Whistleblower

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Whistleblower
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materie:
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%
Poster del Governo federale degli Stati Uniti d'America per la consapevolezza dei "whistleblower".

La locuzione in lingua inglese whistleblower ("soffiatore di fischietto"), detto anche impropriamente gola profonda (deep throat), identifica, soprattutto negli Stati Uniti, un individuo che denuncia pubblicamente o riferisca alle autorità attività illecite o fraudolente all'interno del governo, di un'organizzazione pubblica o privata o di un'azienda. Le rivelazioni o denunce, possono essere di varia natura: violazione di una legge o regolamento, minaccia di un interesse pubblico come in caso di corruzione e frode, gravi e specifiche situazioni di pericolo per la salute e la sicurezza pubblica.

I whistleblower possono denunciare le condotte illecite o pericoli di cui sono venuti a conoscenza all'interno dell'organizzazione stessa, all'Autoritá Giudiziaria o renderle pubbliche attraverso i media o le associazioni ed enti che si occupano dei problemi in questione.

I whistleblower spesso, spinti da elevati valori di moralità ed altruismo, si espongono singolarmente a ritorsioni, rivalse, azioni vessatorie, da parte dell'istituzione o azienda destinataria della segnalazione o singoli soggetti ovvero organizzazioni responsabili ed oggetto delle accuse, venendo sanzionati disciplinarmente, licenziati o minacciati fisicamente. Per questo motivo nel 2017 in Italia il legislatore è intervenuto creando una serie di tutele normative per il lavoratore che andremo ad esporre nella lezione.

Il Whistleblower negli Stati Uniti d'America[modifica]

Il termine, come l'istituto giuridico, Whisteblower nasce e si sviluppa principalmente negli Stati Uniti d'America. In inglese la parola «whistleblower», deriva dalla frase «to blow the whistle», letteralmente «soffiare il fischietto» (whistleblowing o a volte whistle-blowing), riferita all'azione dell'arbitro nel segnalare un fallo o a quella di un poliziotto che tenta di fermare un'azione illegale. Il termine è in uso almeno dal 1958, quando apparve nel Mansfield News-Journal (Ohio). . Spesso viene usata anche la locuzione «gola profonda» derivante da quella inglese Deep Throat che indicava l'informatore segreto che con le sue rivelazioni alla stampa diede origine allo scandalo Watergate.

Negli Stati Uniti un'ampia serie di leggi federali e statali protegge gli impiegati che denunciano comportamenti scorretti o si rifiutano di obbedire a direttive illegali. La prima legge in questo senso è stata il False Claims Act del 1863, che protegge i whistleblower da licenziamenti ingiusti, molestie e declassamento professionale, e li incoraggia a denunciare le truffe assicurando loro una percentuale sul denaro recuperato. Del 1912 è il Lloyd–La Follette Act che garantisce agli impiegati federali il diritto di fornire informazioni al Congresso degli Stati Uniti d'America. Nel 1989 è stato approvato il Whistleblower Protection Act, una legge federale che protegge gli impiegati del governo che denunciano illeciti, proteggendoli da eventuali azioni di ritorsione derivanti dalla divulgazione dell'illecito.

Il Whistleblower in Italia[modifica]

La figura del whistleblower è stata regolata per la prima volta dall'art. 1, comma 51 della legge 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione), anche detta Legge Severino, con particolare riferimento al “dipendente pubblico che segnala illeciti”, al quale viene offerta una parziale forma di tutela. Nell'introdurre un nuovo art. 54-bis al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si è infatti stabilito che, esclusi i casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto a una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.

Inoltre, nell'ambito del procedimento disciplinare, l'identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Si è tuttavia precisato che, qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato, con conseguente indebolimento della tutela dell'anonimato. L'eventuale adozione di misure discriminatorie deve essere segnalata al Dipartimento della funzione pubblica per i provvedimenti di competenza, dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le discriminazioni stesse sono state poste in essere. Infine, si è stabilito che la denuncia è sottratta all'accesso previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241; tali disposizioni pongono inoltre delicate problematiche con riferimento all'applicazione del codice in materia di protezione dei dati personali.

Ulteriori rafforzamenti della posizione del whistleblower sono stati tentati con iniziative parlamentari, nella XVII legislatura. In ordine alla possibilità di incentivarne ulteriormente l'emersione con premi, l'ordine del giorno G/1582/83/1 - proposto in commissione referente del Senato - è stato accolto come raccomandazione; invece, è stato dichiarato improponibile l'emendamento che, tra l'altro, puniva con una contravvenzione chi ne rivelasse l'identità.

La Camera dei deputati, nell'approvare la proposta di legge n. 3365-1751-3433-A, «ha scelto, tra l'altro, la tecnica della "novella" del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165».

Lo scorso 19 giugno è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il nuovo decreto 25 maggio 2017, n. 90, di recepimento della IV Direttiva Antiriciclaggio. A decorrere dal 4 luglio 2017, data di entrata in vigore del predetto decreto, i soggetti destinatari della disposizioni ivi contenute (tra i quali intermediari finanziari iscritti all'Albo Unico, società di leasing, società di factoring, ma anche dottori commercialisti, notai e avvocati) sono obbligati a dotarsi di un sistema di whistleblowing, l'istituto di derivazione anglosassone per le segnalazioni interne di violazioni.

La Legge sul Whistleblower del Novembre 2017[modifica]

Il 15 Novembre 2017 la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva una legge di riforma complessiva sulla materia del Whistleblower.

Nell'articolo 1, la legge, modifica l'articolo 54-bis del Testo unico del pubblico impiego (Dlgs n. 165 del 2001), che era stato introdotto dalla Legge Severino, prevedendo un sistema di garanzie per il dipendente. Prima di tutto chi, nell'interesse dell'integrità della Pubblica Amministrazione, segnala al responsabile della prevenzione della corruzione dell'ente (di norma un dirigente amministrativo o negli enti locali il segretario) o all'Autorità nazionale anticorruzione o ancora all’autorità giudiziaria ordinaria o contabile le condotte illecite o di abuso di cui sia venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto di lavoro, non può essere soggetto a sanzioni, demansionamenti, licenziamento, trasferimento o sottoposto ad altre misure organizzative che abbiano un effetto negativo sulle condizioni di lavoro. Se viene adotta una misura discriminante essa va comunicata, da parte dell'interessato o dai sindacati, all'Anac che a sua volta ne dà comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica e agli altri organismi di garanzia. In questi casi l’Anac può irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria a carico del responsabile da 5.000 a 30.000 euro (da calcolare in base alle dimensioni dell'amministrazione) oltre alle altre ipotetiche responsabilità. Inoltre sempre l’Anac applica la sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro (sempre da calcolare in base alle dimensioni dell'amministrazione) a carico del responsabile che non ha svolto le attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute. Vi è un onere di prova a carico dell'amministrazione che le misure discriminatorie o ritorsive adottate nei confronti del segnalante sono motivate da ragioni estranee alla segnalazione. Gli atti discriminatori o ritorsivi restano comunque sono nulli. Il segnalante licenziato ha diritto alla reintegra nel posto di lavoro e al risarcimento del danno. Le tutele vengono meno nel caso in cui, anche con sentenza di primo grado, sia stata accertata la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque reati commessi con la denuncia del medesimo segnalante ovvero la sua responsabilità civile, nei casi di dolo o colpa grave.

L'articolo 2 modifica l'articolo 6 del Dlgs 231 del 2001 sulla “Responsabilità amministrativa degli enti” estendendo al settore privato la tutela del dipendente o collaboratore che segnali illeciti o violazioni relative al modello di organizzazione e gestione dell'ente di cui sia venuto a conoscenza per ragioni del suo ufficio. In particolare, sono aggiunti all'articolo 6 tre nuovi commi. Il comma 2-bis, relativo ai requisiti dei modelli di organizzazione e gestione dell'ente prevede uno o più canali che, a tutela dell'integrità dell'ente, consentano a coloro che a qualsiasi titolo rappresentino o dirigano l'ente, segnalazioni circostanziate di condotte costituenti reati o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell'ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte. Tali canali debbono garantire la riservatezza dell'identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione, e la modalità informatica è uno strumento necessario, e non eventuale, del canale a tutela della riservatezza dell'identità del segnalante. Le segnalazioni devono fondarsi su elementi di fatto che siano “precisi e concordanti”. I modelli di organizzazione devono prevedere sanzioni disciplinari nei confronti di chi violi le misure di tutela del segnalante. Mentre dall'altra parte è previsto l'obbligo di sanzionare chi effettua, con dolo o colpa grave, segnalazioni che si rivelino infondate. Il comma 2-ter prevede che l'adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti segnalanti possa essere oggetto di denuncia all'ispettorato Nazionale del Lavoro. Il comma 2-quater sancisce la nullità del licenziamento ritorsivo o discriminatorio, il mutamento di mansioni o qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante. Come nel settore pubblico è onere del datore di lavoro dimostrare che l'adozione di tali misure siano estranee alla segnalazione mossa dal dipendente.

L'articolo 3, infine, introdotto nel corso dell'esame al Senato della Repubblica, con riguardo alle ipotesi di segnalazione o denuncia effettuate nel settore pubblico o privato, introduce come giusta causa di rivelazione del segreto d'ufficio, professionale (art. 622 c.p.), scientifico e industriale, nonché di violazione dell'obbligo di fedeltà all'imprenditore, il perseguimento, da parte del dipendente pubblico o privato che segnali illeciti, dell'interesse all'integrità delle amministrazioni (sia pubbliche che private) nonché alla prevenzione e alla repressione delle malversazioni. La giusta causa opera come scriminante presupponendo che l'interesse all'integrità dell'amministrazione impone e consente le rivelazioni a danno del segreto "aziendale". Viceversa se si usano modalità di rivelazioni eccedenti alla finalità di eliminare l'illecito si cade nella violazione del segreto "aziendale" e quindi nella fattispecie di reato a tutela del segreto senza l'applicazione della giusta causa.