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Diritto dei beni pubblici demaniali e patrimoniali

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Diritto dei beni pubblici demaniali e patrimoniali
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Contabilità pubblica

Cenni storici sul diritto dei beni pubblici

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La capacità di diritto comune dello Stato e degli altri enti pubblici si manifesta anche nella titolarità di beni e diritti sui beni, ai quali si applica in linea di principio il diritto civile, salvo deroghe.
All'origine, lo Stato italiano era un grandissimo proprietario immobiliare, per avere “ereditato” vastissimi compendi patrimoniali dall'unificazione degli Stati preunitari.
In funzione dell'avvio del sistema di produzione capitalistico, tali beni cominciarono ad essere alienati a privati, a cominciare dalle due leggi di [[w:eversione dell'asse ecclesiastico|eversione dell'asse ecclesiastico]] del 1866 e 1867. Nonostante questa politica di "svendita" del patrimonio dello Stato, questo rimane ancora oggi assai cospicuo, tanto che di recente si è avviata una nuova politica di alienazione (= privatizzazione) tuttora in corso.

Il cd. diritto dei beni pubblici nasce nel periodo della Rivoluzione francese, nel momento in cui si operò la distinzione (trapassata poi nel Codice napoleonico e nei successivi codici civili derivati) tra:

  1. beni della nazione necessari per le esigenze della collettività (strade, fiumi, porti);
  2. beni della nazione non necessari, riportati alla disciplina del diritto comune e possibile oggetto di alienazione e commercio giuridico, in quanto non rappresentano strumenti diretti di amministrazione come i primi.

Attuale regime giuridico

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Nell'attuale ordinamento, il diritto dei beni pubblici consiste in una serie di deroghe al diritto comune in materia di circolazione giuridica e di tutela, ma soprattutto di gestione contabile interna.
In tale campo viene in rilievo l'impostazione della distinzione codicistica tra demanio e patrimonio: il primo è descritto in elenchi inventariali con carattere meramente descrittivo, il secondo reca anche elementi valutativi e reddituali (così come previsto dall'art. 11 del Regolamento di Contabilità).
La recente legge n. 662 del 1996 prevede che tutte le Amministrazioni devono comunicare al Ministero delle Finanze una serie di dati descrittivi degli immobili detenuti a qualunque titolo, al fine di consentire una proficua gestione economica degli stessi.

Distinzione tra proprietà pubblica e proprietà privata

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Fin dagli inizi del secolo XIX si è sviluppata una disputa dogmatica, soggetta ad alterne fortune, circa la validità della distinzione tra proprietà pubblica e proprietà privata: tale distinzione affonda le sue radici nella concezione liberale del diritto, che assegnava ai beni privati il compito di soddisfare interessi privati, ed a quelli pubblici la funzione di soddisfare interessi pubblici.

Proprietà e appartenenza

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La norma del Codice del 1942 non dà un preciso contenuto della proprietà pubblica. L'art. 822 infatti elenca (non in maniera esaustiva) i beni del demanio pubblico ed il successivo art. 823 opera un rinvio alle leggi di settore che dettano il particolare regime (la "condizione giuridica") dei beni appartenenti al demanio. Analoga disciplina è prevista per i beni appartenenti al patrimonio pubblico (art. 826 e 828).

In dottrina è stato osservato che il concetto giuridico di appartenenza è troppo vasto e non coincide con quello di proprietà: il contenuto del diritto di proprietà comprende infatti (art. 832) alcuni diritti soggettivi ben identificati (diritto di disposizione, di godimento, di uso, ecc.) dei quali non c'è menzione nelle norme dedicate ai beni pubblici.

Inoltre, l'attuale scenario economico-normativo vede prevalere ragioni di valorizzazione economica dei beni attraverso il loro impiego ottimale anche sul libero mercato: ma ciò non basta per poter ricomprendere nell'unico genus (proprietà) due species ontologicamente diverse (quella pubblica e quella privata), anche perché il concetto di “valore” di un bene pubblico va inteso esclusivamente come attitudine dei beni demaniali e patrimoniali a soddisfare bisogni collettivi.

Il profilo economico dei beni pubblici

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Il sistema contabile peraltro non contiene riferimenti alle regole della produttività e configura il bene demaniale come una cosa non misurabile in termini monetari, sicché si è dedotto il carattere “infruttifero” di tali beni (con riferimento alla assenza di un valore di scambio, trattandosi di res extra commercium).

Il regime giuridico della proprietà pubblica

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Per l'ordinamento, i beni economici (art. 42 Cost.) costituiscono il mezzo necessario per realizzare talune finalità (di regola private, se i beni sono nella titolarità di privati; pubbliche, se i beni sono in mano pubblica).
È singolare che tutte le fonti normative non qualifichino espressamente il patrimonio pubblico come “proprietà”, mentre tale termine è correntemente usato per indicare il patrimonio privato: in particolare, il Codice civile non parla di proprietà pubblica ma di semplice “appartenenza” anche con riguardo a beni non pubblici degli enti pubblici.
Solo la Costituzione menziona la proprietà pubblica e privata ma solo a fini classificatori, poiché in realtà la proprietà resta sempre un diritto, dallo specifico contenuto indicato dall'art. 832 c.c. (diritto di godere e di disporre della cosa), mente la proprietà pubblica è sempre espressione di un dovere e la sua gestione implica l'esercizio di una funzione pubblica.
Tra i due generi di proprietà non vi è coincidenza neanche a fini di tutela: l'ordinamento infatti offre all'amministrazione uno strumento ulteriore connesso alla responsabilità di gestione, che è l'autotutela dei beni pubblici.

I beni pubblici

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Al fine di svolgere i propri compiti, le amministrazioni pubbliche devono utilizzare risorse umane, mezzi finanziari, beni.
Il complesso dei beni pubblici è considerato unitariamente sotto il profilo dell'uso, della circolazione e della tutela, e può essere configurato come proprietà pubblica dal momento che i frutti appartengono al titolare (ente pubblico) e, una volta cessata la cd. appartenenza, il bene pubblico resta nella “proprietà” dell'ente stesso.
Come l'ordinamento ritiene necessaria la presenza di taluni soggetti pubblici al fine della cura degli interessi collettivi, così valuta necessario che alcuni beni appartengano agli enti pubblici perché dotati dell'idoneità a soddisfare interessi generali.
Da questo punto di vista, la proprietà pubblica è l'esempio più pregnante di proprietà–funzione (cioè proprietà funzionalizzata).

La gestione dei beni pubblici

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La gestione dei beni pubblici è diversa a seconda della tipologia dei beni stessi:

  • beni demaniali statali (sono descritti nell'inventario) – Prima della legge n. 94 del 1997 e del D.Lgs. n. 279 del 1997, erano esclusi dal conto del patrimonio. Con la normativa del 1997 essi devono essere indicati unitamente agli elementi che evidenziano la redditività della gestione. Già l'art. 111 del Regolamento di Contabilità (R.D. n. 827 del 1924) imponeva che i decreti di approvazione dei contratti che determinano variazioni nel valore del patrimonio devono indicare il “montare” dell'aumento o della diminuzione corrispondente (ma questa norma è stata spesso disapplicata). L'Agenzia del Demanio provvede all'amministrazione dei beni demaniali con il compito di razionalizzarne e valorizzarne l'impiego, utilizzando criteri di mercato e altri criteri imprenditoriali circa la vendita, l'acquisizione e lo sfruttamento;
  • beni demaniali comunali e provinciali (sono descritti nel conto del patrimonio dell'ente territoriale a mente dell'art. 55 della legge n. 142 del 1990, nonché nel conto economico consuntivo ai sensi del D.Lgs n. 77 del 1995, con gli elementi positivi e negativi della valutazione);
  • beni patrimoniali immobili (sono descritti in registri di consistenza, che indicano le modificazioni nel valore o nella consistenza); particolare attenzione merita il processo di privatizzazione dei beni patrimoniali disponibili (legge n. 448 del 1998), finalizzato a realizzare esigenze di carattere finanziario e di risanamento del debito pubblico. La legge finanziaria n. 662 del 1996 autorizza il Ministero del Tesoro a sottoscrivere quote di fondi immobiliari conferendo un apporto di beni immobili e diritti reali su beni patrimoniali disponibili, al fine di attivare il processo di dismissione. Tali fondi sono gestiti da società di gestione sottratte al controllo dell'amministrazione conferente, che procedono all'offerta al pubblico delle quote derivate dall'istituzione del fondo (cfr. legge n. 86 del 1994).
  • beni patrimoniali mobili (sono inventariati dai singoli Ministeri che li hanno in consegna ed affidati agli agenti consegnatari tenuti alla resa del conto giudiziale prevista dagli artt. 29 e 30 del R.D. n. 827 del 1924). I beni mobili di enti pubblici diversi dallo Stato sono disciplinati dal D.Lgs. 77/95 e dai regolamenti di contabilità di ciascun ente. In particolare, la L. 448/98 prevede anche l'ammortamento dei beni strumentali degli enti pubblici.