Il primo dopoguerra

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Il primo dopoguerra
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Storia contemporanea

Trattati di pace[modifica]

L'11 novembre 1918, alle ore 11 del mattino, la guerra finì. L'Europa si trovava in una condizione di miseria e di confusione, di profonda stanchezza e disperazione. In guerra erano morti otto milioni di soldati: un numero pressoché uguale era rimasto mutilato o ferito. Anche la popolazione aveva subito perdite gravissime per malattie o cattiva nutrizione. In Serbia metà della popolazione maschile era morta in guerra e il 35% era tubercolotica. Le conseguenze terribili del grande conflitto si fecero sentire non solo in Europa, ma in tutto il mondo. Nel gennaio 1919 a Parigi si riunì la conferenza di pace per dare un nuovo assetto al mondo. I più significativi uomini politici furono Wilson (USA), Clemenceau (Francia), Lloyd George (Inghilterra), Vittorio Emanuele Orlando (Italia). Il presidente degli Stati Uniti Wilson aveva fissato in Quattordici punti le sue proposte per stabilire una pace giusta e duratura:

  1. Non vi saranno più patti segreti fra le potenze.
  2. Libertà di navigazione per tutti in tutti i mari.
  3. I commerci tra Stato e Stato saranno pienamente liberi.
  4. Gli armamenti dovranno essere ridotti al minimo.
  5. La politica coloniale di qualsiasi potenza terrà nella massima considerazione gli interessi degli indigeni.
  6. La Russia tornerà a collaborare con le altre potenze.
  7. Il Belgio sarà ricostruito.
  8. La Francia riavrà l'Alsazia e la Lorena.
  9. L'Italia avrà il confine orientale naturale.
  10. I popoli già soggetti all'Austria saranno indipendenti.
  11. La Romania, la Serbia, il Montenegro saranno ricostruiti; la Serbia avrà per di più uno sbocco al mare.
  12. I popoli già soggetti alla Turchia saranno indipendenti.
  13. Risorgerà la Polonia con uno sbocco al mare.
  14. Sarà costituita una Società delle Nazioni.

Purtroppo i diplomatici europei non erano preparati per comprendere ed accettare le nuove idee, proposte dal presidente statunitense. Il principio di nazionalità non sempre fu rispettato nei trattati di pace e questo fatto costituì poi una delle cause, che scatenarono la seconda guerra mondiale. Nel Castello di Versailles, dove nel 1871 i Tedeschi avevano proclamato il secondo Reich, fu firmata la pace con la Germania. Il trattato obbligò la Germania a cedere:

  1. alla Francia l'Alsazia e la Lorena;
  2. alla Polonia l'Alta Slesia, la Posnania e una striscia di territorio fino alla libera città di Danzica;
  3. alla Danimarca lo Schleswig.

La Germania inoltre si impegnava a pagare un'enorme indennità di guerra per risarcire i danni causati all'Intesa; doveva consegnare la flotta all'Inghilterra e ridurre il suo esercito a soli 100.000 uomini. Inoltre perdette le sue colonie, che vennero divise tra Inghilterra, Francia e Giappone. A Saint-Germain, una località nelle vicinanze di Parigi, fu firmato il trattato con l'Austria. Dall'ex Impero austro-ungarico erano già sorti tre stati:

  1. la Repubblica austriaca con soli sette milioni di abitanti;
  2. l'Ungheria;
  3. la Repubblica cecoslovacca, formata dalla Boemia, dalla Moravia e dalla Slovacchia, con 15 milioni di abitanti, di cui ben tre milioni tedeschi.

Inoltre il Trentino, l'Alto Adige e la Venezia Giulia passarono all'Italia, mentre la Croazia, la Slovenia, la Bosnia e l'Erzegovina passarono alla Serbia formando così la Jugoslavia, cioè lo stato degli slavi del sud. Mentre la Bulgaria venne privata di vari territori a vantaggio della Grecia e della Romania, la Turchia ebbe una sorte peggiore: i territori asiatici popolati dagli arabi passarono sotto l'amministrazione francese (Siria e Libano) e inglese (Palestina, Giordania e Iraq). La Polonia, che nel settecento venne spartita tra Austria, Prussia e Russia, venne ricostruita. Nel baltico ottennero l'indipendenza dalla Russia la Finlandia, l'Estonia, la Lettonia e la Lituania.

La Società delle Nazioni[modifica]

Per tutelare la pace e dare completa e perenne attuazione ai suoi 14 punti, Wilson propose che fosse costituita una Società delle Nazioni. Così nel 1919 nacque a Ginevra, in Svizzera, questo nuovo organismo internazionale. Inizialmente fecero parte di questo organismo solo i paesi vincitori e neutrali, infatti ne vennero esclusi la Germania ed i paesi vinti, che vi furono ammessi in un secondo tempo. Purtroppo questo organismo non ebbe solide basi per il suo compito di pace. Un duro colpo lo diedero gli Stati Uniti, che, nel timore di rimanere coinvolti in nuovi conflitti europei, non vollero far parte della Società. Una delle debolezze di questo organismo fu quella di non avere un proprio esercito con cui far rispettare le sue decisioni, inoltre molti stati appartenenti a questa società non ne accettavano i principii. Così si trasformò in uno strumento di potere al servizio degli interessi dell'Inghilterra e della Francia, i più forti Paesi europei. Nel 1933 si ritirarono dalla Società delle Nazioni la Germania ed il Giappone, nel 1935 la Società rivelò la sua impotenza nel conflitto tra l'Italia e l'Etiopia.

Il primo dopoguerra in Russia[modifica]

Lenin fu il grande personaggio che dominò la Russia dal 1917. Aveva passato gran parte della sua vita nelle prigioni della Siberia o in esilio a Londra e in Svizzera. Era un uomo dotato di un'eccezionale forza fisica, sobrio oratore, ed esercitava un misterioso e straordinario fascino sull'uditorio e sui suoi collaboratori. Deciso e spietato nell'azione, privo di scrupoli (come lo era stato Pietro il Grande), distrusse l'antico impero dello Zar e con l'abilità di uno statista creò una nuova Russia. Lenin volle applicare nel suo Paese la dottrina di Marx, che negava la proprietà privata, la religione e le classi sociali. Il popolo russo accolse in gran parte favorevolmente la nuova dottrina, che prometteva pace, pane e terra. Tuttavia il governo comunista, fondato a Mosca da Lenin, fu attaccato dai fautori del vecchio regime e da forze militari straniere. Dalla Siberia, dal Mar Nero, dall'Estonia, da Arcangelo, gli eserciti bianchi cercavano di vincere i "rossi", ma furono ovunque battuti. A capo delle forze armate rosse L.Trockij fece miracoli. Respinti tutti gli attacchi, Lenin si oppose al folle piano di Trockij e di Zinoviev, che volevano estendere il comunismo nei Paesi stranieri. Con maggiore saggezza volle piuttosto rafforzare il comunismo in Russia, anche valendosi degli aiuti dell'economia capitalistica. Così nel 1921 strinse un accordo commerciale con l'Inghilterra e l'anno successivo con la Germania. Il suo sogno era che il contadino russo, che per secoli era stato sfruttato e tenuto in cattive condizioni, sapesse leggere e scrivere in una casa ben illuminata e riscaldata con energia elettrica. Le forze su cui si reggeva la dittatura di Lenin erano il partito comunista, l'armata rossa e la polizia segreta. nel 1924 Lenin morì ed ebbe imponenti funerali, fu quasi divinizzato.

Il primo dopoguerra in Italia[modifica]

I nuovi confini[modifica]

L'Italia raggiunse finalmente i suoi confini naturali: essi furono tracciati lungo lo spartiacque e così inclusero in Alto Adige anche popolazioni di lingua tedesca. Fu però più difficile stabilire i confini orientali. Già con un plebiscito nel 30 ottobre 1918, la città di Fiume in Dalmazia aveva proclamato la sua annessione all'Italia, mentre la società delle nazioni volevano dare la città al neonato stato jugoslavo oppure farne una città indipendente. Intanto dell'assemblea della società delle nazioni, il rappresentante dell'Italia Vittorio Emanuele Orlando abbandonò per protesta i lavori, ciò fu un male perché fu assente alla seduta in cui si stabilì la spartizione delle colonie tedesche. A questo punto Gabriele D'Annunzio, che aveva combattuto nella prima guerra mondiale, partì da Ronchi, presso Gorizia, e il 12 settembre 1919 occupò Fiume istituendo un governo provvisorio chiamato Reggenza del Carnaro. Intanto a Rapallo diplomatici italiani e jugoslavi cercavano di trovare un accordo per risolvere le tensioni tra i due paesi. Il trattato di Rapallo stabilì che Fiume doveva essere una città indipendente e che tutta la Dalmazia dovesse passare alla Jugoslavia, tranne le isole di Zara, Cherso e Lussino. Questo trattato non piacque ai legionari fiumani, che non volevano abbandonare la città, così il governo provvisorio fu costretto ad usare la forza. Nel 1924, con un nuovo accordo Fiume venne definitivamente annessa all'Italia.

La crisi e la salita al potere del fascismo[modifica]

L'Italia uscì vittoriosa dalla guerra, ma con un'economia sconvolta. Ed una grave crisi turbò lo Stato e la stessa vita nazionale nel dopoguerra. Durante il conflitto la metà delle entrate statali era stata impiegata in spese di guerra. Inoltre, per far fronte agli impegni militari, erano stati ottenuti prestiti all'estero e in Italia. Prima del conflitto il disavanzo tra entrate ed uscite era coperto con il turismo e con i risparmi inviati in patria dagli emigranti. Durante la guerra il turismo cessò e le rimesse degli emigranti si affievolirono. Nel conflitto erano morti 600.000 uomini e a migliaia si contavano i mutilati, occorreva pagare per essi pensioni di guerra, che naturalmente gravavano sul bilancio già in crisi dello Stato. Numerose grandi industrie siderurgiche e meccaniche, che erano cresciute enormemente in periodo di guerra, non riuscivano a riorganizzarsi e a tornare alla produzione di pace. Un sentimento generale di malcontento circolava nel nostro Paese. Gli operai temevano di essere licenziati dalle fabbriche in crisi: già la disoccupazione era vastissima. La classe impiegatizia, che viveva di reddito fisso, vedeva con preoccupazione crescente che il costo della vita aumentava di giorno in giorno. Gli scioperi si susseguivano di continuo. Spesso ufficiali e soldati, reduci di guerra, erano ingiuriati per strada. Il governo non riusciva né a ristabilire l'ordine ed a dare benessere all'interno né ad assicurare il prestigio all'estero. In questa atmosfera di crisi economica e politica e di agitazioni sociali nacquero a Milano il 23 marzo 1919 i Fasci di Combattimento, non erano ancora un partito, ma un movimento a carattere nazionalista. A capo di questo movimento c'era Benito Mussolini, un giornalista romagnolo, nato a Predappio nel 1883, prima direttore del giornale socialista Avanti! e dal 1914 passato al quotidiano interventista Il Popolo d'Italia. Facevano parte di questo movimento molti reduci delusi dalle promesse non mantenute dal governo, soldati ed ufficiali che non sapevano più riadattarsi ad una serena e monotona vita di lavoro, e infine studenti infiammati dalla parola e dall'esempio di Gabriele D'Annunzio. La diffusione del movimento fu agevolata dal timore della borghesia che scoppiasse in Italia una rivoluzione simile a quella russa. Gli scopi di questo movimento erano battere socialisti e cattolici, le due maggiori forze politiche, restaurare l'ordine, e dare prestigio e potenza all'Italia. I mezzi per conseguire questi scopi erano le organizzazioni dei militanti in squadre d'azione (da cui il nome di squadristi), a cui i fascisti si servivano per vincere gli oppositori. Infatti il manganello e l'olio di ricino divennero i persuasori più usati dai fascisti per ottenere il consenso degli avversari. Si ebbero scontri armati, distruzione di sedi di giornali socialisti, di camere del lavoro, di sedi di partito, ciò generò un clima di guerra civile. Mussolini per salire al potere sfruttò la debolezza dello stato, che non sapeva far rispettare la legalità, oltre che le incertezze ed i contrasti esistenti tra i vari partiti; fece intendere che solo con i sistemi usati dal Fascismo si poteva riportare l'ordine. Così industriali, proprietari terrieri e commercianti cominciarono a fornire aiuti economici ed appoggio morale al movimento dei Fasci, che nel 1921 si trasformerà in Partito Nazionale Fascista. Nell'agosto del 1922 il Partito fascista, ormai organizzato come un esercito, stroncò lo sciopero generale, che proponeva di arrestare la rapida ascesa del fascismo. Ormai la situazione era divenuta matura per impadronirsi del potere con la forza. Mussolini lo capì e il 27 ottobre 1922 ordinò la mobilitazione fascista e la marcia su Roma, che si compì nella notte tra il 27 e il 28 ottobre. Il presidente del consiglio Facta cercò di far firmare al re il decreto di stato d'assedio, che gli consentiva di far uso delle forze armate per difendere Roma dai fascisti. Ma il re, per evitare la guerra civile, si rifiutò di firmare il decreto, accettò le dimissioni di Facta e conferì a Mussolini l'incarico di formare un nuovo governo.

L'Italia sotto il regime fascista[modifica]

Il 28 ottobre 1922 con la marcia su Roma iniziò l'era fascista. Il primo governo di Mussolini fu detto di coalizione, perché vi facevano parte oltre ai fascisti anche altri uomini provenienti da altri partiti. Anche dopo la marcia su Roma, i militanti fascisti continuarono a fare violenza contro i loro oppositori, un esempio è quello di Giacomo Matteotti, un deputato socialista che in molte occasioni denunciò le violenze dei fascisti, che lo fecero tacere uccidendolo nel giugno 1924. L'indignazione esplose, i deputati dell'opposizione abbandonarono il parlamento per protesta, questo evento verrà chiamato secessione dell'Aventino. Il 3 gennaio 1925 Mussolini pronunciò un discorso in cui giustificò l'omicidio di Matteotti, e poi, con la scusa di voler portare la pace e la tranquillità in Italia, soppresse tutti i partiti tranne quello fascista, e tutti i membri dei partiti che fece chiudere vennero perseguitati o esiliati. Nel 1925 inizia ufficialmente la dittatura fascista. Mussolini riformò la struttura politica, egli esercitava la sua autorità in nome del re, senza doverne rendere conto alla camera, si fece chiamare Duce, e creò il Gran Consiglio. Per la difesa dello stato e per perseguitare i suoi oppositori Mussolini creò la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, il tribunale speciale e la polizia segreta OVRA (Opera di vigilanza e di repressione dell'antifascismo). Creò inoltre varie organizzazioni per i giovani: i Figli della lupa, i Balilla, gli Avanguardisti, i Giovani Fascisti, i Fascisti Universitari. Nel 1927 fu emanata la Carta del lavoro, veniva proibito lo sciopero, e tutti i sindacati furono sottoposti allo Stato e uniti in organizzazioni chiamate Corporazioni. Furono compiuti molti importanti lavori pubblici, al fine di ridurre la massa di disoccupati: vennero costruite strade, ponti, acquedotti e furono fondati nuovi centri cittadini. Un'opera di grande rilievo fu il risanamento delle Paludi Pontine. Per rendere il Paese auto sufficiente il Fascismo propagandò la battaglia del grano, che fece aumentare notevolmente la produzione di questo cereale, esso tuttavia venne a costare di più di quanto si sarebbe pagato all'estero. La marina mercantile e l'aviazione civile e militare ebbero un notevole sviluppo. Il progresso tecnico, raggiunto dalle industrie italiane, fece ottenere notevoli affermazioni anche all'estero nel campo delle gare automobilistiche ed aviatorie. Il Fascismo cercò di incrementare le nascite, in un paese già così sovrappopolato questa politica demografica non poteva essere che rovinosa. Ebbe invece vivi consensi la conciliazione tra l'Italia e la Chiesa, dopo lunghe trattative furono firmati i Patti Lateranensi l'11 febbraio 1929, nel palazzo di S. Giovanni in Laterano. Si chiudeva così la questione romana che si trascinava dal 1870. La dittatura fascista tra il 1929 ed il 1934 visse il periodo di maggiore consenso. Tuttavia non mancavano gli oppositori, ma poco potevano: il Paese era caduto nell'indifferenza e nella rassegnazione. Non era possibile discutere delle questioni, che riguardavano importanti problemi politici, si richiedeva solo un'ubbidienza passiva.

La guerra d'Etiopia[modifica]

Mussolini, che nel 1934 aveva contribuito a mantenere la pace in Europa, bloccando l'azione di Hitler contro la piccola Austria, nel 1935 volle tentare una grande impresa coloniale in Africa, conquistando l'Etiopia. Questa decisione ebbe conseguenze gravissime sulla politica internazionale e fu una delle lontane cause che portò alla seconda guerra mondiale. L'Etiopia era l'unico stato indipendente dell'Africa ed era retto dall'imperatore Hailè Selassiè, faceva parte della Società delle Nazioni, alla cui ammissione aveva molto contribuito particolarmente l'Italia. Orbene il 3 ottobre 1935 Mussolini, dopo aver portato a termine grandiosi preparativi militari, fece invadere l'Etiopia sia da nord (dall'Eritrea) che da sud (dalla Somalia). L'Etiopia si rivolse, invocando aiuto, alla Società delle Nazioni, e questa dichiarò l'Italia Stato aggressore in base all'articolo XVI del suo Regolamento. Gli Stati aderenti alla Società delle Nazioni erano 52, ma 3 si astennero dal voto. Fu deciso di applicare le sanzioni economiche per cui tutti gli Stati dovevano cessare dall'avere rapporti economici con l'Italia. Era la prima volta che si applicavano sanzioni contro uno Stato aggressore. Il Regno Unito fu il paese che apparve più contrario all'Italia nella questione italo-etiopica. Gli uomini politici inglesi inviarono nel Mediterraneo tutta la loro flotta a titolo di intimidazione. Questo palese atteggiamento intimidatorio ebbe invece il risultato di far nascere una solidarietà nazionale intorno a Mussolini. Intanto le sanzioni economiche, non applicate seriamente, non recavano danni all'Italia. Gli Inglesi avevano previsto erroneamente che la guerra d'Etiopia sarebbe stata lunga, essa invece si concluse vittoriosamente nel giro di pochi mesi. Prima della stagione delle piogge, il 5 maggio 1936, il generale Badoglio conquistò Addis Abeba ed il 9 maggio avvenne la proclamazione dell'Impero. Vittorio Emanuele III ebbe il titolo di Imperatore d'Etiopia. La Società delle Nazioni subì così uno scacco clamoroso. La prima conseguenza dell' affare etiopico fu che la Germania rioccupò la Renania e la militarizzò, Hitler cominciò a costruire lungo la frontiera occidentale le fortificazioni, che ebbero il nome di Linea Sigfrido. L'autorità della Società delle Nazioni, che tuttavia era stata per anni una istituzione la quale aveva cercato di evitare ogni conflitto tra i popoli, scese molto in basso. E dalla sfiducia nella Società delle Nazioni nacque nei vari governi la convinzione che essa servisse poco e bisognasse provvedere alla difesa dei loro Paesi riarmandosi.

Il primo dopoguerra in Germania[modifica]

La repubblica di Weimar[modifica]

Il paese che maggiormente risentì della Grande guerra fu la Germania. Immediatamente dopo la sconfitta del 1918 i soldati si ammutinarono e si formarono ovunque consigli di operai e marinai che chiedevano l'abdicazione di Guglielmo II. Il Kaiser tedesco fuggì e in Germania fu proclamata la repubblica e fu istituito il governo provvisorio del socialdemocratico Friedrich Ebert. Il governo tedesco era dunque nelle mani dei socialisti che però al loro interno erano animati da grandi divergenze: il partito socialdemocratico (SPD) e i socialisti indipendenti (USPD), che erano riformisti, e gli spartachisti, socialisti rivoluzionari guidati da Rosa Luxemberg e Karl Liebknecht, che nel 1918 assunsero il nome di Partito comunista tedesco (KPD). All'opposizione si collocavano le gerarchie militari, il cui comandante supremo von Hindenburg, intendeva riportare l'ordine nel paese e contrastare le sinistre anche con l'aiuto dei Corpi franchi (Freikorps), gruppi di militanti volontari nati spontaneamente e guidati da ex sottufficiali ed ex ufficiali. Il 5-6 gennaio 1919 gli spartachisti tentarono un'insurrezione, ma furono fermati dai Corpi franchi, chiamati in aiuto dal governo provvisorio. Alle successive elezioni si formò un governo di coalizione tra SPD, Zentrum e liberali presieduto da Scheidemann e a capo dello stato Erbert. Le forze democratiche tentarono dii dare stabilità al paese, ma erano osteggiate dall'USPD, del KPD e dalle forze di destra che si sollevarono in seguito all'accettazione del Trattato di Versailles (1919), ma furono fermate. Nell'agosto del 1919 fu emanata la Costituzione di Weimar che rendeva la Germania una repubblica federale. Tuttavia la debolezza economica e politica della Germania non terminò a causa delle lotte interne e dell'occupazione da parte della Francia della regione della Ruhr nel 1923, zona industriale fondamentale per l'economia tedesca. Nello stesso anno Hitler, capo del NSDAP, un partito di estrema destra, tentò un colpo di stato che però fallì. L'economia tedesca si risollevò in seguito al Piano Dawes (1924), che prevedeva finanziamenti da parte degli USA alla Germania. Nel 1925 la Germania firmò con la Francia il Trattato di Locarno, che impegnava le due potenze nel rispetto dei reciproci confini e nel 1926 la Germania fu annessa alla Società delle Nazioni. Intanto alla morte di Erbert, von Hindenburg salì al potere e ciò testimoniò una svolta verso destra della politica della nazione.

Hitler al potere[modifica]

Nel 1933 il vecchio maresciallo Hindenburg fu rieletto presidente della repubblica tedesca e nominò cancelliere Adolf Hitler. Questi, giunto al potere mediante la legalità, la mise al suo servizio, per distruggere implacabilmente avversari e rivali politici. In questa lotta per costruire la sua dittatura gli fu di grandissimo aiuto H. Göring, che tra le altre cariche aveva quella di ministro degli interni. Un passo dopo l'altro, Hitler divenne il dittatore della Germania con un potere più grande di quello che avevano avuto un tempo il cancelliere Ottone di Bismark ed il Kaiser Guglielmo II. Nella conquista del potere Hitler fu di una diabolica spietatezza. Quando nel luglio 1934 Hindenburg morì, Hitler non ebbe difficoltà a prenderne il posto e diventare capo dello stato. Non volle assumere il titolo di presidente della Repubblica, ma, ad imitazione di Mussolini, si proclamò Führer, cioè capo della Germania ed ebbe poteri illimitati. La politica estera di Hitler fu subito un'aggressiva politica di sfida: il suo pensiero dominante e quello di gran parte del popolo tedesco fu di fare a pezzi il trattato di Versailles, di vendicare la sconfitta del 1918, di riunire tutti i tedeschi sotto la bandiera della Germania. Per attuare questo programma era necessario riarmare il Paese. Hitler cominciò liberandosi dagli impegni internazionali e la Germania si ritirò clamorosamente dalla Società delle Nazioni. Poi, sempre nel 1934, tentò di annettersi con un colpo di mano la vicina Austria, di cui fu assassinato il cancelliere Dollfuss, che alcuni anni prima aveva, con un colpo di stato, istituito in Austria un regime fascista molto simile a quello italiano. Ma l'operazione non riuscì, anche perché Mussolini, per niente contento di avere come vicina la Germania, inviò alcune divisioni al Brennero per evitare che la Germania si impadronisse dell'Austria. Nel 1935 violando il trattato di Versailles rimise in vigore la coscrizione obbligatoria con lo scopo di formare un forte esercito. L'anno dopo Hitler, approfittando della guerra etiopica, entrò in Renania con un esercito e l'occupò, violando ancora una volta il trattato di Versailles. Le democrazie occidentali protestarono, ma le loro pretese non servirono a nulla. Erano tra loro in discordia e ciò incoraggiava l'aggressività di Hitler.

L'Asse Roma-Berlino[modifica]

Durante l'impresa etiopica la Germania non solo rifiutò di applicare sanzioni economiche all'Italia ma l'aiutò concretamente inviando rifornimenti alimentari e materie prime indispensabili. Hitler fu il primo capo di Stato che riconobbe il nuovo Impero italiano d'Etiopia. Ebbe luogo così un riavvicinamento tra Germania ed Italia, che nell'ottobre 1936 si trasformò in un accordo, che ebbe il nome di Asse Roma-Berlino. In base a questo accordo Germania ed Italia si impegnavano a consultarsi su tutte le questioni di politica internazionale. L'Asse Roma-Berlino rese evidente la divisione dell'Europa in due blocchi: gli stati democratici da una parte, le dittature tedesca e fascista dall'altra. La guerra civile spagnola, scoppiata nel luglio 1936, rafforzò l'accordo tra Hitler e Mussolini.

La guerra civile spagnola[modifica]

In Spagna la monarchia di Alfonso XIII, che aveva dato poco buona prova, cadde definitivamente nel 1931. Al suo posto si ebbe una Repubblica democratica, che per cinque anni visse di vita piuttosto agitata. I vari partiti si combattevano tra loro spesso ricorrendo anche alla violenza e al delitto. L'uccisione del capo del partito conservatore José Calvo Sotelo, soppresso per vendetta personale, ebbe risonanza clamorosa e si può considerare l'inizio della rivolta di coloro i quali erano ostili al governo repubblicano. Il generale Francisco Franco prese il comando della rivolta e dal Marocco entrò in Spagna. Si scatenò così, nel luglio 1936, una terribile guerra civile, che per ferocia superò tutte le altre guerre civili. Durò quasi tre anni. Gli Stati europei dichiararono ufficialmente la loro neutralità. Tuttavia le potenze dell'Asse, specialmente l'Italia, aiutarono i Franchisti, che per le loro idee anticomuniste erano ideologicamente vicini al Fascismo e al Nazismo: inviarono armi, aerei e volontari. Dai paesi democratici, specialmente dalla Francia, dell'Inghilterra e dall'Unione sovietica, vennero anche aiuti e volontari antifascisti, in difesa dei repubblicani. Le atrocità e le rovine di questa guerra furono spaventose: le vittime furono più di un milione. L'inerme popolazione della città basca di Guernica, bombardata dagli aerei della Luftwaffe, conobbe gli orrori della guerra aerea moderna. Si può dire che la guerra civile spagnola fu la prova generale della seconda guerra mondiale, la quale scoppiò solo dopo cinque mesi che essa aveva avuto termine con la vittoria dei Franchisti. Nella guerra civile spagnola si trovarono di fronte in campo aperto le democrazie occidentali contro le dittature, il comunismo contro il fascismo.

I colpi di mano di Hitler[modifica]

Compiuto il riarmo della Germania, ormai dotata di un forte esercito e di una efficiente aviazione, Hitler passò ad attuare uno dei principali punti del suo ambizioso programma: riunire tutti i tedeschi dell'Europa in un solo e potente Stato. Il primo colpo di mano fu l'annessione dell'Austria, l'Italia che nel 1934 aveva mandato al Brennero le sue divisioni, non si mosse. Il 12 marzo 1938 l'Austria scompariva come stato indipendente e diveniva una provincia tedesca: Ostmark, cioè provincia orientale. L'Europa fu colta di sorpresa: lo sdegno contro i Tedeschi esplose, ma nulla si fece per arrestare il dittatore tedesco. Questi, dopo l'annessione dell'Austria, diresse le sue mire sulla regione dei Monti Sudeti, che faceva parte della Cecoslovacchia e che era abitata da tre milioni circa di tedeschi, un tempo sudditi dell'Impero austro-ungarico. Hitler chiese alla Cecoslovacchia di cedere tutto il territorio dei Sudeti, i suoi discorsi di inaudita violenza non ammettevano discussioni. Sembrò che da un momento all'altro dovesse scoppiare la guerra tra la Germania e la Cecoslovacchia. L'Inghilterra e la Francia fecero di tutto per scongiurare il grande flagello che stava per abbattersi sull'Europa, Mussolini stesso si interpose tra Hitler e le democrazie occidentali. Il 29 e il 30 settembre 1938 si riunirono a Monaco di Baviera Chamberlain per il Regno Unito, Daladier per la Francia, Hitler e Mussolini. Il dittatore tedesco pretese ed ottenne che il territorio dei Sudeti passasse alla Germania: la Cecoslovacchia dovette cedere. La pace fu salva: ma lo fu per poco tempo ancora. Francia e Regno Unito avevano creduto che ormai le ambizioni di Hitler si sarebbero acquietate. Ed invece nel marzo del 1939 l'esercito tedesco penetrava improvvisamente in Cecoslovacchia e l'occupava. Anche questo Stato cessava di esistere come Stato indipendente. Il suo territorio ebbe il nome di Protettorato tedesco di Boemia e Moravia; della Slovacchia si fece una Repubblica, dipendente anch'essa dalla Germania. Il primo ministro britannico Winston Churchill così parlò alla Camera dei Comuni:

«L'Europa si trova di fronte a un programma d'aggressione accuratamente preparato in ogni particolare, che si attua tappa per tappa. Una sola scelta ci rimane, non soltanto a noi ma a tutti gli altri Paesi: o soggiacere come l'Austria, oppure, finché si è ancora in tempo, prendere provvedimenti atti ad evitare il pericolo»

Le democrazie occidentali avevano compreso che i trattati firmati con Hitler non avevano nessun valore e che dovevano prepararsi per impedire altri colpi di mano di Hitler.