Francesco Petrarca

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Francesco Petrarca
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Letteratura italiana

Francesco Petrarca (Arezzo, 20 luglio 1304 –Arquà, 19 luglio 1374) è stato un grande poeta del trecento che rappresenta l'ultimo scrittore medievale e allo stesso tempo il primo scrittore dell'Umanesimo. Il Petrarca fu un uomo moderno per i suoi tempi non solo dal punto di vista politico, ma anche dal punto di vista culturale. Egli fu il primo animatore di quel vasto movimento di idee che contribuì ad accelerare il crollo definitivo degli ideali medievali e ad avviare una nuova concezione di vita, che verrà poi definita "Umanesimo" perché largamente attinta dal pensiero degli antichi autori delle Humanae litterae[1]. Petrarca ha anche il grande merito di aver intuito che non ci può essere vera cultura, non ci può essere progresso scientifico senza la possibilità di condurre i propri studi liberamente, senza la disposizione a cercare nuove avventure del pensiero e dell'azione: la lezione degli antichi è preziosa per chi sa attingervi la capacità di andare avanti; può invece divenire opprimente e negatrice di ogni progresso se la si vuole considerare definitiva e perfetta.

Contesto storico[modifica]

Figura dell'intellettuale[modifica]

La vita di Petrarca si inserisce nel contesto trecentesco che è caratterizzato da alcuni cambiamenti di tipo politico-sociale che hanno delle ripercussioni anche sull'ambiente culturale e contribuiscono alla nascita di una nuova figura dell'intellettuale. Alcune strutture di fondo del Medioevo subiscono delle spinte destabilizzanti da eventi nei quali è possibile individuare i primi segnali di un'epoca nuova:

  • i comuni italiani si stavano trasformando in Signorie
    • l'Impero come istituzione universalistica crolla e viene quasi completamente assorbito nelle vicende interne della Germania
      • il Papato, istituzione fondamentale del Medioevo cristiano, non riesce a imporsi come autorità suprema dell'intera Europa e vede il trasferimento della propria sede ad Avignone sotto la monarchia francese.

Quindi si configura una nuova situazione nella quale assistiamo alla scomparsa dell'intellettuale municipale[2] e il venir meno del tentativo di superare i limiti del municipalismo riproponendo l'idea medievale di un'Europa unita sotto l'autorità congiunta di Papato e Impero.

Rapporti con la Chiesa[modifica]

All'età di 26 anni, dopo aver consumato il patrimonio familiare, invece di cercarsi un'occupazione di tipo laico, decide di entrare nel clero. Ritorna così ad assumere una certa importanza la figura del chierico laico. Tuttavia l'entrata nella Chiesa non significa per lui l'assunzione di un impegno religioso in quanto il giovane poeta d'Arezzo decide di prendere solo gli ordini minori che gli impongono il celibato, ma che gli permettono di essere salvaguardato dal punto di vista economico. Si tratta di un percorso nuovo che gli permette inoltre di potersi dedicare pienamente alla letteratura e che lo porta a incarnare la figura dell'intellettuale di professione.[3]

Tra Medioevo e Umanesimo[modifica]

La contraddizione che percepiamo in ogni lavoro di Petrarca come elemento dominante del suo animo si può spiegare facendo riferimento alla situazione storica in cui vive: egli è senza dubbio da considerarsi il "primogenito" dell'Umanesimo; basti guardare l'attento studio dei classici che lo riguarda e l'inizio di una nuova concezione dell'uomo, tuttavia notiamo in lui un ancora evidente attaccamento alla religione intesa come verità indiscussa e come unica scelta giusta, concetto da ricondursi alla mentalità medievale. Caratterizza Petrarca un entusiastico interesse per i classici, spesso sottoposti a pazienti restauri filologici e assunti come modelli di perfezione espressiva e di umana saggezza. Ma nonostante questi tratti che denotano chiaramente la figura di umanista, dalla produzione di Petrarca traspare che egli non si decide al definitivo salto alla modernità e che è in lui presente il timore di obliterare il messaggio cristiano attraverso la sconfinata passione per gli insegnamenti colti dai testi classici.

Le idee[modifica]

Il culto dell'interiorità e Sant'Agostino[modifica]

Petrarca intese la letteratura non solo come ornamento intellettuale, ma come misura della propria vita e di quella degli altri: per conformare ad essa la sua vita e valutare l'altrui. In tale visione rientra la scelta della solitudine, che, al di là d'influenze ascetiche, risultava la condizione esistenziale più idonea all'attività letteraria. Infatti Petrarca preferisce concentrare la propria riflessione sulle questioni morali e sull'interiorità e quindi studiare anche l'animo umano, che viene considerato come pieno di contraddizioni e conflitti interiori.

La sua esperienza di uomo e poeta combattuto tra aspirazioni terrene, desiderio di amare e gloria, eterno e divino lo portano a rifiutare le certezze tipiche del Medioevo.

«..Vò ripensando ov'io lassai 'l viaggio da la man destra, ch'a buon porto aggiunge: et da l'un lato punge vergogna et duol che 'ndietro mi rivolve; dall'altro non m'assolve un piacer per usanza in me sì forte ch'a patteggiar n'ardisce co la morte[4]..»

L'io del poeta si apre ad una continua riflessione sugli effetti del sentimento d'amore, in un'ininterrotta parabola di coinvolgimento e di tentato, vano distanziamento, di adesione alla passione e di ripiegamento interiore.

Il fulcro della propria riflessione ruota intorno alla sua anima.

Quindi Petrarca cerca un modello di pensiero a cui fare riferimento: S. Agostino, rappresentante della filosofia cristiana. Petrarca trova uno strumento di analisi interiore facendo riferimento alla riflessione agostiniana[5] che gli permette di poter effettuare un'indagine filosofica intesa come meditazione su di sé, scavo interiore, e presa di coscienza dei propri limiti.

Recupero dei classici[modifica]

Nel Medioevo l'idea principale del Classicismo era quella di una continuità tra antico e moderno e tutti gli autori antichi venivano letti come contemporanei senza considerare il contesto storico di appartenenza.

Petrarca invece è consapevole della frattura con il mondo classico. Però il poeta d'Arezzo, considerato padre dell'Umanesimo, cerca di riscoprire i testi classici nella loro autenticità, legata al tempo storico in cui sono espressi i valori contenuti nei testi. Quindi questo recupero dei classici non è solo attento alla tecnica espressiva, ma anche all'intimo messaggio dell'humanitas dei classici. Nel momento stesso in cui coglie e gode le squisite eleganze stilistiche di quei maestri, ne penetra, con commozione profonda, la lezione morale; stabilisce con i maestri un rapporto d'anima, che diventano persone amiche, capaci di illuminarlo nel dubbio e di confortarlo nell'angoscia. Dove il Medioevo si limita a ricevere l'autorità degli autori passati, lui va oltre, muove le sue critiche che quindi prevedono una rilettura e reinterpretazione dei testi.

Per Petrarca rivolgersi agli autori antichi significa scrivere "agli amici" e testimoniare che queste voci vanno al di là della lettura. Cerca un dialogo con i testi e vi cerca delle risposte, confrontarsi con la tradizione significa infatti instaurare un dialogo. L'attività di Petrarca non è fine a se stessa, ma ha come scopo quello di ricostruire la lezione originaria del testo per poterlo penetrare e farlo rivivere con la lettura nel proprio presente.

Filologia[modifica]

Petrarca è considerato un grande filologo in quanto a lui dobbiamo ritrovamenti di alcune opere. All'età di circa 20 anni mentre si trova ad Avignone, riesce a ricondurre a Tito Livio una delle deche che non era stata attribuita a lui. Poi all'età di 40 anni trova delle lettere (Epistulae ad Attico di Cicerone) che erano state date per disperse. Il cercare opere perdute comportava grandi viaggi e ricerca materiale. Petrarca vive quest'esperienza come una voce che chiama dal passato che lui ha avuto la fortuna di sentire. La filologia diventa strumento tecnico per ricostruire il testo nella sua unicità.

Labor limae [6][modifica]

«Ma il mio poema L'Africa che da tempo io posseggo e a cui ho lavorato più che non credessi, non ha ancora avuto l'opera finale del sarchiello..»[7]

Il percorso, l'opera, dev'essere compatto, senza parti superflue perché queste distraggono e il lettore in queste si perde. occorre che le zolle inutili siano frantumate. l'opera di chi rivede, corregge è quella del potatore che «taglia i pampini lussureggianti e piante spinose».

Confronto con Dante[modifica]

Tra la nascita di Dante (1265) e quella di Petrarca (1304) c'è solo una generazione, tuttavia tra i due poeti c'è una differenza sostanziale di concezione del mondo, nell'impostazione della poesia, e nel modo di concepire la religione.

Religione[modifica]

  • Dante: ha delle certezze di cui si fa portatore. Vuole coinvolgere l'intera umanità con la storia della sua salvezza (Divina Commedia).
  • Petrarca: è chierico ed ha una concezione religiosa molto più individuale e interna alla persona stessa.
    La religione è fonte di dubbio, rappresenta qualcosa che va ad interferire con le sue scelte individuali. Si trova costretto ad affrontare un dissidio interiore che si sintetizza in un grande desiderio di gloria. Il suo dissidio si esprime in termini "Io so che non dovrei avre questa ambizione,ma cel'ho e non riesco e toglierla".

Il ruolo della donna[modifica]

  • Dante: aveva risolto il problema della religione conferendo a Beatrice la configurazione di donna angelo che lo porta alla salvezza. La fa diventare beata come sua guida al Paradiso.
    Quindi il poeta fiorentino è il rappresentante di una concezione medievale in cui la religione è certezza e non causa di dubbi.
  • Petrarca: Laura non è la donna angelo tipica dello stilnovo e non è più un mezzo per arrivare alla salvezza, bensì è l'emblema della concupiscenza in quanto provoca in lui un desiderio di passione. Di Laura è stato detto che è, finalmente, dopo le astrazioni dello Stilnovo, la donna reale.

Esilio[modifica]

  • Dante: l'esilio rappresenta la conseguenza per la propria partecipazione attiva alla politica, è considerato come pena per la sconfitta della fazione per la quale ci si era schierati. Quindi è un esilio nel vero senso della parola, una condanna che porta allo sradicamento dalla propria città.
  • Petrarca: è un esiliato che paga la pena inflitta a suo padre. L'esilio diventa un modo di vivere che deve sopportare dalla nascita e la metafora della condizione umana del letterato e dell'intellettuale. Viene anche considerato, soprattutto dal poeta, il destino dell'uomo in quanto anima caduta dalla purezza spirituale nei compromessi dell'esistenza corporea e delle passioni.

Lettura dei grandi classici[modifica]

  • Dante: tende a leggere in maniera allegorica, senza riconoscere in uno scritto la differenza cronologica
  • Petrarca: legge in maniera filologica in quanto, anche se uno scritto può andar contro i valori della chiesa, esso mantiene sempre un certo valore, meritando di essere analizzato e letto così com'è.

Canzoniere[modifica]

Con il Canzoniere, opera summa di Petrarca, il poeta raggiunge l'apice della perfezione del linguaggio, conferendo un armonioso equilibrio alle poesie attraverso l'uso di termini semplici appartenenti al linguaggio comune, banali se presi singolarmente, ma ideali nella disposizione che Petrarca ci propone dopo un attento studio da lui svolto che tende a creare un "melodia infinitia".
Questa raccolta di liriche, scritta in volgare, era originariamente intitolata "Rerum vulgarium fragmentaria"[8] per indicare la frammentarietà dell'opera, composta da 366 componimenti (la maggior parte sonetti, ma anche canzoni, ballate, madrigali e sestine) attraverso i quali Petrarca tenta di mostrare ciò che caratterizza la sua vita, ovvero il dissidio interiore nella scelta tra la retta via e la passione per Laura, fulcro dell'opera.
Questo titolo è stato però preto sostituito dal termine Canzoniere per conferire a questo capolavoro il meritato prestigio. Tema principale dell'opera è quindi Laura e in particolare la raccolta si può distinguere in 2 grandi categorie che esprimono l'una i travagli del poeta che precedono la morte di Laura e l'altra che comprende le liriche scritte per la morte, e si focalizzano quindi sulle riflessioni prevalentemente di ambito religioso legate a ciò che accade al termine della vita. Attraverso la levità dei termini, l'armonia dei versi e la profondità dei contenuti, Petrarca ci presenta motivi paesaggistici che accompagnano e rispecchiano lo stato d'animo del poeta, oscillante tra la coscienza del tempo che scorre inesorabilmente travolgendo e vanificando ogni vicenda, la fiducia nella scelta religiosa e l'importanza dei valori dei classici, che rispecchiano una realtà ideale nella quale si vorrebbe rifugiare, in quanto modelli di perfezione espressiva e di umana saggezza.

Altre opere[modifica]

L'opera di Petrarca oggi più conosciuta è senza dubbio il Canzoniere. In verità ci sono arrivati molti altri scritti e il Canzoniere, al suo tempo, non era considerata la più importante. È possibile raggruppare i suoi scritti:

  • Scritti morali, ascetici
  • Scritti polemici
  • Scritti umanistici, storici e eruditi
  • Raccolte epistolari o riunite come un'unica opera col nome di Epistolae (Epistole).

In più si aggiunge l'altra opera di Petrarca scritto in volgare, cioè i Trionfi.

Scritti morali e ascetici[modifica]

Sono scritti di carattere etico e religioso:

Secretum[modifica]

Scritti polemici[modifica]

  • Invectivae contra medicum quendam
  • Invectiva contra quendam magni status hominem sed nullius scientiae aut virtutis
  • De suis ipsius et multorum ignorantia
  • Invectiva contra eum qui maledixit Italiae

Scritti umanistici, storici e eruditi[modifica]

  • De viris illustribus
  • Rerum memorandum libri
  • Bucolicum carmen
  • Epistulae metricae
  • Africa

Raccolte epistolari[modifica]

  • Familiares
  • Senities
  • Sine nomine
  • Variae
  • Epistula posteritati

Trionfi[modifica]

Si tratta di un poemetto didattico-allegorico in terza rima in volgare iniziato nel 1351 e rimasto incompiuto per la morte del poeta.

Note[modifica]

  1. Cfr per approfondire si veda anche: l'umanesimo
  2. Cfr Intellettuale che osservava la realtà attraverso una lente appassionata, ma deformante, del proprio comune e fazione
  3. Cfr L'intellettuale di professione è colui che è dedito esclusivamente agli studi letterari, che considera come un'attività autonoma e fine a se stessa
  4. Cfr. Canzoniere, Canzone 264.
  5. Cfr De Caprio Vincenzo, Progetto Letteratura, vol 1 tomo A pag 391 (il ritratto di Sant'Agostino).
  6. Cfr Limae labor et mora: il poeta latino Orazio con questa affermazione sottolineava il paziente lavoro di revisione, cui era solito sottoporre i suoi versi prima della loro divulgazione (ultima lima), <http://www.laborlimae.com/Manifesto.htm>
  7. Cfr Petrarca, Familiari XIII 12
  8. Cfr Per l'elenco completo di tutti i componimenti consultare il sito <http://it.wikisource.org/wiki/Canzoniere_(Rerum_vulgarium_fragmenta)>

Bibliografia[modifica]

Voci correlate[modifica]

Collegamenti esterni[modifica]