Berbero parlato e scritto
Parlato e scritto
[modifica]Le popolazioni che parlano il berbero hanno spesso usato per esprimersi ad un livello "colto" le lingue dei colonizzatori: il latino nell'antichità (Terenzio, Apuleio, Sant'Agostino, ecc.), in tempi più recenti l'arabo (Edrisi, Ibn Khaldun, ...) e il francese (Mouloud Feraoun, Jean Amrouche, Mouloud Mammeri, ..). Per questo la letteratura berbera è in gran parte orale (anche se si conservano manoscritti di letteratura berbera, in caratteri arabi, risalenti anche all'XI secolo). Solo i Tuareg, soprattutto grazie alle donne, hanno tramandato la tradizione della antica scrittura berbera tifinagh, con un alfabeto formato da una trentina di segni geometrici.
Ultimamente, sia pur con molta riluttanza, anche i governi algerino e marocchino cominciano a prendere atto dell'esistenza del berbero e della necessità di insegnarlo nelle scuole. Da qui il problema della scelta del metodo di trascrizione da utilizzare. Per l'Algeria, dove il berbero nelle scuole è una realtà dal 1995, sembra affermata una trascrizione a base latina, elaborata nel tempo da diversi autori (in particolare Mouloud Mammeri) e messa a punto in diversi congressi scientifici internazionali. In Marocco invece, nonostante l'opposizione di molte associazioni culturali berbere, favorevoli ad un'adozione dello stesso sistema a base latina in uso in Algeria, l'Istituto Reale di Cultura Amazigh ha optato per i caratteri neo-tifinagh. In entrambi i paesi, comunque, è molto forte la richiesta, da parte soprattutto di associazioni religiose islamiche e/o per la difesa della lingua araba, di utilizzare invece una grafia a base araba. Una grafia che ha una lunga tradizione in Nordafrica (si pensi ai poemi di Muhammad Awzal), ma che i Berberi tendono a rifiutare per sottolineare il proprio distacco dalla cultura araba, sentita oggi come ostile e pericolosa per il mantenimento della lingua berbera.