Cristiani in Medio Oriente

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Cristiani in Medio Oriente
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Geografia scuole superiori

a cura di Franco Moretti

Lo scoglio fondamentalista[modifica]

Da Nigrizia di febbraio 2011: essere cristiani in Medio Oriente

«Se si vuole stabilità in Medio Oriente, bisogna sottrarre la cultura islamica al pensiero fondamentalista». È l'opinione del comboniano Giuseppe Scattolin, docente di islamologia all'Università del Cairo e al Pontificio istituto di studi arabi e islamistica (Pisai) di Roma.

Di recente, alcuni avvenimenti hanno scosso le comunità cristiane del Medio Oriente. Il 31 ottobre scorso, la chiesa di Nostra Signora della Salvezza a Baghdad è stata teatro di rapimenti di ostaggi, culminati con la morte di cinquanta persone per mano di uomini collegati all'Organizzazione per lo stato islamico in Iraq, ramo di Al-Qaida. Dieci giorni dopo, attentati a tre case di cristiani hanno provocato 3 morti e 25 feriti. In novembre, al Cairo, cristiani copti si sono scontrati con la polizia: protestavano contro la decisione del governo di bloccare la costruzione di una chiesa. C'è stata, poi, la strage di fine d'anno davanti a una chiesa copta di Alessandria, con 21 morti e 80 feriti.

Padre Scattolin, i cristiani sembrano presi di mira. Si parla apertamente di "persecuzione". Come spiega tutto questo?

Sono stati avvenimenti molto dolorosi, analizzati e spiegati in vario modo. Di certo, le autorità hanno la responsabilità di trovare i colpevoli e punirli. Occorre, però, cercare di comprendere le vere cause dei fatti, che vanno letti nel contesto storico generale dell'area.

I paesi del Medio Oriente hanno conosciuto una storia recente fatta di guerre e violenze, soprattutto dopo il conflitto arabo-israeliano del 1948. La questione palestinese rimane sempre un punto di crisi che provoca violenza. Molte correnti estremiste sono cresciute, soprattutto negli ultimi 30 anni, influenzando le masse arabe. Ora la crisi economica mondiale sta abbattendosi in modo drammatico sulla regione. Gruppi particolari, come le minoranze cristiane e altre, possono essere presi come punti deboli per provocare una crisi in questo o quel paese. Le politiche occidentali non hanno aiutato molto a risolvere i problemi della regione. Anzi, li hanno complicati, resi più drammatici. Mi riferisco a Iraq, Pakistan e Afghanistan. Tutti questi aspetti vanno presi in considerazione. Altrimenti, si rischia di dare una lettura molto parziale - se non interessata - dei fatti.

I copti in Egitto sono circa 8 milioni. Chi sono? Quali difficoltà incontrano? Sono discriminati? Se sì, in che modo?

I copti egiziani discendono dalla prima comunità cristiana, fondata secondo la tradizione, da san Marco, attorno all'anno 60 d.C. Hanno conosciuto una storia alterna, di periodi pacifici e periodi turbolenti. Con la conquista araba del 640, sono passati sotto l'ordine islamico, che li ha relegati allo status di dhimmi ("protetti"). Protetti dallo stato islamico, non avevano l'obbligo della sua difesa, ma dovevano pagare una tassa personale e accettare una posizione subordinata nella società. Molte volte erano obbligati a un certo tipo di abbigliamento e ad altre forme di distinzione.

Va ricordato che nel Medioevo simili norme vigevano pure nelle società cristiane dell'Occidente nei confronti di comunità non cristiane o non cattoliche.

Questa lunga storia di discriminazione sociale ha creato nelle comunità copte un senso di assedio e, quindi, di autodifesa. I rapporti tra le comunità islamiche e cristiane hanno conosciuto vicende alterne. Permane, tuttavia, il ricordo di una convivenza fondamentalmente pacifica.

Nell'epoca moderna gli stati arabo-islamici del Medio Oriente hanno adottato molte misure liberali, ispirate alle leggi europee, soprattutto al Codice napoleonico. Ma permangono ambiti di conflitto: la possibilità di costruire chiese, le leggi personali, ecc. Negli ultimi anni, con l'acuirsi della pressione fondamentalista, i cristiani si sentono più emarginati e danneggiati del solito: faticano a trovare lavoro o fare carriera.

La soluzione sta nell'iniziare un profondo cambiamento culturale in grado di portare a uno stato di diritto uguale per tutti. Ma questo progetto è avversato dai movimenti estremisti. Questi sono "contro" chiunque - cristiano e musulmano - non la pensi come loro. E lo colpiscono, seguendo una logica tutta loro.

Il problema sarebbe il crescere e l'espandersi del fondamentalismo religioso. Come lo si può combattere?

Il fondamentalismo religioso costituisce un problema cruciale per tutte le società mediorientali, e non solo. Poco però è stato fatto per studiarne le cause e trovarne un giusto rimedio. La sua lunga storia andrebbe analizzata. In genere, si può affermare che si è acuito nel confronto- scontro fra società islamica tradizionale e modernità venuta dall'Occidente. Da due secoli il mondo islamico vive in una profonda crisi causata da tale confronto. Modernità significa ricerca scientifica, libera e razionale, e centralità della persona umana nei suoi diritti fondamentali (libertà di coscienza, di espressione, di scelta religiosa...).

Questo processo è maturato in Europa nell'epoca moderna illuminista, e non fu facile per la chiesa accettarlo. Quindi, nessuna meraviglia che altre società lo trovino difficile da affrontare. Il Medio Oriente è passato attraverso varie fasi: da una "liberale", fino a metà del '900, a una caratterizzata dal nazionalismo di stampo socialista. In Egitto, questo passaggio è coinciso con il governo di Gamal Abd el-Nasser (l952-1970). Con il fallimento del nasserismo, si è aperta la fase del fondamentalismo religioso, che intende risolvere tutti i problemi alla luce di una lettura molto rigida dei testi fondanti dell'islam. Il discorso sarebbe lungo. Ma una caratteristica fondamentale e pericolosa di questo fondamentalismo è l'unione fra religione e politica, che porta a tensioni, abusi e violenze. Inoltre, le politiche occidentali, invece di risolvere il problema, lo hanno acuito ed esacerbato.

Quale futuro per le comunità cristiane in Medio Oriente?

Solo Dio lo sa. Una cosa però è certa: se non si rimuovono le cause della violenza, questa continuerà a fare vittime. Il problema di fondo oggi è superare il fondamentalismo religioso, percepito anche da molti musulmani come il grande pericolo per le stesse società islamiche. Occorre una vera e propria trasformazione culturale, che porti il mondo islamico a fare suoi alcuni valori fondamentali della modernità, in particolare la formazione di un pensiero critico e il sostegno incondizionato ai diritti umani fondamentali.

Occorre trovare una soluzione ai conflitti locali, in particolare quello palestinese, e alla profonda crisi economica che oggi attanaglia queste società. Solo così le comunità cristiane potranno avere maggiore spazio per svilupparsi. Bisogna tenere presente che queste sono anche minacciate da fenomeni interni. C'è il grande fenomeno dell'emigrazione, che le priva dei loro fedeli. D'altra parte, si nota una crescente "latinizzazione" dell'Oriente cristiano, creata dalla sempre più consistente immigrazione da paesi di rito latino, sia africani che asiatici. Molti temono che, alla fine, ci sarà un cambiamento radicale della popolazione cristiana nel Medio Oriente: i cristiani originali potrebbero essere sostituiti da cristiani d'immigrazione. Quale risultato avrà questo cambiamento? Sarà la fine dei riti orientali? A vantaggio di chi?

Ripeto: solo Dio conosce il futuro. Noi oggi abbiamo il dovere di operare per il bene di tutti, cristiani e musulmani. Un dialogo serio fra le parti in causa costituisce il mezzo migliore per superare i problemi di questi paesi.