Le Origini della Letteratura latina (superiori)

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Le Origini della Letteratura latina (superiori)
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Letteratura latina per le superiori 1
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%
Roma e il Latium vetus settentrionale, in età arcaica.

La cultura latina è solitamente divisa in due fasi: la fase anteriore e la fase successiva all'influenza greca. Essa ha inizio con la prima guerra tarentina (prima metà del secolo III a.C.) e dai suoi primi frutti durante la seconda guerra punica. Tale convinzione si radicò anche negli stessi romani. In realtà la guerra tarentina segna solo l'incontro tra Roma e la letteratura greca. L'influenza greca infatti era radicata a Roma già prima della stessa guerra tarentina, essendo Roma in questo periodo sotto l'influenza della cultura greca della Magna Grecia. Due erano infatti erano le culture dominanti in Italia fino al III secolo a.C: la cultura Greca nel Sud Italia e la Cultura Etrusca nel Nord-Centro Italia. Ma la cultura Greca, più forte e più evoluta, con il tempo riusci a prevalere anche sulla stessa cultura etrusca che addirittura ne rimase anch'essa influenzata: basti pensare che l'alfabeto etrusco è un adattamento del greco e le stesse opere ceramiche sono ispirate a quelle greche. Gli Italici invece erano ancora più strettamente legati alla cultura greca al punto tale che nacquero e si protrassero nella tradizione secolare le leggende delle mitiche fondazioni delle varie città italiane ad opera dei greci stessi. Anche la Cultura romana rimase quindi profondamente influenzata dalla cultura greca. Si pensi che lo stesso verso tradizionale della poesia latina e romana delle origini, il verso saturnio, è identico ad una delle formazioni della metrica greca più usate al tempo (un diametro giambico catalettico più un itifallico o un reiziano). Bisogna inoltre ricordare anche l'influenza delle piccole civiltà italiche come gli Umbri (del cui dialetto ci sono rimaste sette tavole bronzee scoperte a Gubbio nel XV secolo "le Tavulae Iguvinae" che riportano prescrizioni rituali), gli Osci (il cui dialetto si utilizza ancora nel I secolo a.C. nella farsa popolare atellana date le origini campane di questi spettacoli) e i Messapi (che riaffiora da iscrizioni e laminette). Roma fu quindi un crocevia di varie culture, tanto che la stessa cultura romana rischiò di saturarsi e l'immissione della cultura greca ebbe un effetto rivitalizzante su una cultura che fino ad allora si incentrava esclusivamente sui valori militari, religiosi e politici.

I primi documenti linguistici e letterari[modifica]

Il Lapis niger

I primi documenti linguistici di Roma sono il vaso di Dueno che sembra risalire al VI secolo a.C., l'iscrizione bustrofedica della lapis niger, scoperta nel Foro che sembra contenere i divieti di viabilità in quella zona, la fibula prenestina, chiamata così perché trovata in una tomba a Preneste. I documenti letterari di questa epoca si possono dividere in documenti ufficiali e documenti privati. I primi sono più propriamente documenti di natura religiosa. Di essi ricordiamo il Carmen fratrum Arvalium ed il Carmen saliare. Il primo è scritto in un latino di difficile comprensione. È stato iscritto in una tavola di marmo contenente gli atti di una cerimonia rinvenuta nel II secolo d.C.. L'altro apparteneva alla liturgia dei dodici Salii (uno per ciascuno dei dodici ancilia, gli scudi sacri di Marte che portavano in processione danzando, da cui il nome. La leggenda narra di uno scudo caduto dal cielo come dono di Marte per la sua perpetua protezione alla città. Numa Pompilio, per evitare che lo stesso venisse trafugato, ne fece realizzare altri dodici identici). Al fianco di questi carmen sacri ci sono anche responsi pubblici e privati oltre ad altri frammenti di carme (il carmen Nelei e il carmen Priami). Fra i documenti di carattere pubblico abbiamo notizia anche degli Annales Pontificum in cui il pontifex maximus segnava anno per anno, sotto il nome dei consoli e degli altri magistrati, le notizie più importanti accadute giorno per giorno. L'incendio provocato a Roma dai Galli nel 390 a.C. distrusse tutti gli Annales anteriori a quella data. Altro testo pubblico di quel periodo sono le Dodici Tavole anche esse distrutte durante l'incendio gallico e pervenute a noi solo per redazioni di epoca successiva. Delle iscrizioni private non abbiamo alcun frammento se non di alcune iscrizioni funebri come quella di L. Cornelio Scipione Barbato, console nel 298 a.C.. Il blocco più cospicuo doveva essere delle memorie patrizie che si distinguevano in memorie poetiche (neniae e carmina convivalia) e memorie prosastiche (laudationes funebres). Le neniae erano recitate dalle donne durante i funerali. Le laudatione funebres da un parente del morto. I carmina convivalia, che hanno dato il maggior contributo all'epica patrizia romana, erano recitati da giovani liberi durante i banchetti accompagnati dal suono del flauto. Fra i documenti d'arte popolare si ricordino i carmina triumphalia canti scherzosi e licenziosi con cui i soldati accompagnavano il trionfo del loro generale. Ma l'espansione più fervida si ebbe nella poesia drammatica. Si ricordino i fescennini, dalla città falisca di Fescennio, che erano pungenti dialoghi dei contadini durante l'agricoltura. Ma anche l'atellana, dalla città di Atella in Campania, in cui confluiva la comicità delle popolazioni osche. Era una sorta di commedia dell'arte con maschere fisse: Maccus, il gaudente ingordo, Pappus, il vecchio babbeo, Bucco, il ciarliero sciocco e Dossennus, il gobbo malizioso. Tutti questi apporti della comicità italiana permisero la creazione a Roma della satura, che dall'aspetto drammatico finì con il tempo ad identificarsi con l'espressione dei pensieri di uno scrittore su vari argomenti. L'etimologia della parole è ancora discussa. Diomede la fa derivare dalla lanx satura cioè il piatto ricolmo di primizie donate agli dei. Altri la fanno derivare dai Satiri della poesia comica greca. Accanto alla satura doveva essersi sviluppata, sicuramente precedentemente, una forma di teatro popolare etrusco che doveva aver preso ispirazione sia dai filoni popolari italici che dalla metrica popolare greca.