che ricorrono a metodi simili in caso di parità. Questa espressione fu però bocciata dalla FIFA, perché veniva percepita in modo negativo. "Golden goal" è il termine ufficialmente adottato dalla FIFA con l'introduzione della nuova regola, la cui applicazione non era obbligatoria, ma era lasciata alla discrezione degli organizzatori delle singole competizioni calcistiche.

Il golden gol è stato applicato per la prima volta in un torneo internazionale in occasione della fase finale dei campionati europei di calcio under 21 nel 1994, quando l'Italia batté in finale il Portogallo con rete di Pierluigi Orlandini nei tempi supplementari, aggiudicandosi il campionato europeo di categoria. A livello di nazionali maggiori, la prima manifestazione internazionale in cui venne applicata la regola del golden gol fu il Campionato europeo del 1996 in Inghilterra. La finale del torneo tra Germania e Repubblica Ceca fu la prima partita decisa da un golden gol, ad opera del centravanti tedesco Oliver Bierhoff. Anche la finale del mondiale femminile under 19 del 2002 fu decisa da un golden goal, che diede la vittoria alla nazionale USA ai danni delle padrone di casa del Canada. La Nazionale italiana in particolare ha subito due sconfitte al golden goal: all'Europeo 2000 per opera della Francia (2-1, gol di David Trezeguet), e al Mondiale 2002 per opera della Corea del Sud (2-1, gol di Ahn Jung-Hwan). Nel 2001, la finale di Coppa UEFA tra Liverpool e Alavés fu decisa da un'autorete spagnola che regalò la vittoria agli inglesi per 5-4.

La regola del golden gol fu introdotta per stimolare il gioco offensivo, e ridurre il ricorso ai calci di rigore. Tuttavia era opinione diffusa che la nuova regola ottenesse l'effetto contrario, perché sempre più squadre decidevano di adottare un gioco molto difensivo per evitare di subire gol. L'unica eccezione degna di nota fu l'incontro tra Inghilterra e Germania agli Europei del 1996. Si pensava anche che la regola mettesse una pressione eccessiva sull'arbitro.

Nel 2002 la UEFA introdusse una nuova regola, chiamata silver gol ("gol d'argento"), per gli incontri che richiedevano tempi supplementari per decidere il risultato. Se veniva segnato un goal, la partita non terminava immediatamente, bensì continuava fino alla fine di quel tempo supplementare, dopodiché se una delle due squadre era in vantaggio, la partita finiva, altrimenti si continuava con il secondo tempo supplementare ed eventualmente con i rigori. Spettava agli organizzatori delle singole competizioni calcistiche scegliere se adottare il golden goal, il silver, o nessuna delle due regole.

Nel febbraio 2004 la International Football Association Board (IFAB) ha abolito sia il golden goal sia il silver goal, che sono stati eliminati dai regolamenti del calcio dopo i campionati europei del 2004 in Portogallo.

Nella storia, a dire il vero, era stata applicata in alcune edizioni della FA Cup nel primo dopoguerra una sorta di regola golden goal, che però non portava ai rigori. Infatti ai tempi supplementari una squadra avrebbe vinto quando veniva segnato il primo gol, ma si giocava a oltranza. In un incontro una rete fu realizzata dopo 202 minuti di gioco, mentre un altro incontro terminò una volta trascorso il 500° minuto di gioco (otto ore di gioco) per oscurità.[senza fonte]

Partite decise al Golden gol:

   * Bandiera della Germania Germania - Bandiera della Repubblica Ceca Repubblica Ceca 2-1 (Finale, interrotta al minuto 95)
       * Bandiera del Giappone Giappone - Bandiera dell'Iran Iran 3-2 (15 novembre 1997, spareggio qualificazioni asiatiche, interrotta al minuto 105)
   * Bandiera della Francia Francia - Bandiera del Paraguay Paraguay 1-0 (Ottavi di Finale, interrotta al minuto 113)
Europeo 2000 [modifica]
   * Bandiera della Francia Francia - Bandiera del Portogallo Portogallo 2-1 (Semifinale, interrotta al minuto 117)
   * Bandiera della Francia Francia - Bandiera dell'Italia Italia 2-1 (Finale, interrotta al minuto 103)
Coppa UEFA 2000-2001 [modifica]
   * Liverpool - Alaves 5-4 (Finale, interrotta al minuto 117)
Mondiali 2002 [modifica]
   * Bandiera della Svezia Svezia - Bandiera del Senegal Senegal 1-2 (Ottavi di Finale, interrotta al minuto 104)
   * Bandiera della Corea del Sud Corea del Sud - Bandiera dell'Italia Italia 2-1 (Ottavi di Finale, interrotta al minuto 117)
   * Bandiera della Turchia Turchia - Bandiera del Senegal Senegal 1-0 (Quarti di Finale, interrotta al minuto 97)

Il silver gol (dall'inglese, "gol d'argento") era il nome con cui la UEFA indicava l'ultima rete messa a segno durante i tempi supplementari di una partita di calcio, prima dell'interruzione del match alla fine del primo tempo supplementare in cui lo stesso silver gol era stato segnato.

Era un metodo ideato dalla UEFA per risolvere più rapidamente le partite di calcio a eliminazione diretta che si sono concluse in parità durante i tempi regolamentari. Introdotto nel 2002 come evoluzione del golden gol, fu abolito nel 2004.

La formula del silver gol prevedeva che qualora una delle due squadre contendenti riuscisse a chiudere il primo tempo supplementare in vantaggio, si sarebbe aggiudicata direttamente la vittoria senza bisogno di disputare, ulteriormente, anche il secondo tempo supplementare. L'introduzione del silver gol era stata proposta nel 2002 come metodo alternativo al golden gol, introdotto già dal 1996, sebbene giudicato un insuccesso dalla critica.

L'unico caso di silver gol fu la vittoria nella semifinale dei Campionati Europei 2004 disputati in Portogallo, dove la Grecia riuscì a imporsi per 1-0 sulla Repubblica Ceca proprio allo scadere del primo tempo supplementare grazie a un colpo di testa del difensore centrale Traianos Dellas. In quell'occasione non si disputò il secondo tempo supplementare.

Da allora il silver gol, oggetto di numerose critiche, non è stato usato più in competizioni ufficiali della FIFA e si è tornati ai tradizionali due tempi supplementari da 15 minuti.

Nel febbraio 2004 la International Football Association Board (IFAB) ha abolito sia il golden goal sia il silver goal, che sono stati eliminati dai regolamenti del calcio dopo i campionati europei del 2004 in Portogallo.

Partite decise con il silver gol [modifica]

Europeo 2004 [modifica]

   * Bandiera della Repubblica Ceca Repubblica Ceca - Bandiera della Grecia Grecia 0-1 (Semifinale, interrotta al 105° minuto)

L'antico Giappone col kemari e l'antica Cina con il tsu-chu vantano i più remoti precedenti del gioco del calcio (le tradizioni locali parlano di un mi­gliaio di anni prima di Cristo, ma altre fonti collocano il tsu-chu molto più in­dietro, attorno al 2600 a.C.). Comune ai due sport era l'uso dei piedi, la presenza di una "porta" rudimentale (de­finita da due alberi o aste di bambù) e l'utilizzo di una palla. Il termine chu indica infatti una palla di cuoio realizzata con la vescica di animale gonfiata, oppure riempita da capelli femminili. Nel Cinquecento c. a.C. il tsu-chu faceva parte dei programmi di addestramento militare dell'esercito ed era pertanto finalizzato, come molti al­tri esercizi, all'efficienza fisica dei soldati. Storia del calcio Il gioco del calcio, così come lo conosciamo, è però ufficialmente nato in Inghilterra con la nascita della Football Association, il 26 ottobre 1863. È proprio in questa data che nasce il calcio moderno. Da qui il calcio assume una sua ben distinta fisionomia, distinguendosi dal rugby (anche se la separazione tra i due sport non fu subito così radicale), soprattutto per quel che concerne l'uso delle mani. Il 26 ottobre del 1863 l'elaborazione plurisecolare del gioco si fissa in un atto ufficiale: undici dirigenti di club e scuole londinesi, riuniti nella Free Masons Tavern sulla Great Queen Street, fondano la Football Association. Fin dalla sua nascita, il calcio ebbe un grande successo, sia per la semplicità delle regole, sia per il dinamismo insito nel gioco stesso. Un altro passo importante verso il professionismo fu compiuto nel 1897, quando venne istituita a Londra la prima associazione di giocatori britannici, che si sarebbe trasformata poi nella potente PFA (Professional footballer's association). Con la nascita della federazione inglese, furono stabilite una serie di regole con lo scopo di mettere ordine e portare lealtà tra i giocatori. Per impedire che alcuni giocatori stazionassero lontano dalla palla, fu introdotta la regola del “fuorigioco” che risulterà determinante per l'evoluzione del gioco: erano in posizione irregolare tutti coloro che si trovavano davanti alla linea della palla in tutto il campo. Nel 1886 questa regola fu modificata ulteriormente: il giocatore si trovava in posizione regolare, quando aveva almeno tre giocatori tra lui e la porta avversaria su tutto il campo. Questa modifica venne attuata poiché notificò la nascita della tattica calcistica, primo tentativo di organizzazione di un gioco di squadra per sfruttare il movimento degli attaccanti. Infatti, L'introduzione di questa regola portò alla nascita di vari “sistemi” di gioco, caratterizzati dalla disposizione dei giocatori sul campo e dai compiti a loro assegnati. I primi schieramenti (1866), con l'introduzione del portiere, erano 1 – 10 o 1-1-9; in seguito, nel 1980, il Nottingham Forest varò il famoso sistema piramidale: 1 – 2 – 3 – 5. Nel 1871 fu concesso per la prima volta al portiere di prendere la palla con le mani. Ma già dal 1862, data di separazione del calcio dal rugby, nessun giocatore poteva toccare la palla con le mani, se non per riprendere il gioco a partire dalla rimessa laterale. Nel 1875 furono definite le misure delle porte: 7,32 metri di larghezza e 2,44 metri d'altezza e successivamente furono definiti anche il peso e dimensioni del pallone: esso doveva essere di cuoio (o altro materiale approvato), con una circonferenza massima di 70 cm e minima di 68; il peso massimo era di 450 grammi (il minimo di 410). La pressione all'interno del pallone doveva essere compresa tra le 0,6 e le 1,1 atmosfere. Sempre nello stesso periodo si stabilirono le dimensioni del campo: la lunghezza minima era fissata in 90 metri, quella massima in 120; la larghezza minima era di 45 metri, la massima di 90. Furono comunque molte le regole attuate in questo periodo in Inghilterra, anche se in tutta Europa prendeva piede un gioco del calcio diverso a seconda del paese di origine. Nel 1904, grazie ai rappresentanti di sette diverse Associazioni nazionali (Francia, Belgio, Olanda, Svizzera, Danimarca, Svezia e Spagna), nasce a Parigi la FIFA “Fédération Internationale de Football Association”, cioè la più importante lega calcistica esistente al mondo. Con la costituzione di questa federazione si voleva rendere unico il calcio, attraverso lo stesso regolamento. La stessa F.I.F.A. diventa l'unico ente in grado di modificare le regole di gioco, dando notevole credibilità e impulso alla crescita del calcio. Dalla data di nascita della FIFA, fu possibile organizzare partite tra squadre e rappresentative di Nazioni diverse. Si giocarono da prima solo partite amichevoli, poi competizioni di grande interesse, con pubblico e sponsor a seguire, giungendo agli attuali campionati Mondiali, che si giocano ogni quattro anni. Attualmente la FIFA ha in ogni continente una diversa appendice che regola i campionati continentali per Nazioni e per club. Per l'Europa, l'organizzazione con sede a Nyon in Svizzera è l'U.E.F.A. In Italia il calcio viene gestito dalla F.I.G.C. (federazione italiana gioco calcio), la cui sede centrale si trova a Roma. Nel 1907, per evitare l'azione ostruzionistica determinata dal sistematico avanzamento dei difensori, viene apportata un'ulteriore modifica alla regola del fuorigioco. Tale cambiamento, con l'introduzione del passaggio in profondità e l'inizio delle triangolazioni tra i vari reparti, porta ad un maggiore respiro del gioco offensivo. Nel 1925, su proposta della Federazione Scozzese, l'International Board, si porta da 3 a 2 il numero di giocatori utili per far scattare la regola del fuorigioco. Il vantaggio in fase offensiva porta alla nascita di nuovi sistemi di gioco, tra i quali, il più famoso è il W M. Altri sistemi famosi sono stati l' 1 – 3 – 2 – 3 – 2 della grande Ungheria di Puskas e l' 1 – 4 – 2 – 4 delle nazionali sudamericane, soprattutto quella del Brasile dei fratelli Santos, Garrincha e Pelé, che vinse i Campionati Mondiali nel 1958 e dominò anche negli anni successivi. Il prevalere delle difese e la regola del fuorigioco, hanno portato al miglioramento tecnico-tattico dell'attacco e della difesa. Il sistema WM è stato messo in crisi dall'introduzione dei due attaccanti fissi: per rinforzare la difesa è stato modificato l'assetto difensivo del VM attraverso un sistema di gioco che affidava al “libero” il compito di coprire i suoi compagni di difesa in difficoltà. Nel 1963 Helenio Herrera schierava con la maglia numero 6 il libero, mentre gli altri difensori marcavano a uomo, con il solo terzino che poteva spingere in attacco per concludere a rete. Negli anni settanta ci fu l'avvento del cosiddetto “calcio totale” della Nazionale olandese: non esistevano più limiti agli spostamenti dei calciatori e attraverso l'interscambialità dei ruoli ogni giocatore poteva inserirsi negli spazi vuoti. Spettacolare era l'applicazione della tattica del fuorigioco adottata dagli arancioni nel corso del torneo. Questa tattica finiva con lo stroncare sul nascere gran parte delle azioni offensive della squadra avversaria: con rapidità e sincronismo note­voli, i difensori olandesi scattavano improvvisamente, convergendo verso l'avversa­rio in possesso di palla; il malcapitato di turno cercava allora di liberarsi della sfera, servendola in avanti verso i propri compagni, che però venivano a trovarsi macro­scopicamente in posizione irregolare. Quando questa tattica non funzionava alla perfezione, venivano alla luce le doti di velocità e la scelta di tempo di Jongbloed, por­tiere non certo irresistibile tra i pali, ma sempre prontissimo ad abbandonare la propria area di rigore per trasformarsi in un perfetto libero, sbrogliando così situa­zioni pericolose per la sua porta. L' innovazione del calcio totale ha portato alla nascita della difesa a “zona”, ma questa è storia dei nostri giorni. Le squadre giovanili giocano a seconda della categoria di appartenenza, attraverso tempi di gioco, dimensioni di campo e porte variabili. Le categorie giovanili possono essere suddivise in primi calci, pulcini, esordienti, giovanissimi, allievi, juniores e primavera. Calcio giovani La prima categoria considerata agonistica è quella dei giovanissimi, seguita da allievi, juniores (o beretti) e primavera. Tutte le categorie sono definite secondo l'età anagrafica dei bambini e durano due anni ciascuna. All'interno della stessa categoria, possono esserci due sottocategorie, come accade per gli esordienti: sperimentale (la squadra composta dai bambini più giovani) e non sperimentale (quella composta dai bambini più vecchi). La definizione delle diverse categorie e dei diversi regolamenti a seconda delle fasce d'età, è conseguenza della diversa esigenza dei ragazzi e delle diverse finalità da parte del preparatore atletico. A tale proposito si definiscono le tappe dell'apprendimento calcistico, per dare la possibilità di organizzare un progetto di crescita quanto più razionale possibile per l'allievo.

La categoria “primi calci o piccoli amici” è riservata ai bambini che vanno dai sei agli otto anni d'età. Le partite vengono giocate su campi di dimensioni ridotte (35 x 25 metri), con porte di dimensioni adeguate all'età. I palloni devono essere più leggeri di quelli usati dagli adulti e il numero dei giocatori per squadra non deve superare le cinque unità. I tempi di gioco possono essere 2 da 15 minuti, o tre da 10 minuti ciascuno, nei quali tutti i bambini devono giocare per dare la possibilità a ognuno di toccare più volte la palla nel corso di tutta la partita, rendendo così i ragazzi più partecipi al gioco.

La categoria “pulcini” è riservata ai bambini di età compresa tra gli otto e i dieci anni. Le gare si disputano tra sette giocatori su di un campo ridotto, con porte di dimensioni 4 x 2 metri e palloni identificati con il numero 4. La partita viene suddivisa in tre tempi da 15 minuti e tutti i bambini devono giocare obbligatoriamente un tempo.

La categoria “esordienti” è riservata ai bambini di età compresa tra i dieci e i dodici anni. Il campo da gioco dovrebbe essere leggermente ridotto nelle dimensioni rispetto a quello degli adulti e i giocatori devono essere undici per squadra. Il pallone rimane il numero 4 e i tempi di gioco sono tre da 18 minuti ciascuno. In questa categorie le squadre possono essere formate da soli giocatori di sesso maschile, o sesso femminile.

La categoria “giovanissimi” è riservata ai ragazzi con età compresa tra i dodici e i quattordici anni. Si gioca su di un campo di dimensioni normali e con il pallone numero 5. I tempi della partita sono due da 30 minuti cadauno e le sostituzioni possono essere effettuate da tutti i componenti della panchina, senza limiti. Una volta uscito dal campo, il giocatore non può più rientrarvi fino al termine della gara. Nella categoria giovanissimi le ragazze possono giocare solo su autorizzazione del Settore Giovanile e Scolastico competente. Dalle categorie superiori, le ragazze, giocano campionati e tornei a loro riservati, con limiti di età differenti rispetto al settore giovanile maschile. La federazione stila le classifiche dei campionati, con la possibilità di eventuali “promozioni” o “retrocessioni” per la società: la categoria può essere provinciale, regionale o nazionale.

La categoria “allievi” è riservata ai ragazzi tra i quattordici e i sedici anni di età. I tempi di gioco sono di 35 o 40 minuti, a seconda dei campionato: provinciale, regionale o nazionale.

La categoria “juniores” o “beretti” (solo le squadre professionistiche possono partecipare al campionato beretti) è riservata ai ragazzi fino ai diciotto anni d'età. I tempi sono da 45 minuti ciascuno e il numero di sostituzioni è di tre giocatori per tutto l'arco della partita.

L'ultima squadra del settore giovanile è la “primavera”, ove il limite di età è di vent'anni, ma può partecipare anche un giocatore della prima squadra (fuori quota) che deve recuperare da infortuni o ritrovare il ritmo gara. La prima tappa di apprendimento calcistico inizia solo intorno ai 5/6 anni, cioè quando il futuro calciatore viene accompagnato in una delle tante scuole di calcio presenti nel territorio. Apprendimento calcistico Per far apprendere la disciplina sportiva nel miglior modo possibile (cioè in modo stimolante e divertente) è necessario assecondare le esigenze del bambino e agire a seconda dell'età e del grado di maturazione psico-fisica del soggetto. A partire dalle linee guida sulle caratteristiche delle attività che l'allenatore può svolgere, è necessario realizzare un programma di allenamento che porti al raggiungimento degli scopi prefissati. Gli obiettivi devono essere perseguiti dai ragazzi sulla base dei pre-requisiti iniziali. Considerando che i ragazzi vengono agli allenamenti con l'aspettativa di giocare il più possibile con il pallone e che tutti i bambini vengono al campo con l'idea di divertirsi, dobbiamo impostare il nostro lavoro tenendo conto che non possiamo prescindere dal gioco.

Di seguito vengono elencate le caratteristiche dei soggetti (sviluppo fisico, motorio, cognitivo, capacità condizionali, ecc.) e gli obiettivi educativi e didattici da perseguire.

“PRIMI CALCI O PICCOLI AMICI” – Caratteristiche dei soggetti Durante questa fascia d'età i bambini presentano difficoltà di collaborazione e attenzione, non capiscono bene le spiegazioni astratte e sono fortemente egocentrici. Il bambino risulta essere piuttosto gracile, ma con un' adeguata coordinazione generale. L'organizzazione spazio temporale è difficoltosa e i movimenti poco economici e poco produttivi. Dal punto di vista condizionale, la forza presenta dei limiti. Dal punto di vista motorio, invece, il bambino si trova in un momento di transizione dal gioco spontaneo e imitativo a quello di collaborazione. Intorno ai sette-otto anni, il bambino inizia a superare la costruzione cognitiva che parte dal proprio corpo per conquistare lo spazio circostante, attraverso punti di riferimento al di fuori di se stesso.

“PRIMI CALCI O PICCOLI AMICI” - Obiettivi educativi: socializzare; vincere la paura del contatto con il suolo e l'avversario;promuovere l'iniziativa individuale;ricercare l'ordine, la puntualità e la custodia del materiale; conoscere e rispettare le regole;organizzare un progetto individuale tenendo conto dello spazio e del tempo. Dal punto di vista motorio dobbiamo lavorare su: schemi motori di base, schema corporeo, lateralizzazione, capacità percettive, capacità coordinative (reazione, combinazione, equilibrio statico, dinamico e monopodalico; differenziazione, orientamento spazio-temporale e oculo-manuale) e capacità condizionali (soprattutto rapidità e mobilità articolare).

“PRIMI CALCI O PICCOLI AMICI” - Obiettivi didattici: non giocare con le mani, non spingere, non trattenere e dare calci all'avversario, attaccare e fare gol nella porta avversaria, difendere la propria porta. Condotte motorie primarie: guidare la palla, fermare la palla, calciare la palla, muoversi per partecipare al gioco.

Alla fine della prima tappa di apprendimento calcistico il bambino dovrà quindi essere in grado di: fermare la palla, avanzare con la palla, muoversi senza palla e calciare la palla. PULCINI

Durante questa fascia d'età, si comincia ad assistere a un progressivo ed equilibrato sviluppo fisico del bambino. Dal punto di vista motorio, vi è un maggior controllo volontario del corpo e una buona coordinazione. Acquista sempre più importanza il gruppo e l'allenatore assume un ruolo centrale nella vita del bambino. Sono da evidenziare lo sviluppo delle capacità di associare la causa all'effetto e il realismo tecnico-tattico e critico. Gli obiettivi da perseguire durante quest'età sono: socializzazione, vincere la paura del contatto con il suolo e l'avversario, stimolare l'iniziativa individuale, conoscere e rispettare le regole di gioco, organizzare un progetto di tipo individuale tenendo ben presente dello spazio e del tempo, migliorare gli schemi motori di base e le capacità senso-percettive, aumentare le capacità di reazione, differenziazione, ritmo, equilibrio e organizzazione spazio-temporale; migliorare la mobilità articolare. Obiettivi più specifici, relativi al gioco, sono invece rappresentati da: conoscenza delle fondamentali regole di gioco e dei principi fondamentali di attacco (fare goal, avanzare, cercare di non perdere la palla) e difesa (contrastare l'avversario in possesso della palla, difendere la propria porta, spingere la squadra in avanti), sviluppo della capacità di dominio della palla. Alla fine del ciclo formativo il bambino dovrebbe essere in grado di valutare le traiettorie da fermo, dominare gli schemi motori di base in attacco e difesa, non buttare via la palla, andare incontro alla palla, condurre e controllare la palla con diverse parti del piede, eseguire le rimesse laterali con i piedi a terra, colpire la palla di testa, affrontare l'avversario in possesso di palla, utilizzare semplici messaggi verbali in attacco, conoscere il 2c1 in difesa, occupare correttamente la zona pericolosa: un solo giocatore sulla palla. ESORDIENTI

Durante questa fascia d'età la resistenza è la capacità condizionale di base che risente meno dello sviluppo puberale del ragazzo. Si assiste alla riduzione della capacità di equilibrio e alla difficoltà di movimento. Per contro, si ha un incremento della forza, in particolare della forza esplosiva, e un aumento della rapidità. La sfera socio – affettiva mette in risalto l'incremento dell'autostima, lo sviluppo delle capacità di autocritica e l'importanza di sentirsi accettati dal gruppo e quindi il senso di appartenenza. Aumentano le capacità di collaborare da parte del ragazzo. Dal punto di vista socio-affettivo, i principali obiettivi da perseguire sono quindi rappresentati da:

   - sicurezza di sé e delle proprie capacità;
   - rispetto e cooperazione con i coetanei.

Le capacità coordinative e condizionali che dobbiamo sviluppare dovrebbero essere rappresentate da: combinazione, differenziazione, equilibrio, adattamento e trasformazione, organizzazione spazio-temporale, rapidità, forza veloce, mobilità articolare, capacità senso-percettive e schemi motori. Alla fine del ciclo formativo il ragazzo dovrà essere in grado di conoscere le regole fondamentali del gioco, di acquisire i principi fondamentali di attacco e difesa (attacco: possesso della palla, profondità e capacità di conclusione; difesa: rallentare l'azione dell'avversario e scaglionamento), di sviluppare le capacità di dominio della palla ed aumentare il bagaglio tecnico generale. In senso più specifico, l'allievo dovrà essere in grado di: valutare le traiettorie, tenere la posizione in campo, combinare più schemi motori tra di loro, giocare in più posizioni di campo, passare la palla e rendersi nuovamente utile, calciare di collo piede, colpire la palla di controbalzo, eseguire le rimesse laterali con precisione, controllare la palla di coscia e di petto, eseguire lanci con il piede forte, colpire di testa da fermi ed in elevazione, combinare più gesti tecnici tra loro (es. stop + tiro), cambiare direzione con finta, tirare in porta con la palla in movimento, essere più precisi nei passaggi, colpire la palla al volo, saper proteggere la palla in difesa e marcare a uomo. In collaborazione con i compagni di squadra, il ragazzo dovrebbe essere in grado di: servirsi dei messaggi di comunicazione verbali, effettuare l'uno-due, dare sostegno al portatore di palla, dettare il passaggio, privilegiare i passaggi in profondità, effettuare le sovrapposizioni, utilizzare la superiorità numerica (2>1) e attuare i principi basilari di difesa collaborativa (anticipo e copertura). Durante quest'età è necessario evitare la specializzazione precoce, dando adito anche ad altri sport come il rugby (per vincere la paura del contatto con l'avversario e il terreno), la pallavolo (per lo studio delle traiettorie) e il basket (per la coordinazione generale). GIOVANISSIMI

In questa categoria vengono organizzati allenamenti di consolidamento delle abilità acquisite. Il ragazzo deve poter sbagliare per essere in grado di correggere le proprie scelte. Vanno impostate le tattiche di reparto e di squadra, ampliando e consolidando le conoscenze tecnico-tattiche individuali. GiovanissimiDal punto di vista fisico, vanno ricercati allenamenti di tipo generale, con e senza la palla, finalizzati al miglioramento delle capacità condizionali (dando priorità all'utilizzo delle fonti aerobiche ed allo sviluppo della forza, in particolare della forza veloce e della potenza). Non dobbiamo commettere l'errore di lavorare solo su certi distretti del corpo, ma è necessario ricercare un miglioramento generale ed armonico dell'organismo. In questa fase della crescita umana il ragazzo è caratterizzato da incostanza umorale, ridotta coordinazione motoria e disarmonia somatica. Deve essere rielaborato lo schema corporeo di base e le esercitazioni vanno curate nei minimi dettagli: dobbiamo dedicare più tempo ai gesti tecnico-tattici e alle abilità fisiche specifiche. Si parte con esercizi basati sulle situazioni di gioco, ricercando la precisione e l'originalità tecnica. In questo senso si cercano di rendere più efficaci tutte le situazioni di natura tecnico-tattica. ALLIEVI

È il periodo in cui si ricerca la perfezione nei gesti tecnici acquisiti e la conoscenza del senso tattico in funzione del gioco collettivo. Da questo punto di vista la capacità di apprendimento motorio è favorevole e quindi possono essere svolte esercitazioni a difficoltà crescente. L'addestramento tecnico dovrà volgere soprattutto sulle esercitazioni di tecnica applicata al gioco, piuttosto che sulla ripetizione sistematica dei fondamentali tecnici individuali. Dovranno essere quindi ricercate con maggiore insistenza le varie combinazioni di gioco.Allenamento allievi Solo attraverso le situazioni reali ed il gioco, la tecnica può essere acquisita concretamente, altrimenti rischiamo di formare grandi giocatori dal punto di vista del palleggio, delle abilità da fermo o senza avversari, ecc, senza tenere conto delle situazioni tecnico-tattiche di gioco più elementari. Le esercitazioni proposte dovranno invitare gli allievi ad una propria risoluzione e la figura dell'allenatore dovrà essere soprattutto di guida e correzione tecnica. Lo sviluppo fisico di quest'età dovrà volgere soprattutto all'incremento dei pre-requisiti esistenti senza però esagerare con le esercitazioni massimali. “JIUNIORES” o “BERETTI”

Durante questa fase dell'apprendimento calcistico devono essere privilegiati gli esercizi di tecnica calcistica nelle sue forme più applicative, anche attraverso i ritmi di gara. Va data priorità alle fasi di possesso e non possesso della palla, alla tattica di reparto e di squadra. Dal punto di vista fisico si va incontro ad una sempre maggiore specializzazione, attraverso l'incremento qualitativo e quantitativo delle esercitazioni di condizionamento fisico tipiche del gioco del calcio. Allenamento primavera Stampa Stampa

L'ultima squadra del settore giovanile è la categoria “primavera”, ove il limite di età è di vent'anni, ma può partecipare anche un giocatore della prima squadra (fuori quota) che deve recuperare dagli infortuni e ritrovare il ritmo gara. La categoria primavera è giocata da ragazzi ormai maturi per la prima squadra e di prospettiva professionistica; le squadre che prendono parte a questo campionato sono società che giocano tra loro attraverso un campionato nazionale, con la prospettiva di far maturare qualche buon elemento. Le sedute di allenamento possono essere accostate a quelle della prima squadra: spesso, a turno, i giocatori della primavera frequentano gli allenamenti dei colleghi più anziani.