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Anassagora (superiori)

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Anassagora (superiori)
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Filosofia per le superiori 1
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%

Con Anassagora (c. 496 – c. 428 a.C.), originario di Clazomene in Asia Minore, la filosofia si trasferisce dalle colonie ad Atene.[1] Svolse infatti la sua attività di filosofo nella capitale dell'Attica, dove fu consigliere di Pericle. Il suo pensiero si basa su un'indagine razionale della natura, e si dimostra invece critico verso i miti e le credenze popolari, inserendosi nel movimento di laicizzazione della società che vedrà come protagonisti i sofisti. Questo suo atteggiamento lo rese però inviso ai ceti aristocratici legati ai valori tradizionali, e con la scomparsa di Pericle cadde in disgrazia. Sottoposto a un processo per empietà nel 433, fu costretto a fuggire e a tornare nella Ionia, dove terminò i suoi giorni.

La dottrina dei semi

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Diversamente da Empedocle, che riduceva il tutto a quattro elementi, Anassagora è consapevole della complessità della natura. Distingue la cosa, conosciuta tramite l'esperienza, dai semi, nei quali la cosa è contenuta, ma ha dimensioni talmente piccole da sfuggire alla percezione. Fedele al principio parmenideo per cui non è possibile il passaggio dal non essere all'essere, e basandosi sull'osservazione degli organismi viventi, definisce il divenire come lo sviluppo di un seme. È infatti importante sottolineare che per il filosofo le cose non si formano dal nulla, ma crescono partendo da qualcosa di antecendente, all'interno del quale hanno un'esistenza reale sebbene siano ancora invisibili; solo con lo sviluppo raggiungeranno uno stato in cui saranno percepibili.[2] Interessanti sono le sue considerazioni sulla nutrizione, resa possibile dal fatto che nelle cose mangiate sono presenti sotto forma di seme le qualità di cui è fatto il corpo.

Il principio della physis è quindi individuato da Anassagora in un'infinità di semi - che vengono chiamati omeomerie (cioè «composte da parti simili»)[3] - a loro volta divisibili all'infinito. Per spiegare le trasformazione il filosofo ricorre al principio del «tutto in tutto», secondo il quale in ogni cosa sono contenuti i semi di ogni cosa: queste quindi non si generano né si distruggono, ma mutano le une nelle altre, poiché tutto, in determinate condizioni, può diventare tutto. Tutte le qualità sono ugualmente originarie e tutte si scompongono in parti omeomere. La nascita e la corruzione delle cose avvengono per composizione o scomposizione di elementi, e le cose devono le loro caratteristiche alla prevalenza di una tipologia di seme rispetto a un'altra. Inoltre, i semi possono essere suddivisi all'infinito, ma a ciascun livello la divisione avviene solo in un numero sempre finito di semi. Le qualità di «grande» e «piccolo» rapportate ai semi sono puramente relative.[4]

L'intelletto ordinatore

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La teoria dei semi non era ancora sufficiente a spiegare l'origine e la natura del movimento, cioè a spiegare perché le omeomerie tendano ad aggregarsi in un modo piuttosto che in un altro, dando vita alle forme con cui si presentano a noi gli elementi naturali. Che esse si aggreghino e si scompongano per pura casualità è escluso da Anassagora, che introduce in proposito il principio del noùs (intelletto), il quale, imprimendo il movimento ai semi originariamente immobili e caoticamente mescolati, li spinge in determinate regioni dello spazio dove si aggregano e si ordinano secondo un piano prestabilito.

«[Anassagora] per primo pose l'Intelligenza al di sopra della materia. L'inizio del suo scritto - che è composto in stile piacevole- è il seguente "Tutte le cose erano insieme; poi venne l'Intelligenza, le distinse e le pose in ordine".»

(Diogene Laerzio, Vite e dottrine dei più celebri filosofi, II, 6. Edizione a cura di Giovanni Reale, Milano, Bompiani, 2006, p. 151)

Quel movimento che Parmenide aveva negato alla radice, viene dunque spiegato da Anassagora a partire da un'intelligenza. Così riferisce Platone:

«Ma, un giorno, io udii un tale leggere un libro, che affermava essere di Anassagora, il quale diceva che è l'Intelligenza che ordina e che causa tutte le cose.»

(Platone, Fedone 97 b; traduzione di Giovanni Reale, in Platone Tutti gli scritti, Milano, Bompiani,2008, p.105)

Si tratta di un'Intelligenza "divina" [5] che non si mescola alla materia: mentre nel mondo esistono anche semi del nous, questo non contiene semi del mondo, perché in lui non c’è mescolanza.[6] Esso li dirige dal di fuori, creando dal caos originale (ἄπειρον, apeírōn)[7] un cosmo nel quale si dispiega l’ordine della natura. È principio vitale presente in ogni organismo, ma è anche principio cosmogonico, che all'inizio dei tempi ha dato origine al moto rotatorio dei semi che li ha portati a unirsi tra loro a formare sfere, dando così vita all'universo.[8] Esso prelude in un certo senso al demiurgo di Platone e al motore immobile di Aristotele.

Il nous di Anassagora non sembra tuttavia avere alcun carattere di intenzionalità, essendo un puro intelletto che "pensando" si autogoverna e così involontariamente governa anche il mondo.[9] Stando ai frammenti che Anassagora ci ha lasciato [10], se ne deduce che esso che è puro, perché non è mescolato con gli altri semi, è esterno alla materia, eterno, autonomo,[11] ordinatore del mondo, intervenendo a separare le cose che prima erano mescolate [12]. Con lui, «il pensiero del divino si affina, ma non riesce a sganciarsi dai suoi presupposti naturalistici»[13]: per la mancanza di un fine, di una volontà ordinatrice, Anassagora riceverà l'accusa da parte di Socrate, Platone ed Aristotele di non aver portato alle ultime conseguenze la sua teoria.

Dottrina della conoscenza

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Per il filosofo di Clazomene vale il principio secondo cui «il diverso conosce il diverso». Le sensazioni vengono percepite con una forza inversamente proporzionale alla presenza della qualità percepita dall'organo di senso. Ciò è tale per tutti gli animali. Gli uomini si differenziano da questi ultimi perché possiedono esperienza, memoria, sapere e arte (téchne). La sensazione non è infatti sufficiente a produrre il sapere, che richiede un'interpretazione dei dati e la verifica di ciò che si è ipotizzato.[14]

Note

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  1. Cioffi et al., pag. 166
  2. Cioffi et al., pag. 150
  3. Reale, pag. 173
  4. Cioffi et al., pagg. 151-152
  5. Tale "Intelligenza" viene indicata da Giovanni Reale come "divina" in Storia della filosofia greca e romana, vol.1 Milano, Bompiani, 2004, p.232; ma anche Giovanni Reale, Il pensiero antico, Milano, Vita e Pensiero, 2001, p.49, anche se nei frammenti del filosofo che possediamo tale qualifica "divina" non viene mai assegnata al νοῦς (Cfr. Werner Jaeger, La teologia dei primi pensatori greci, Firenze, La Nuova Italia, 1982, p.249), ma Werner Jaeger nota in merito:

    «Recentemente si è fatto notare che le affermazioni di Anassagora sul nus ricordano per la forma linguistica lo stile dell'inno e imitano volutamente questo modello. [...] in nessuno dei frammenti che possediamo è detto esplicitamente che egli abbia attribuito allo spirito qualità divine. Ciò nonostante questo deve essere stato il suo insegnamento, e lo conferma la forma dell'inno con la quale egli riveste gli attributi del nus. Un'altra conferma è data anche dal contenuto di queste sue affermazioni. Gli attributi: illimitato, sovrano, non-misto e autonomo giustificano pienamente il tono elevato in cui il filosofo parla di questo principio supremo.»

    (Werner Jaeger, La teologia dei primi pensatori greci, Firenze, La Nuova Italia, 1982, p.249)
  6. Cfr. frammento 7, da I presocratici, cit. in André Pichot, La nascita della scienza: Mesopotamia, Egitto, Grecia antica, pag. 506, Dedalo, 1991.
  7. Vocabolario greco della filosofia, a cura di Ivan Gobry, Milano, Bruno Mondadori, 2004, p.146.
  8. Reale, pagg. 176-177
  9. B. Mondin, ,Storia della metafisica, pag. 94, vol I, ESD, Bologna, 1998.
  10. Giovanni Reale, I Presocratici. Sui semi, aggregazione e disgregazione pag. 1071 e sgg. per l'azione del nous pp. 1013, 1035-1039, 1059
  11. Anassimandro D-K 59 B 12 e D-K 59 B 14.
  12. Anassimandro D-K 59 B 13
  13. C. Carbonara, I presocratici, 1962, cit. in B. Mondin, op. cit.
  14. Cioffi et al., pagg. 153-154