Introduzione al diritto ambientale

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Introduzione al diritto ambientale
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Diritto ambientale

Le fonti del diritto[modifica]

Il diritto di una comunità è l'insieme delle norme che ne regolano la vita. Quando una norma è riconosciuta valida e applicabile dalla comunità, prende il nome di norma giuridica. Perché possa nascere una norma giuridica, è necessaria una fonte di produzione riconosciuta che la crei, e una fonte di cognizione che possa farla conoscere a tutta la comunità.

Per il diritto italiano le norme possono provenire da diverse fonti di produzione, a seconda delle quali hanno una maggiore o minore importanza: le norme emesse da fonti di produzione più in alto nella scala gerarchica hanno la precedenza sulle norme meno importanti, in caso di contrasti.

In particolare, le fonti del diritto italiano in ordine di importanza sono:

  1. Costituzione (che è il documento prodotto dall'Assemblea Costituente con il quale è stata costituita la Repubblica Italiana) e Leggi Costituzionali (che sono leggi emesse dal Parlamento attraverso una particolare procedura, a scopo di modificare la Costituzione);
  2. Leggi ordinarie, emesse dal Parlamento e promulgate dal Presidente della Repubblica; Decreti legislativi e Decreti Legge, emessi dal Governo, i primi su delega del Parlamento; i secondi, in caso di emergenza, diventano legge se entro 60 giorni il Parlamento li converte in legge.
  3. Regolamenti, emessi dal Governo o da singoli Ministeri a scopo di dare applicazione alle leggi;
  4. Usi, cioè norme non scritte diventate consuetudine di un certo gruppo di persone (essendo la minore fonte di produzione, si applicano solo nel caso in cui nessuna norma di maggiore importanza sia applicabile).

Oltre alle norme italiane, nel nostro Paese vigono anche le norme europee, e anch'esse hanno una scala gerarchica:

  1. Trattati, che hanno efficacia solo nel momento in cui gli Stati membri li rendono operativi attraverso leggi di ratifica;
  2. Regolamenti, che hanno immediata efficacia su tutti gli Stati membri;
  3. Decisioni, anch'esse di immediata efficacia, anche se hanno come destinatari determinate persone fisiche o Stati membri;
  4. Direttive, che hanno efficacia solo dopo che gli Stati membri le recepiscono con leggi di recepimento, eccetto quelle direttive che vengono considerate self-executing e come tali sono immediatamente applicabili.

La responsabilità e la delega di funzioni[modifica]

L'ordinamento italiano prevede che, in caso di illeciti penali, la responsabilità ricada sempre su persone fisiche, mai su persone giuridiche. Nel caso, quindi, che uno di questi illeciti si verifichi nell'attività di una azienda, la responsabilità ricade direttamente sul titolare dell'azienda.

Le aziende moderne però hanno spesso un grado di complessità, grandezza e articolazione da rendere impossibile per una singola persona gestirne e controllarne ogni parte: spesso la gestione di branche dell'azienda viene affidata ad altre persone. Per evitare che la responsabilità di illeciti compiuti da questi delegati, all'insaputa del titolare, ricada su quest'ultimo, la giurisprudenza ha elaborato il concetto di delega di funzioni: nel caso sia dimostrato che la gestione è effettivamente delegata ad un'altra persona, e la gestione operata da questa persona ha causato l'illecito penale, la responsabilità ricade non sul titolare ma sul delegato.

Per evitare, però, che lo strumento della delega venga sfruttato per scaricare le responsabilità su altre persone, ignare o non in grado di gestire la parte dell'azienda assegnatali, in genere occorre che la delega sia supportata da precisi requisiti:

  • Requisiti oggettivi
    • Dimensione o articolazione dell'azienda: la delega di funzioni ha senso solo se l'azienda è sufficientemente grande o articolata da non poter essere gestita da una sola persona.
    • Certezza della delega: i poteri gestionali trasferiti devono essere chiari e ben definiti, questo significa di norma che la delega deve essere in forma scritta.
    • Effettivo trasferimento dei poteri, autonomia decisionale e potere di spesa: il delegato deve essere effettivamente in grado di gestire le attività assegnatali, sia con potere decisionale sia con la possibilità di spendere fondi.
    • Coerenza con le norme interne: le norme interne dell'azienda devono permettere (quindi, se non esplicitamente prevedere, almeno non vietare) la delega.
    • Pubblicità della delega: deve essere noto a tutti, in particolar modo ai dipendenti dell'azienda, quali sono le funzioni delegate e a chi.
    • Onerosità della delega: è opinione comune che la delega preveda un compenso extra per le responsabilità assunte.
  • Requisiti soggettivi
    • Idoneità tecnica del delegato: il titolare (delegante) ha l'obbligo di accertarsi che il delegato abbia la professionalità e le conoscenze tecniche necessarie a svolgere i compiti assegnatigli;
    • Divieto di ingerenza da parte del delegante nell'attività di gestione del delegato.
    • Nessuna richiesta di intervento del delegante: nel momento in cui il delegato si trova ad affrontare un problema che non è in grado di risolvere e ne informa il titolare, la responsabilità ritorna a quest'ultimo.
    • Ignoranza del delegante del comportamento illecito del delegato, o della sua sopravvenuta non idoneità: al titolare rimane il compito di vigilare sull'operato del delegato, nel momento in cui venisse a conoscenza della perdita delle caratteristiche di idoneità del delegato, la responsabilità ritornerebbe su di lui.
    • Accettazione volontaria della delega da parte del delegato.

In ogni caso, la delega di funzioni non è regolata da nessuna legge, quanto detto è la sintesi del punto di vista prevalente all'interno della magistratura, che può quindi cambiare di volta in volta.

Il diritto ambientale[modifica]

La nozione di ambiente[modifica]

Nell'ordinamento italiano non esiste, tuttora, una definizione di ambiente, né la sua difesa è espressamente garantita dalla Costituzione. In questa si trovano però alcuni articoli che, secondo la giurisprudenza, ne garantiscono indirettamente la tutela. Si tratta dell'articolo 9 «La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione», dell'articolo 32 «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della colletività» e, dal 2001, dell'articolo 117 «Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: [...] tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali».

A conferma del fatto che questi articoli sono sufficienti a garantire costituzionalmente la tutela dell'ambiente si è espressa la Corte Costituzionale con la sentenza n. 641 del 30 dicembre 1987: «nel nostro ordinamento giuridico la protezione dell'ambiente è imposta da precetti costituzionali (artt. 9 e 32) ed assurge a valore primario e assoluto».

Anche la Corte di Cassazione si è espressa in merito:

«in tema di tutela dell'ambiente, la Costituzione con l'art. 9 collega aspetti naturalistici (paesaggio) e culturali (promozione dello sviluppo della cultura e tutela del patrimonio storico-artistico) in una visione [...] di protezione integrata e complessiva dei valori naturali insieme con quelli consolidati dalle testimonianze di civiltà; allo stesso modo con l'art. 32 [...] assicura al diritto all'ambiente [...] una adeguata protezione.»

(Cass. pen., sez. III, 20 gennaio 1983)

«si è distinto tra ambiente quale risulta dalla disciplina relativa al paesaggio [...], ambiente preso in considerazione dalle norme poste a protezione contro fattori aggressivi (difesa del suolo, dell'aria, dell'acqua etc.), ed ancora, ambiente quale oggetto di disciplina urbanistica e di tutela del territorio [...]. L'elemento unificante di tutte queste elaborazioni è, comunque, dato dal fatto che l'ambiente in senso giuridico va considerato come un insieme che [...] si distingue ontologicamente da questi in quanto si identifica in una realtà priva di consistenza materiale [...]»

(Cass. civ., sez. I, 9 aprile 1991, n. 4362)

«[ambiente è] il contesto delle risorse naturali e delle stesse opere più significative dell'uomo [...]»

(Cass. pen., sez. III, 28 ottobre 1993, n. 9727)

Norme codicistiche e leggi speciali[modifica]

Per tutelare l'ambiente si può ricorrere principalmente a due tipi di norme:

  • le leggi speciali, scritte con lo specifico scopo di tutelare una risorsa (come ad esempio l'acqua, l'aria, il suolo, o altre componenti dell'ambiente), che però, almeno in materia di ambiente, sono recenti (la prima è la Legge 13 luglio 1966, n. 615, sull'inquinamento atmosferico);
  • alcune norme contenute nel Codice Civile o nel Codice Penale, presenti da molto più tempo, ma rivolte a tutelare non direttamente l'ambiente, ma gli interessi dell'uomo (e quindi, indirettamente, le risorse ambientali di cui l'uomo necessita).

Le norme codicistiche sono applicabili se viene dimostrata la lesione all'interesse tutelato, e il risultato è, generalmente un'azione risarcitoria (il colpevole è tenuto a risarcire il danno causato) e inibitoria (il colpevole è tenuto a interrompere la condotta dannosa).

Le norme speciali, al contrario, hanno una natura formale: sono applicabili quando il comportamento di un soggetto non rispetta la forma prevista dalla legge (ad esempio effettua uno scarico senza autorizzazione, o emette fumi con concentrazione di inquinanti superiore ai limiti tabellari fissati dalla legge). Inoltre il risultato dell'applicazione della legge speciale è in genere una sanzione (pecuniaria, cioè una somma di denaro, o una limitazione della libertà personale, cioè il carcere).

Proprio per queste differenze nell'oggetto tutelato dalla legge e nel risultato dell'applicazione, norme codicistiche e leggi speciali possono essere anche applicate insieme, se si verificano entrambe le condizioni.

Le leggi in materia di ambiente[modifica]

Ecco una cronologia delle principali leggi in materia di ambiente (molte delle quali sono state abrogate e sostituite dalle successive).

  • 1939 - Legge 1089/1939 sui vincoli culturali e legge n. 1497/1939 sui vincoli paesaggistici (leggi Bottai);
  • 1966 - Legge 615/66 sull'inquinamento atmosferico;
  • 1976 - Legge 319/76 sulla tutela delle acque (legge Merli);
  • 1982 - D.P.R. 912/82 sui rifiuti;
  • 1986 - Legge 349/86 di istituzione del Ministero dell'Ambiente, e norme sul danno ambientale e Valutazione di Impatto Ambientale;
  • 1988 - D.P.R. 203/88 (aria);
  • 1989 - Legge 183/89 sulla difesa del suolo;
  • 1991 - Legge 394/91 sulle aree protette;
  • 1992 - Legge 150/92 su flora e fauna;
    Legge 157/92 sulla caccia;
  • 1994 - Legge 36/94 sulla risorsa acqua;
  • 1995 - Legge 447/95 sul rumore;
  • 1997 - D.Lgs. 22/97 sui rifiuti (decreto Ronchi);
  • 1999 - Legge 152/99 sulla tutela dell'acqua;
    D.Lgs. 334/99 sul rischio di incidente rilevante;
    D.M. 471/99 sulla bonifica di siti contaminati;
  • 2003 - D.Lgs. 224/03 sugli OGM;
  • 2004 - Legge 36/04 sull'elettrosmog;
    D.Lgs. 42/04 su beni culturali e paesaggio;
  • 2005 - D.Lgs. 52/05 sull'IPPC;
  • 2006 - D.Lgs. 152/06: Testo Unico Ambientale.
  • 2015 - Legge 68/2015 sulla'introduzione di nuovi reati nel codice penale.

Il Testo Unico Ambientale[modifica]

Tra tutte queste leggi, quella di primaria importanza oggi è il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 "Norme in materia ambientale", altrimenti definito "Testo Unico Ambientale", che sostituisce numerose norme precedenti su diversi temi.

L'origine di questo decreto è la Legge Delega del 15 dicembre 2004, n. 308 ("Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione"). Con questa il Parlamento chiedeva al Governo di trattare sette punti:

  • Rifiuti e bonifiche;
  • acque;
  • suolo e lotta alla desertificazione;
  • aree protette;
  • danni ambientali;
  • VIA - VAS - IPPC;
  • tutela dell'aria.

Il decreto, entrato in vigore il 29 aprile 2006, tralasciando la parte sulle aree protette e accorpando le parti sull'acqua e sul suolo, è stato diviso in sei parti:

  1. disposizioni comuni, dove vengono elencate le materie trattate , esposte le finalità del decreto e stabilite le disposizioni riguardo alle future modifiche;
  2. procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d'impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC);
  3. difesa del suolo e lotta alla desertificazione, tutela delle acque dall'inquinamento e gestione delle risorse idriche;
  4. gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati;
  5. tutela dell'aria e riduzione delle emissioni in atmosfera;
  6. tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente.